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Errori medici: 5 cose da sapere.

  1. La responsabilità professionale medica, conosciuta anche come malpractice, è un fenomeno che è sempre stato presente nella storia della medicina. Si tratta di una questione seria che può avere conseguenze gravi per i pazienti e i medici.
  2. La responsabilità professionale medica è una forma di responsabilità legale che si applica ai medici e a tutti coloro che prestano assistenza medica. Si tratta di una forma di responsabilità penale o civile che può essere applicata ai medici in caso di negligenza professionale, cioè l’incapacità di fornire un livello di cura ragionevole in un determinato caso.
  3. Negli ultimi anni, la responsabilità professionale medica è diventata sempre più una priorità per i medici e le autorità sanitarie. Ciò è dovuto al fatto che le richieste di risarcimento danni sono aumentate e i medici devono essere preparati ad affrontare le conseguenze legali di eventuali errori medici. Purtroppo, questo ha dato luogo in molti casi alla pratica medica difensiva.
  4. Uno dei principali obiettivi della responsabilità professionale medica è quello di prevenire gli errori medici. I medici possono fare ciò seguendo standard di cura adeguati e assicurando che tutti i pazienti ricevano un livello di cura adeguato.

  5. Gli standard di cura sono definiti dalle leggi sanitarie locali e dal consenso generale tra gli esperti medici. I medici devono seguire questi standard per garantire un livello di cura adeguato e prevenire eventuali errori medici.

Se sei rimasto vittima di un errore medico, chiama lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente.

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Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è a Vignola, provincia di Modena, in Emilia, questo primo appuntamento potrà avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Per inviarmi i documenti, potrai usare questa semplice guida.

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CTU preventiva per malasanità: come funziona?

vorrei fare un atp per malasanità ma ho visto che tra i vari ctu c’è un medico con il quale ho fatto in passato una visita riguardo all’intervento che ho subito.
Se sfortunatamente il giudice mi dovesse assegnare questo medico posso chiedere di cambiarlo? Però non posso provare di aver fatto una visita con lui.
Se la conciliazione dovesse fallire chi paga gli avvocati della controparte?

Più che l’ATP consiglio in generale il procedimento ex art. 696 bis cod. proc. civ..

Che significa «tra i vari CTU»? Se hai guardato l’elenco dei CTU presso il tribunale, mi sembra che sia piuttosto lungo e che sia altrettanto improbabile che proprio quel medico possa essere nominato. Nel caso succedesse, ovviamente, potresti chiedere di provvederne alla sostituzione per i motivi che hai già indicato, anche se la mancanza di prove a riguardo potrebbe essere un problema.

Le spese non vengono regolate in base al fallimento o meno della conciliazione, una situazione che, del resto, si farebbe fatica a mettere in capo all’una piuttosto che all’altra parte. Di solito, nei procedimenti ex art. 696 bis cod. proc. civ. le spese non vengono regolate, i magistrati si limitano a rimandare alla successiva fare di merito.

In generale, per le ipotesi di responsabilità professionale fare, come primo passo, un ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. è la mossa più azzeccata.

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Diagnosi tardiva: il medico è responsabile per danni?

malpractice

Ritieni che un tuo parente o amico sia rimasto vittima di negligenza o incompetenza da parte di un medico? Pensi di aver ricevuto una diagnosi errata o tardiva di una patologia?

Il ritardo nella diagnosi non è accettabile, neanche se la malattia è incurabile e il medico si troverà, a quanto sembra, a dover rispondere per il reato di omicidio colposo.

Questo è ciò che stabilisce una recente decisione della Corte di Cassazione dell’8 novembre 2017, la quale sancisce che il medico è ritenuto responsabile, per l’omissione o la tardiva diagnosi di una patologia, in quanto tale comportamento cagiona al paziente un danno, al di là dell’esito inevitabile della malattia.

Quindi anche se il male che affligge il paziente è incurabile e l’esito della patologia sarebbe comunque infausto, non è dato sapere se una diagnosi tempestiva possa ritardare o meno l’esito, pertanto non possiamo fare a meno di prendere in considerazione il fatto che una corretta e tempestiva diagnosi da parte del medico possa allungare la vita del paziente di settimane o addirittura anni e la vita è un bene rilevante dal punto di vista giuridico che deve essere tutelato.

È proprio sulla base di questo orientamento, che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50975, ha annullato, una sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva assolto dal reato di omicidio colposo un medico che non aveva diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale, giungendo alla corretta diagnosi quando ormai ogni intervento sul paziente era inutile. È vero che un paziente con una patologia così aggressiva come il carcinoma al pancreas, sarebbe forse deceduto ugualmente, ma se quest’ultimo fosse stato almeno consapevole della malattia, avrebbe potuto ricorrere a terapie o interventi chirurgici in grado, se non di farlo guarire, almeno di incrementare le sue speranze, di dargli una chance o comunque di allungare significativamente la sua aspettativa di vita.

