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Parcella avvocato: giudiziale e stragiudiziale?

«per motivi di non coerenza e la sfiducia dell’operato, ho revocato il mandato al mio avvocato, che doveva difendermi in una causa di lavoro. Il ricorso è stato depositato (l’avvocato per 4 mesi diceva che depositava, poi finalmente ha depositato primi di nov. 22.) Ho già pagato l’acconto, ma adesso pretende sia la parte giudiziale che stragiudiziale. E’ corretto? L’attività connessa o complementare a quella giudiziale, dà diritto a compensi stragiudiziali?»

Come vado dicendo da almeno due decenni, ha poco senso parlare in astratto di norme giuridiche senza parlare con precisione e compiutamente dei fatti che ne stanno alla base, come se le persone fossero tutte fini giuristi interessati ad alte discussioni giuridiche e non invece soggetti che hanno semplicemente un problema da risolvere.

Nel tuo caso, bisogna vedere come si é svolto il lavoro fatto dal tuo avvocato e come si é dipanata l’attività di assistenza svolta a tuo favore, che ben può essersi concretizzata in una fase di trattative autonoma e molto importante.

Detto questo, va poi aggiunto che comunque quando si vuole controllare la regolarità di una «parcella» presentata da un avvocato, é indispensabile esaminare, oltre alla parcella stessa, anche le carte e la documentazione del caso.

Per quanto riguarda me, ho risolto alla radice tutte queste problematiche, prevedendo una tariffa oraria per tutte le fasi stragiudiziali, e una tariffa flat o a forfait su base annuale per le cause giudiziali. In questo modo, ogni mio cliente può, se crede, revocarmi il mandato in qualsiasi momento, sapendo che ha già pagato tutto, non gli verrà presentata alcuna parcella ulteriore, anzi non gli verrà richiesto alcun centesimo in più.

Oltre al beneficio della chiarezza, voglio anche che i miei assistiti siano liberi di andarsene quando vogliono e non rimangano mai con me per paura di una «parcella».

Se vuoi farmi controllare la parcella che hai ricevuto, anche se onestamente non so se potrebbe valerne la pena o no, chiama ora lo studio al numero **059 761926** e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; puoi anche acquistare direttamente da [qui](https://blog.solignani.it/assistenza-legale/consulenza/): in questo caso, sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso; a questo link, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è [qui](https://goo.gl/maps/sS4isyhSuYDnP3Nz5), a Vignola, provincia di Modena, in Emilia – questo primo appuntamento potrà tranquillamente avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Ormai più della metà dei miei appuntamenti quotidiani sono videocall.

Guarda questo (https://youtu.be/ksoPba2DM1A) per sapere meglio come funzionerebbe il lavoro con me.

Ti lascio alcuni consigli finali che, a prescindere dal problema di oggi, ti possono sempre essere utili.

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Avvocati+che+vogliono+esser+pagati: che fare?

>«come posso risolvere un problema con un avvocato che ha perso la causa civile non mi ha concesso il patrocinio gratuito dicendo che non fa nulla. Ora mi ritrovo con spese processuali compensate e avvocato mi ha chiesto 400 euro sapeva che ero disoccupato ma continua a tartassami di messaggi, vi prego come posso fare?»

Il patrocinio a spese dello Stato non è una cosa che ti possa essere concessa dal tuo avvocato. Nel civile, lo concede l’ordine degli avvocati, in via anticipatoria, mentre nel penale é direttamente il magistrato.

Se avevi i presupposti per ottenerlo, dovevi rivolgerti a questo enti per fartelo riconoscere.

Se non lo hai fatto, e hai commissionato un lavoro al tuo avvocato, ora non puoi più invocare un beneficio cui non sei mai stato ammesso, ma lo devi pagare tu con le tue sostanze.

Spese compensate significa che ognuna delle parti del giudizio deve pagare il tuo avvocato.

400 euro, peraltro, se per un’intera causa sono una somma bassissima, non so se te li richieda a saldo, dopo precedenti pagamenti, o se é la somma che ti richiede per l’intero giudizio.

In ogni caso, direi non ci siano soluzione e soprattutto non valga la pena per una cifra del genere pensare a niente altro che non sia saldarla appena possibile, magari concordando un pagamento rateale compatibile con la tua situazione economica.

Se vuoi approfondire ulteriormente la questione, anche se difficilmente temo possa valerne la pena, chiama ora lo studio al numero **059 761926** e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; puoi anche acquistare direttamente da [qui](https://blog.solignani.it/assistenza-legale/consulenza/): in questo caso, sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso; a questo link, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è [qui](https://goo.gl/maps/sS4isyhSuYDnP3Nz5), a Vignola, provincia di Modena, in Emilia – questo primo appuntamento potrà tranquillamente avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Ormai più della metà dei miei appuntamenti quotidiani sono videocall.

