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Casa familiare assegnata: se mi trasferisco la perdo?

sono separata con 3 figli minori. l’affidamento é congiunto con prevalenza a me e con diritto di abitazione nella casa coniugale di esclusiva proprietà del mio ex. Ho cambiato residenza con i figli, spostandomi nello stesso comune in una casa in affitto, con il consenso scritto del padre. Il mio ex dopo 15 gg dalla separazione aveva trasferito la sua residenza dalla casa di abitazione, a quella della madre, ma senza di fatto mai spostarsi realmente. Ora, a 3 mesi dal mio trasferimento e a 5 dalla sentenza, lui “occupa” ancora la casa coniugale ospitando la sua nuova fiamma. E tutto corretto quello che lui sta facendo? Ho ancora qualche diritto sulla casa coniugale, essendo che nessuno dei 2 ha la residenza lì?

Se ho capito bene, in sede di separazione, che non ho capito nemmeno se sia stata giudiziale o consensuale, hai ottenuto l’assegnazione della casa familiare, in realtà di proprietà del padre.

Successivamente a questo, per un accordo tra di voi, hai deciso di trasferirti in un’altra abitazione, formalizzando questa decisione con una scrittura privata dalla quale risulta il consenso, sul punto, del padre.

In questo contesto, a mio modo di vedere hai perso il diritto che avevi sulla casa familiare, per rinuncia spontanea, avendo tu deciso di andare a vivere altrove.

Tutte le questioni sulla residenza anagrafica non hanno a questo riguardo alcuna rilevanza, dal momento che la residenza effettiva, anche a livello giuridico, è nel posto e nella casa in cui una persona abita effettivamente, cosa che a volte si può comprovare, ad esempio, con l’avvenuta ricezione di corrispondenza come raccomandate e simili, mentre le risultanze anagrafiche sono solo una presunzione semplice, che fa fede solamente fino a prova contraria.

Ovviamente, la situazione può anche essere approfondita ulteriormente, ma non credo proprio che ne possa valere la pena, onestamente.

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Nella doverosa attesa della CT sulle cause, s …

Nella doverosa attesa della CT sulle cause, sarebbe forse preferibile sospendere le vaccinazioni almeno ai minori

«Giulia Lucenti, la studentessa 16enne dell’Istituto Galilei di Mirandola, morta l’8 settembre, sedici ore dopo la seconda dose di Pzifer»

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Lo psicologo giuridico nella crisi familiare.

Riporto un contributo della dott.ssa Anna Perez, che inizia una collaborazione con lo studio come psicologo giuridico, una figura che, come spiega il post, può essere molto utile nella gestione delle crisi familiari, specialmente quando ci sono figli (Tiziano Solignani).

«Quando le separazioni e i divorzi diventano conflittuali o giudiziali, può essere utile l’intervento di uno psicologo giuridico per tutelare i minori coinvolti.

Anna Perez


Le separazioni e i divorzi sono degli eventi di vita stressanti, paragonabili a dei veri e propri lutti: la persona con la quale eravamo coinvolti affettivamente ed emotivamente viene a mancare nella nostra quotidianità, costringendoci a rimodulare il nostro tempo, i nostri spazi e le nostre azioni. Avviene ciò che Brodbeck definisce una vera e propria revisione della propria routine quotidiana e delle proprie prospettive future (et.al., 2017). La risoluzione di questa condizione richiede tempo, e se per alcuni è un processo molto doloroso, per altri può esserlo meno.


Alcuni soggetti riescono comunque ad affrontare questo evento e a riprendere in mano la loro vita vivendola anche come una sorta di ripartenza; altri, invece, sprofondano in un baratro senza apparente via d’uscita, ripercuotendo le loro frustrazioni e i loro malesseri nelle situazioni e nelle persone che li circondano.
Ecco perché è importante che, nel caso in cui vi siano dei minori coinvolti, questi ricevano comunque le cure e il sostentamento di cui hanno bisogno dalle proprie figure genitoriali.


Ma allora che ruolo svolge, in tutto questo, la figura dello psicologo giuridico?