La Corte ha chiarito che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

Vediamo così affermarsi un principio: l’errore diagnostico del medico che consiste nella mancanza di una tempestiva diagnosi è causa dell’evento dannoso in quanto “la stessa scienza medica (…) sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e rileva come la prognosi della malattia varia a seconda della tempestività dell’accertamento” e sussiste responsabilità penale anche quando l’omissione del sanitario contribuisca alla progressione del male.

Per tutelare se stessi, i propri familiari o amici in situazioni come questa è fondamentale affidarsi ad un legale che possa seguirti e consigliarti. Se ti è capitato di incombere in errori medici, essere rimasto vittima di malasanità o pensi che la tua situazione possa essere analoga e vorresti un approfondimento in merito, se vuoi puoi contattarci senza impegno compilando il modulo apposito.

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Malasanità: come non si deve trattare un problema di malpractice.

Ho subito, nel 2009, danni irreversibili durante un banale intervento ginecologico. Il chirurgo non solo si rifiutò di ammettere le proprie responsabilità, ma lasciò che finissi quasi in coma. Fui salvata dall’equipe di urologia, per un soffio.
Dopo sette anni ho inviato richiesta di risarcimento all’Asl di competenza, senza appoggiarmi ad alcun studio legale. Mi hanno inviato elenco di documentazione da consegnare e modulo di consenso alla privacy da firmare: hanno tutto da 50 giorni. È il caso di sollecitare? Ah dimenticavo, a causa della mia lunga degenza in ospedale ai tempi persi anche il lavoro…e l’ ottimismo :).

Francamente, non credo proprio che sia il modo giusto per curare una pratica del genere.

La prima cosa che avresti dovuto fare è acquisire una consulenza medico legale sulla vicenda, che avrebbe stabilito, in una apposita relazione scritta, la responsabilità, o meno, dei sanitari, quantificando anche il danno da te subito e la sua risarcibilità.

Sarebbe, inoltre, stato meglio fare la richiesta danni, anche solo stragiudizialmente, entro i 5 anni dall’accaduto, perché l’azione aquilana si prescrive appunto in 5 anni, mentre così a te è rimasta solo quella contrattuale, quando invece di solito è bene esperire entrambe le azioni, per prudenza e sicurezza.

Il fatto che tu non abbia capito quasi niente di questo ultimo paragrafo ci porta, poi, all’ultimo errore che hai commesso e cioè non affidarti all’assistenza di un bravo e preparato legale. Le pratiche di malasanità, come tutte le pratiche civili, non sono affatto «intuitive» o semplici, ma devono essere fatte gestire da un tecnico della materia, un giurista preparato e competente.

Tra l’altro, per la malpratice non è nemmeno difficile trovare un avvocato disposto a lavorare con un compenso a percentuale, che per il cliente è un sistema tariffario conveniente per diversi punti di vista.

Per quanto riguarda la tua domanda, cioè se conviene sollecitare o meno, la mia risposta è quindi che devi incaricare al più presto un legale di seguire questa posizione, lasciando che sia lui a valutare quando, se, come e in che forma sollecitare o in altro modo intervenire, sorvegliando anche i termini di prescrizione.

Finché non farai questo, procederai sempre alla cieca e senza punti di riferimento. Se anche fossi fortunata e ricevessi un’offerta da parte dell’azienda sanitaria, come faresti a valutarne la correttezza? Guarderesti se a te sembra bassa o alta? E per contestarla, se ti sembrasse troppo bassa, cosa faresti? Andresti a dire che ti fa male ancora di qua e di là, che hai sofferto tanto, che sei andata in depressione e così via?

Lascia che ti dica che non è così che funziona.

Ricomincia da capo, eliminando gli sbagli che hai fatto. Prendi un avvocato, che poi ti farà fare una visita medico legale. Anche lasciando a lui una fetta del risarcimento, ne prenderai uno più grande che andando alla cieca da sola. Gli avvocati danno valore, contrariamente a quello che pensa la gente comunemente. Almeno quando sono bravi e svolgono correttamente il loro lavoro.

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Responsabilità medica: come è meglio procedere?

NEL 2007 MIA MADRE E’ STATA OPERATA DI NEFRECTOMIA DX PER CARCINOMA A CELLULE CHIARE III GRADO DI FUHRMAN, DIMESSA DOPO APPENA 10 GIORNI DALL’INTERVENTO, NONOSTANTE LA FERITA OPERATORIA DRENASSE ANCORA, DUE GIORNI DOPO LA DIMISSIONE VIENE RICOVERATA D’URGENZA PER DEIESCENZA DI LAPAROTOMIA CON EVISCERAZIONE ANSE ILEALI ( IN ALTRI TERMINI E’ RIMASTA CON LE BUDELLA IN MANO) PERCHE’ I PUNTI NON TENEVANO.RICUCITA E TRATTENUTA E’ STATA CURATA CON FARMACI PRODUTTIVI DI REAZIONI ALLERGICHE, SOMMINISTRATI SENZA ADEGUATO DOSAGGIO A PAZIENTE IN EVIDENTE INSUFFICIENZA RENALE ,CHE LE HANNO PRODOTTO REAZIONE ALLERGICA PROTRATTASI PER DUE SETTIMANE, VISTA DA UN DERMATOLOGO SOLO 9 GIORNI DOPO L’EPISODIO ACUTO E’ STATA DIMESSA, E’ ANDATA AVANTI CON UN RENE SOLO E SEVERA INSUFFICIENZA RENALE MORENDO A FEBBRAIO 2016. HO CHIESTO ALL’AUSL L’INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE E IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA MALPRACTICE, CON RISERVA DI PRODURRE CTU ? HO AGITO BENE ? POSSO SPERARE IN UN RISARCIMENTO ?