Guarda questo (https://youtu.be/ksoPba2DM1A) per sapere meglio come funzionerebbe il lavoro con me.

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diritto roba per giuristi tecnologia tutorial

Firma remota con slpct: come funziona?

Oggi ti parlo di come firmare un deposito telematico con firma digitale remota Namirial e slpct.

Questa modalità è molto comoda quando si è ad esempio fuori da studio e si deve effettuare un deposito telematico. Inoltre funziona come backup in caso di malfunzionamento della chiavetta, per problemi hardware o software o perché magari i certificati sono scaduti e non ci se ne era accorti.

Questo breve tutorial si concentra sulla procedura di firma e, pertanto, presuppone che si conosca già un minimo il funzionamento di slpct e si abbia confidenza con il programma. Se per te non è ancora così, prima di leggere questo tutorial vai a leggere gli altri post che ho pubblicato su slpct e prova a prendere confidenza con il programma prima di tornare qui.

La procedura di firma parte dal bottone «firma e crea busta» che appare una volta impostato l’atto principale del deposito e gli eventuali allegati. 

bottone firma e crea busta

Cliccando questo bottone, si apre il pannello per la firma.

Prima di cliccare «firma tutto» a sinistra, devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma.

Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta.

Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza. 

 

selezione modalità firma

Seleziona dunque dapprima «firma remota» e poi clicca su «firma tutto» 

Dopo aver cliccato su «firma tutto», se avrai correttamente selezionato firma remota, si aprirà il pannello relativo all’inserimento delle credenziali per la firma remota:

pannello di firma remota

Nel campo «dispositivo assegnato» occorre inserire appunto il numero di dispositivo assegnato da Namirial al momento della sottoscrizione del servizio. Suggerisco di cliccare su «salva dispositivo» per evitare di doverlo inserire di nuovo in futuro.

Nel campo del PIN si inserisce invece il proprio PIN, il codice identificativo che funge da conferma della propria identità, proprio come avviene con le chiavette hardware, con la sola differenza che, in questo caso, il PIN non è la conferma finale dell’identità, ma bisognerà anche inserire un codice OTP.

Naturalmente, tutte queste informazioni, tutte queste credenziali, le devi tenere in un gestore di credenziali, come ti spiego meglio in questo precedente post, che ti invito a leggere con attenzione. 

Dopo aver inserito i dati e dato la conferma appare il seguente ulteriore pannello per specificare il dispositivo OTP da utilizzare, quello da cui viene generato il codice OTP che conferma ancora la propria identità.

Devi cliccare sulla tendina e selezionare il dispositivo che avevi precedentemente generale nel pannello del sito web di Namirial. Nel mio caso, ho scelto di utilizzare l’app per cellulari di Namirial, Namirial OTP, che genera un nuovo codice OPT ogni 30 secondi. 

Panello specifica dispositivo OTP

Dopo aver selezionato il dispositivo con la tendina, appare questo ulteriore pannello dove devi inserire il codice OTP a conferma della tua identità per concludere la firma.

pannello OTP

Personalemnte, appunto, ho attivato l’app di Namirial sul cellulare, per cui non devo far altro che aprire l’app e inserire uno dei codici che vengono continuamente prodotti, curando che non stia scadendo temporalmente, perché in quel caso potrei non fare in tempo ad inserirlo.

Una volta inserito il codice OTP e cliccato su conferma, vedrai apparire nell’elenco dei file di slpct le versioni firmate e si alzerà la finestra di dialogo di conferma (nel mio caso è stato necessario fare clic sull’elenco dei file per visualizzarla).

conferma firma

In basso c’è un pulsante con cui si possono visualizzare i files firmati.

vedi PDF firmato

Se vuoi puoi selezionare il singolo file che ti interessa e vedere come compare dopo l’apposizione della firma.

A questo punto, si può procedere come al solito con la creazione della busta e l’invio all’organo giudiziario.

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diritto roba per giuristi

Firma digitale remota con Namirial

Firma digitale senza hardware.

A seguito di un problema, dappoco e comunque transitorio, con una delle mie due chiavette di firma digitale (1), ho deciso di acquistare una firma digitale «remota» da Namirial, in modo da poter sempre firmare senza dover ogni volta utilizzare apparati hardware che possono presentare problemi.

felice con mac

Ho scelto Namirial come fornitore perché il procedimento di firma con questo gestore è supportato dal software che utilizzo per il processo civile telematico, cioè slpct, in una apposita versione, che si può scaricare qui, , che si chiama slpctfr, dove appunto le due lettere finali sono l’acronimo di «firma remota».