Quello di supportare i genitori, attraverso strumenti standardizzati come i test per l’individuazione dei punti di forza e di debolezza delle figure genitoriali nelle varie situazioni di accudimento dei figli.


Come stabilito dal protocollo di Milano (2012), le competenze di base richieste da ciascuna parte sono basate da fattori plurimi, che non riguardano solo le cure volte al soddisfacimento dei bisogni primari – quali l’alimentazione e i bisogni igienico-sanitari – ma anche alla comprensione dello stato d’animo e dell’emotività del minore, rispettandone l’andamento evolutivo, l’età e le esigenze personologiche.
Il ruolo dello psicologo giuridico, in questo senso, può supportare l’accesso e la mediazione volta alla salvaguardia della genitorialità e potrebbe altresì valutare la proposta di un percorso volto al principio della bigenitorialità, ovvero nel diritto imprescindibile di un figlio ad avere rapporti stabili con entrambi i genitori ed accesso ad entrambe le famiglie di origine ad eccezione di situazioni pregiudizievoli (legge n.54 del 9 febbraio 2006).


Attraverso strumenti come il Parent Awareness Skills Survey (PASS), messo a punto dal prof. Barry Bricklin, il genitore viene posto di fronte a 18 problemi tipici dell’accudimento dei figli e pertanto è possibile far luce su quelli che rappresentano i punti di forza e di debolezza in alcune tipiche situazioni. Lo scopo non consiste nel testare l’ampiezza o la portata delle abilità, ma nel raggiungere una maggiore consapevolezza del genitore rispetto alle sue abilità in alcune aree, analizzandone i punti critici e rimodulandole con il supporto dello psicologo.


Il test Assessment of Parenting Skills: Infant and Preschooler (APSIP), permette di valutare le abilità parentali di ciascun genitore quando i figli hanno un’età inferiore ai cinque anni, ed è un altro possibile strumento che lo psicologo giuridico può scegliere di applicare.

Ancora, il test “Parent Perception of Child Profile” (PPCP), permette di raccogliere diverse informazioni relative a più aspetti di vita del bambino (routine quotidiana, medica, scolastica, ecc.) e permette al consulente di determinare che percezione ha un genitore del proprio figlio in relazione ad una varietà di situazioni, fornendo una cornice utile per valutarne l’accuratezza. Inoltre, questo test risulta utile nei casi in cui si dichiari che la babysitter o il nuovo compagno dell’ex coniuge, con cui il bambino è a contatto, non si prenda cura del minore in modo adeguato. Questo test permette infatti di confermare o confutare le accuse, o di individuare le aree di debolezza da potenziare nella cura del figlio, in modo da ottenere un livello soddisfacente di serenità per il genitore che ha presentato la domanda di accusa.


Il professionista può porre l’attenzione su elementi di rischio quali una possibile adultizzazione del minore coinvolto, un linguaggio inadatto rispetto all’età, una campagna denigratoria di un genitore verso l’altro, al fine di prevenire il senso di colpa del bambino e anche la paura dell’abbandono e della perdita dell’altro genitore.

Pertanto, lo scopo dello psicologo giuridico è quello di promuovere – soprattutto in casi di separazione conflittuale – una collaborazione tra ex partner, nello svolgimento di una corretta funzione genitoriale, nella tutela e nella salvaguardia del minore.»

Dott.ssa Anna Perez

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Manda questo video a chi ha figli o nipoti da …

Manda questo video a chi ha figli o nipoti da proteggere.

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La mia intervista televisiva a «Il Bello di dirsele» del 5 maggio 2021 in occasione della giornata internazioale contro la pedofilia. In questa occasione par...

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Pedofilia: come difendersi.

La mia intervista a «Il Bello di dirsele» del 5 maggio 2021 – giornata internazionale contro la pedofilia – sul tema della difesa dei più piccoli da questi gravi reati, che oggi sono resi più facili dalla diffusione dei social network.

20210504 intervista pedofilia.mp4

Riferimenti.

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La violenza di genere: la violenza assistita.

La violenza di genere ha un risvolto particolare che tocca le basi ancestrali della nostra cultura: i minori; spesso assistono alla violenza e per questo sono violati e oggetto di violenza, chiamata nel gergo giuridico “violenza assistita”.