Come dico sempre, non sono in grado di predire il futuro, ma, al massimo, di dire come è meglio gestire le cose nel presente per avere le maggiori chances di un risultato positivo in futuro.

In realtà, mi sembra che tu abbia fatto solo una lettera, peraltro.

La prassi da seguire in questi casi è abbastanza diversa.

In primo luogo occorre acquisire la consulenza di un medico legale che valuti se sussistono presupposti di responsabilità in capo ai sanitari e/o alla struttura che hanno prodigato i trattamenti, sotto il profilo del danno, del nesso causale, dell’elemento soggettivo e di tutti gli altri elementi che devono ricorrere affinché si possa parlare di responsabilità da malpractice.

Sulla scorta della relazione medico legale, se positiva ovviamente, si inoltra la richiesta danni ai responsabili, eventualmente allegando la relazione stessa.

Dopodiché si procede a trattare il caso e, solo se non si raggiunge un accordo, si procede in giudizio, di solito nelle forme del ricorso ex art. 696 bis cod. proc. civ. e solo in seguito con una causa, che usualmente, almeno nel mio caso, viene introdotta con un 702 bis cod. proc. civ..

I casi di responsabilità medica sono abbastanza tecnici e credo sia preferibile per te farti seguire da un bravo avvocato, con il quale potrai forse, dopo la consulenza medico legale, se positiva, concordare un compenso a percentuale.

Il prossimo passo dunque a mio giudizio dovrebbe essere quello di scegliere un avvocato.

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Malpractice medica: i termini di prescrizione e per la querela.

La sentenza 24 febbraio – 29 marzo 2016, n. 1270, della Suprema Corte, sez. IV penale, mette in luce le caratteristiche principali del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica, ovverosia: il momento consumativo, la posizione di garanzia, il nesso causale, l’elemento psicologico, il dies a quo del termine prescrittivo e di proposizione della querela.

In via preliminare, la Cassazione, rileva che il reato di lesioni personali colpose, previsto all’art. 590 cod. pen., è un reato istantaneo che si consuma al momento dell’insorgenza della malattia prodotta dalle lesioni. Di conseguenza la durata e l’inguaribilità della malattia sono irrilevanti ai fini della individuazione del momento consumativo.

Tuttavia, nel caso in cui la condotta colposa che causa la malattia stessa persista successivamente l’insorgenza di questa, e ne cagioni un successivo aggravamento, il reato di lesioni colpose si consuma nel momento in cui si verifica l’ulteriore debilitazione.

Il soggetto che commette il reato è titolare di una posizione di garanzia, essendo in possesso della qualifica di medico. Si definisce garante, infatti, il soggetto chiamato alla gestione di uno specifico rischio e che, pertanto, è responsabile sotto il profilo eziologico nel caso in cui tenga condotte omissive in violazione agli obblighi connessi al suo ruolo. Si è altresì affermato che il principio di affidamento non può essere invocato da chi, in virtù della sua particolare posizione, ha l’obbligo di controllare e valutare l’operato altrui, se del caso intervenendo per porre rimedio agli errori commessi.

Il nesso causale che si instaura tra l’azione e il danno, viene ravvisato ogni qualvolta si accerti che – ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento – il danno non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

Il medico risponde del danno a titolo di colpa, ovverosia per la violazione delle norme cautelari di condotta (specifiche e generiche) all’interno di un contesto in cui si poteva pienamente esigere un comportamento alternativo e corretto rispetto a quello tenuto.

Nel caso concreto sottoposto all’attenzione della Corte, nonostante la sussistenza di tutti gli elementi del reato sopra esposti, si è resa necessaria la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, giacché il termine prescrittivo inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.

Nella sentenza si precisa che il dies a quo del termine prescrittivo non coincide con la decorrenza del termine per poter proporre querela. A parere della giurisprudenza penale, infatti, quest’ultimo inizia a decorrere, non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata.

In conclusione, con il summenzionato provvedimento, la Corte di Cassazione ha inteso evidenziare gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica ed il singolare contrasto relativo alla decorrenza del termine prescrittivo e del termine per la proposizione della querela, conseguenza dell’interpretazione del diritto in sede di applicazione.