La firma digitale, ovviamente, serve, anzi è fondamentale per il pct (processo civile telematico), il ppt (processo penale telematico) e il pat (processo amministrativo telematico). La firma digitale remota si può utilizzare per i primi due, mentre per il terzo, cioè il PAT, basato sull’utilizzo di moduli PDF, il mio amico Stefano Baldoni mi fa notare che non si può utilizzare.

Il costo, nel mio caso, è stato di 47,58€ IVA inclusa, 39€ + 8,58 IVA; la firma remota dura tre anni, quindi in realtà si acquista l’abbonamento triennale ad un servizio, come ormai sempre più spesso accade.

La firma remota in realtà funziona tramite un dispositivo di firma che si trova presso il gestore, quindi è senza hardware solo per l’utente finale del servizio; in realtà, un dispositivo hardware c’è, viene solo utilizzato da remoto, tramite procedure che consentono di verificare che chi vi accede è davvero il titolare del diritto di usarlo.

Questo, a livello pratico, si traduce nell’assenza di problemi hardware in capo all’utente e rappresenta una notevole semplificazione, dati i numerosi problemi incontrati, anche solo per la necessità di procedere a configurazioni dei software da utilizzare, in passato. Inoltre, consente di firmare documenti anche da dispositivi cui non è possibile collegare, ad esempio, chiavette USB come i cellulari, i tablet e così via.

Acquisto e attivazione

Per il processo di acquisto tieni a disposizione i tuoi dati e il tuo «codice destinatario» per la fatturazione elettronica; personalmente ho pagato tramite PayPal, utilizzando il mio saldo attivo.

Ovviamente, per attivare la firma da remoto devi identificarti correttamente, cioè dimostrare al fornitore la tua identità. Questo può essere fatto in vari modi, come rappresentato nell’immagine successiva. Io ho scelto di usare lo SPID, che mi sono creato di recente (se non sei un avvocato, questo non deve stupirti: per noi avvocati, lo SPID non era così necessario in quanto avevamo già la Carta Nazionale dei Servizi da diversi anni).

modalità di identificazione

Successivamente, dovrai inserire il tuo cellulare e il tuo indirizzo di posta elettronica; entrambi dovranno essere verificati inserendo un codice ricevuto sugli stessi.

In seguito, occorre confermare alcuni dati e fornire ad ogni modo gli estremi di un documento di identificazione. Nel mio caso, ho inserito la carta d’identità cartacea.

Al termine, si procederà alla «firma on line» del contratto, premendo un apposito bottone, premendo il quale si apre un pannello eSign Anywhere.

Bottone per iniziare la firma

Una volta completato il processo di registrazione online, riceverai le credenziali all’indirizzo di posta elettronica indicato.

In realtà, riceverai diverse mail. Una con le credenziali della shop on line Namirial. Una con le credenziali per l’accesso al Namirial ID e una con i dati per l’utilizzo della firma remota. Ovviamente, è sempre consigliabile utilizzare un gestore di password per annotare queste e tutte le altre credenziali, come spiego meglio in questo precedente post.

La mail più importante contiene una «busta». La busta con il PIN che ti serve per usare la firma remota è infatti contenuta in un file PDF protetto da password in allegato alla mail. La password viene inviata via SMS al cellulare indicato in sede di registrazione (bisogna fare la richiesta cliccando un link contenuto nella mail stessa).

Prenditi il tempo di attivarti e annotare con cura tutte le prime credenziali (ce ne saranno altre).

Per completare l’attivazione, dovrai anche scaricare l’applicazione sul tuo cellulare per la generazione dei codici OTP di Namirial, che ti serve per il primo accesso al Namirial ID; ovviamente l’applicazione è disponibile sia per Android che per iOS.

Anche in questo caso, verrà richiesto di definire un nuovo PIN per l’accesso all’app sul cellulare, anche se chi vorrà potrà attivare il riconoscimento tramite impronta digitale.

Una volta installata l’applicazione, accedi al tuo Namirial ID utilizzando il codice OTP generato dall’app stessa. Ti verrà richiesto di cambiare la password.

Annota con cura anche queste nuove credenziali: nuova password, pin per l’accesso all’applicazione in mancanza di autenticazione biometrica, ecc..

Utilizzo della firma da remoto.

Prima di utilizzare la firma, bisogna attivare un OTP dentro al tuo account Namirial ID.