Va detto subito che i bambini non possono nulla, anche se sentono, vedo, percepiscono e subiscono le conseguenze della violenza in ambito familiare.

Queste violenze continuano a non essere considerate nella loro completa accezione; frequentemente, se emergono, vengono minimizzate e questo, a mio modesto avviso, è perché i minori non hanno una vera completa tutela e non mi so veramente spiegare il motivo di questa mancanza.

Se è vero che ogni persona viene al mondo “con il suo fagottino” ed è capace di badare a sé o di imparare a farlo; nulla giustifica l’abuso su minori.

Ecco alcune definizioni di abuso su minori:

OMS 2002 PER ABUSO “DEBBONO INTENDERSI TUTTE LE FORME DI MALTRATTTAMENTO FISICO E /O EMOZIONALE, ABUSO SESSUALE, TRRASCURATEZZA O NEGLIGENZA O SFRUTTAMENTO COMMERCIALE CHE COMPORTINO UN PREGIUDIZIO reale o potenziale per la salute del bambino per la sua sopravvivenza per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia, potere”.

CISMAI (Coordinamento Italiano del Servizi contro il Maltrattamento ed l’Abuso all’Infanzia) : “per violenza assistita da minori in ambito familiare si intende il fare esperienza da parte del bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso: –violenza fisica (percosse con mani od oggetti, impedire di mangiare, bere dormire, segregare in casa o chiudere fuori, impedire l’assistenza e le cure in caso di malattia) violenza verbale e psicologica (svalutare insultare, isolare dalle relazioni parentali ed amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, di uccidere…) –violenza sessuale (stuprare ed abusare sessualmente)  –violenza economica( impedire di lavorare, sfruttare economicamente, impedire l’accesso alle risorse economiche, far indebitare);VIOLENZA COMPIUTA DA FIGURE DI RIFERIMENTO O SU ALTRE FIGURE SIGNIFICATIVE, ADULTE O MINORI.

WITNESSING VIOLENCE: “si indicano tutti quegli atti di violenza compiute su figure affettive di riferimento di cui il bambino più fare esperienza e di cui può patire successivamente gli effetti”

Consideriamo che subire e vedere impotenti, percepire la distruzione (anche fisica) delle figure di cui il bambino si fida ed alle quali affida la propria vita, da cui -da 0 a 3 anni- riceve accudimento essenziale per la sua sopravvivenza; non è un piccolo battito d’ali di farfalla, ma un enorme solco che viene tracciato nel cuore di un bambino (inerme) da un gigantesco aratro: l’aratro  trascina il vomere  creando il solco in uno spazio spesso molto largo ed in un tempo spesso molto lungo; più la terra è fresca, più il solco si fa profondo.

Il bambino crescerà e si adatterà, ma ciò non significa che non vi sarà una compromissione di elementi essenziali che riguardano la sua crescita.

Un minore che ha vissuto l’esperienza della violenza ed anche quella assistita, sarà un adulto con delle difficoltà: non è mio compito individuarle, ma il mio compito è sottolineare fermamente il nesso di causalità fra violenza assistita e compromissione di elementi essenziali per la crescita del minore: un danno da far emergere nelle aule di tribunale.

Aggiungo un aspetto che necessita di sottolineatura: un minore è solo, non ha potere, non sa di avere tutela, al di là delle mura di casa; ha il grave problema di aver consapevolezza della violenza proveniente da una persona da cui dipende totalmente e di manifestarla anche se non sa farlo da adulto ed è atroce pretendere che lo faccia o impari a farlo da solo, invece di imparare tutti i gusti del gelato.

Desidero infine che questo mio post sia una piccola, ma ferma, luce che illumina sopra tutto i minori che sono senza mamma perché il papà l’ha uccisa.

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Genitori concordi su gestione figli: va regolato l’affido?

Ho due figli. Io e il padre non siamo mai stati sposati. Viviamo separati dal 2011. I bambini sono con me e lui mi versa ogni mese 500 euro. Ci siamo accordati sulla cifra da versare tra di noi. Solo che non abbiamo nulla che certifichi che questi soldi lui li versi a me e che io li riceva. Un avvocato mi ha detto che essendoci trovati in accordo, non necessitiamo dell’intervento di un giudice, cosa che invece al Caf dove faccio l’Iseu continuano a chiedermi. Come posso certificare un accordo privato tra noi? Il giudice, da quanto ho capito, interviene solo nei casi in cui non ci sia accordo tra le parti.

[la risposta è nel podcast]

 

 

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Chi tradisce il partner può perdere i figli?

In caso di tradimento in coppie non sposate ma con un bimbo minorenne l’affidamento può essere tolto alla madre perché è lei che ha tradito?

Oggigiorno, generalmente, non si ragiona più, sia per le coppie unite in matrimonio che per le famiglie di fatto o convivenze, in termini di affido, ma di collocazione prevalente, nel senso che l’affido è sempre condiviso, con – di solito – collocazione prevalente presso uno dei due genitori – anche se sempre più spesso ultimamente vedo praticare la parità di tempi di permanenza.

Quando il giudice deve decidere con quale dei due genitori deve stare più tempo un figlio, difficilmente considera eventuali fatti di tradimento della fedeltà, sia essa coniugale o, ancora a maggior ragione, di fatto.

Nel caso delle coppie sposate, la fedeltà è un obbligo, la cui violazione può determinare l’addebito della separazione, cosa che tuttavia non ha influenza sul regime di collocazione dei figli, ma determina per lo più la perdita del diritto al mantenimento del coniuge «infedele» – e sempre che sia dimostrato il nesso causale.

Nel caso della convivenza, la fedeltà, come obbligo giuridico, non esiste nemmeno, dal momento che si tratta di una unione libera, in cui la fedeltà è solo un impegno morale, etico ed affettivo dei membri della coppia, la cui violazione non ha alcuna conseguenza legale.

Fatti di tradimento possono venire in rilievo per quanto riguarda i figli sia nelle coppie sposate che in quelle non sposate solo quando vi sono particolari modalità che determinano l’insorgere di legittimi dubbi sulla capacità genitoriale o sulla bontà dell’ambiente di vita che avrebbe il minore. Pensiamo ad esempio al caso di un genitore che si accompagna ed inizia una nuova convivenza con un delinquente abituale o con una persona con un problema di alcolismo o tossicodipendenza o cose del genere.

Concludo ricordando come faccio sempre che nel caso di figli «non matrimoniali» è sempre meglio far regolare l’affido, come spiego meglio nella scheda relativa.

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Trasferimento minore all’estero: quando è sottrazione?

L’ex coniuge ha violato le disposizioni sul regime di affidamento condiviso? Ha intenzione di trasferire il figlio minore all’estero e allontanarlo dal luogo di residenza abituale senza alcun consenso? Portare il figlio all’estero senza il consenso dell’altro genitore è sottrazione internazionale di minore.

Nel caso in cui i provvedimenti relativi alla custodia del figlio minore, predispongano l’affidamento congiunto ad entrambi i genitori con collocazione prevalente presso uno di essi e la precisa regolamentazione dei tempi di frequentazione del minore con l’altro, il figlio non potrà essere trasferito in un Paese diverso da quello nel quale è abitualmente residente e in cui mantiene i legami con il genitore non collocatario, senza il consenso di quest’ultimo.

Questo orientamento, è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24173 del 13 ottobre 2017, che ha respinto il ricorso presentato da una donna residente abituale negli Stati Uniti, avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Milano, al quale si era rivolto il marito (residente anch’egli negli Usa), dopo che la ex moglie, in Italia per le vacanze insieme al figlio, aveva deciso di non fare più ritorno, allontanando così il minore contro il volere del padre e precludendo inoltre a quest’ultimo ogni possibilità di vedere il figlio.

Il padre si era rivolto al Tribunale di Milano, seguendo il procedimento previsto all’interno della Convenzione dell’Aja del 1980 che si occupa proprio degli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori e che racchiude al suo interno precise finalità:

  • proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, assicurando un immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale,
  • garantire che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti.