Procedi seguendo le istruzioni, cliccando sul bottone verde.

richiesta prima attivazione OTP

Fatto questo, il passo successivo è installare sul mac (o sulla tua diversa macchina) il software «firma certa» da questo sito.

pannello firma certa

Questo è il pannello per la firma dentro l’applicazione «firma certa» per il mac.

Nel campo username va inserito appunto il nome utente scelto durante il processo di acquisto e registrazione, che qui non espongo per motivi di sicurezza.

Una volta inserito il nome utente, bisogna fare clic su reclaim. L’applicazione si collegherà al fornitore del servizio e fornirà l’indicazione della «periferica virtuale» e degli OTP disponibili.

Fatto questo, bisogna inserire l’OTP preso dall’applicazione sul cellulare, facendo attenzione che non stia scadendo temporalmente.

A quel punto, bisogna inserire il PIN – quello ricevuto nella busta cieca allegata in PDF alla mail, per aprire la quale ti eri fatto mandare il codice via SMS.

Questo PIN è del tutto simile a quello previste per le chiavette: serve a mo’ di conferma finale della tua identità.

In realtà, visto che il codice OTP scade, conviene a mio giudizio inserire prima il PIN, visto che è sempre uguale, e solo dopo il codice OTP.

Fatto questo, si può cliccare su OK: il documento verrà firmato.

Di seguito, tanto per completezza, il pannello di slpct per windows che è diverso da quello per il mac: richiede il numero dispositivo e il pin, non lo username (grazie sempre a Stefano per la precisazione).

pannello firma remota windows

Conclusioni.

Sono finiti i tempi in cui si poteva fare a meno della tecnologia per gli avvocati.

Oggi non solo bisogna usarla, ma bisogna farlo bene, pena, in difetto, di passare brutti quarti d’ora e magari incorrere in spiacevolissime decadenze, foriere anche di responsabilità.

Con questa firma remota, ho un triplice sistema di sicurezza: due chiavette fisiche, una «chiavetta» da remoto. In questo modo, sono altamente sicuro di non perdere mai un deposito o l’invio di un documento importante.

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Note

(1) Se non hai letto questo mio precedente post in cui consiglio di avere, per ragioni di sicurezza, almeno due chiavette ti invito a farlo.

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diritto

CTU erronea: come denunciare il tecnico?

In corso di causa, il Giudice a mandato il CTU x fare una perizia del luogo. Il mio avv. to non si è presentato,a mandato un suo consulente che non si è opposto su nulla,l’avvocato della contro parte a detto lui al C T U dove doveva fare la perizia, la fatta dove non doveva farla, io ho tanto reclamato ma non e servito a nulla. In questo modo ha fatto una perizia a favore della contro parte. Io vorrei denunciare il C T U come devo fare?

Prima di tutto, non si capisce in che cosa questa CTU sarebbe stata infedele. L’unica cosa che riferisci è che ci sarebbe stata una «sostituzione di luoghi», cosa che però non è per niente chiara.

La prima cosa sarebbe capire quali sarebbero i difetti o vizi di questa perizia, in mancanza di questo non si possono fare valutazioni utili a mio modo di vedere.

Per quanto riguarda la partecipazione del tuo avvocato alle operazioni tecniche, si tratta di una cosa consueta: figurati che io in venticinque anni di professione non sono mai andato, nemmeno una volta, ad una CTU. Ho sempre lasciato che fosse il CTP a partecipare.

Anche per la valutazione dell’operato del tuo consulente di parte occorrerebbe avere maggiori dettagli: «non si è opposto su nulla», di nuovo, non significa niente, se non si è in grado di capire quali sarebbero i vizi della perizia. Infatti, se la perizia fosse corretta, sarebbe altrettanto corretto l’eventuale silenzio del consulente di parte, una cosa, anche questa, abbastanza comune.

Il consulente di parte, peraltro, anche se non vengono menzionati suoi interventi a verbale, è difficilmente immaginabile che possa rimanere del tutto silente: più probabilmente partecipa alle operazioni, dialogando e interagendo col CTU, determinando comunque una perizia finale diversa da quella che ci sarebbe stata se egli non fosse stato presente.

In conclusione, per vedere se e come poter far valere gli eventuali vizi, difetti ed errori di questo elaborato peritale, è necessario un approfondimento. Valuta se credi di acquistare una consulenza.

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Avvocato con spese più percentuale: è giusto?

a seguito di un sinistro stradale mi rivolgevo ad un legale per essere tutelato. Dopo 5 anni la causa finisce con sentenza di primo grado con la controparte che, per sentenza, deve versarmi centinaia di migliaia di euro. La controparte paga anche le spese legali. Il mio avvocato giustamente mi richiede il pagamento delle spese legali a cui aggiunge, facendomi sottoscrivere un foglio che stupidamente ho firmato, anche il 15% del risarcimento del danno subito. È tutto lecito, o dovrei protestare?