Il Tribunale di Milano dopo aver dichiarato trattarsi di un caso di sottrazione internazionale, aveva ordinato il rientro immediato del minore e dichiarato illecito il trasferimento, in quanto:

  • era fuori discussione che la residenza abituale del minore fosse negli Usa, dove lui era nato e aveva sempre abitato regolarmente, radicando relazioni sociali, culturali e di amicizia;
  • il diritto di custodia del padre era stato violato ed era inoltre presente un chiaro e inequivocabile dissenso espresso da quest’ultimo ad un trasferimento da parte del figlio (nel caso in esame, la collocazione prevalente del minore era presso la madre, ma era prevista comunque una regolamentazione dei tempi di frequentazione con il padre);
  • era stata esclusa la presenza di circostanze pericolose per il minore (elencate all’interno della citata Convenzione dell’Aja) come ad esempio il fondato rischio di trovarsi esposto, una volta rientrato nel suo paese di residenza, a pericoli fisici e psichici o comunque di trovarsi in una condizione intollerabile e anzi era stato accertato che il minore appariva emotivamente spossato proprio a causa di questo brusco cambiamento e allontanamento dalla sua vita e dalle sue abitudini.

È proprio sulla base di tutti questi elementi, che la Corte Costituzionale ha deciso di rigettare il ricorso presentato dalla madre in quanto questa non aveva il diritto di trasferire il minore al di fuori del territorio statunitense. È vero che in quanto collocataria, aveva la “custodia fisica” del figlio, ma tale custodia non conferisce il diritto di trasferire la residenza del minore con decisione unilaterale, si tratta pur sempre di un affido congiunto ad entrambi i genitori che necessita di un consenso da parte del genitore coaffidatario.

Il tema della sottrazione, del trasferimento o trattenimento all’estero di figli minori di coppie in crisi, è purtroppo assai ricorrente al giorno d’oggi e posto sempre di più al centro dell’attenzione. Per questo, se si ha interesse ad approfondire l’argomento, si può richiedere una consulenza specifica sul tema, rivolgendosi ad un legale che possa assistervi.

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Reato procedibile d’ufficio: come si può ritirare una querela?

Ho denunciato mio marito per maltrattamenti, schiaffi ,urla, spinte, verso mio figlio di 16 anni, dopo aver cercato di farle capire che anche se con ragione non doveva reagire così. Mio figlio ha dei comportamenti adolescenziali e lui lo sgridava ma in modo un pò pesante ,dopo averlo denunciato . ed essere andata via con i miei figli, abbiamo deciso di riprovarci stiamo facendo terapia di coppia con uno psicologo, sono andata dai carabinieri e ho ritirato la denuncia. Voglio sapere siccome è d’ufficio potrebbe andare avanti, ma mio marito che cosa rischia???’, non ci sono state lesioni. Spero che lei mi risponda in maniera esplicita, dato che il mio avvocato è stato molto generico.

Ti dirò, in maniera molto esplicita, che è impossibile prevedere cosa potrà succedere in futuro della vostra denuncia, per cui alla fine probabilmente concordo con il tuo avvocato proprio perché non ha senso andare oltre considerazioni generiche.

Il punto è che la denuncia che hai fatto – che sarebbe comunque bene poter esaminare nel suo testo letterale – configura, a quanto mi pare di capire, un reato procedibile d’ufficio.

Se così è, l’affare non è più privato ed interno alla vostra famiglia, ma diventa un interesse dello Stato a punire persone che commettono reati di violenza. Da questo punto di vista, allo Stato non interessa che i genitori si siano riconciliati, fatto sicuramente positivo ma che non legittima la commissione di reati, che lo Stato vuole comunque impedire.

Potrebbe essere utile presentare comunque una memoria illustrativa in cui si fa presente la vostra situazione attuale, eventualmente corredata da una breve relazione del terapeuta di coppia, e si evidenzia che un processo penale, e ancora di più una condanna, sarebbero inopportuni in un momento delicato come questo.

Vale però il principio per cui l’azione penale è obbligatoria, per cui queste cose in teoria non potrebbero avere rilevanza. C’è da dire che comunque molti reati, nonostante l’obbligatorietà, finiscono in prescrizione e questo potrebbe essere anche l’esito del vostro.