Mi piacciono molto le tue due ultime parole «dovrei protestare», come se «incavolarsi» fosse, a volte, un dovere cui non possiamo sottrarci pena il passare per deboli, malfidati, persone che possono essere tranquillamente truffate e quindi, in definitiva, oggigiorno dei «perdenti».

In realtà, a livello spirituale vale la regola esattamente opposta, non c’è nessun dovere di reagire al male con il male, la legge del taglione è finita da un pezzo, ma a livello psicologico la maggior parte delle persone che vivono oggigiorno se la porta dentro come un «archetipo». Non c’è granché di male in questo, a patto di averne consapevolezza.

Detto questo, a livello tecnico è impossibile allo stato rispondere alla tua domanda, perché dipende dalla quantità di lavoro effettivamente svolta dal tuo legale.

risparmio

Anche per il compenso a percentuale, infatti, nel nostro ordinamento è previsto un criterio di corrispondenza con il lavoro svolto, nel senso che il compenso a percentuale non deve comunque essere spropositato rispetto all’opera che è stata prodigata.

Una osservazione forse utile da fare, che ho fatto tante altre volte nel blog, è che la somma che un giudice condanna una parte a rimborsare all’altra a titolo di spese legali non è necessariamente corrispondente a quello che la parte rimborsata deve al suo legale, anzi di solito è una misura minore, spesso sensibilmente. È solo quanto il giudice ritiene tutto sommato «giusto» che la parte soccombente rimborsi a quella vittoriosa, in situazioni dove vittoria e sconfitta non sono quasi mai così nette, essendoci quasi sempre soccombenza parziale.

Ma non determina cosa è giusto che un cliente paghi al suo avvocato, che si determina in base alle regole genere.

Per questi motivi, in astratto la tua situazione potrebbe anche essere corretta, per dire di più naturalmente occorrerebbe approfondire valutando da un lato il lavoro svolto e dall’altro effettivamente il compenso incamerato, alla luce del criterio alternativo dei parametri. Per fare questo bisognerebbe fare un lavoro di approfondimento che forse non vale la pena di fare, onestamente.

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Coronavirus: udienze a trattazione scritta.

Le udienze civili dei procedimenti pendenti che si dovrebbero tenere con la presenza delle parti in questo periodo sono in corso di conversione, da parte dei magistrati titolari, in «udienze a trattazione scritta».

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La legislazione emergenziale sull’epidemia da coronavirus, infatti, ha previsto questo sistema per poter consentire di celebrare ugualmente le udienze nonostante l’obbligo di tenere chiuso il tribunale ed evitare la comparizione delle parti. Ovviamente solo per quelle udienze per cui non è prevista la comparizione delle parti personalmente, cioè i diritti interessati, ma è prevista solo quella degli avvocati.

Scrivo a riguardo qualche nota illustrativa, anche perché sto ripetendo le stesse cose a tutti i clienti dello studio cui stanno capitando queste «conversioni» alla trattazione scritta e può quindi essere utile avere come al solito un testo unico consultabile da tutti, oltre che, come pure avviene ormai da molti anni, utilizzabile anche dai colleghi.

Come funzionano le udienze a trattazione scritta?

È intanto, bisogna dirlo subito, un bisticcio linguistico  forse avrebbero potuto trovare un’altra formula per denominarle, perché udienza, per definizione, è qualcosa che si svolge alla presenza delle parti e del giudice, mentre qui non c’è proprio nessuna udienza, c’è solo una trattazione scritta, anche se è vero, che, legislativamente, è paragonata all’udienza, in virtù dell’emergenza.

Assodato che nessuno compare da nessuna parte, nessuno va nemmeno in giro, perché i depositi che ci sono da fare sono tutti telematici, come funziona dunque questa trattazione?

Il giudice fa un provvedimento che fissa la data della nuova «udienza» o meglio «non udienza». Più che una data di udienza, dunque, sembra essere un termine, anche se non è vincolante per il magistrato che si riserva di decidere anche in seguito, come peraltro avviene nelle udienze tradizionali, come ho spiegato anni fa in questo post.

Oltre a fissare la data della «udienza a trattazione scritta», il giudice fissa anche un termine, di solito di circa una settimana o due prima, entro il quale le parti devono fare quelle richieste che avrebbero fatto all’udienza con un «foglio», che poi in realtà è un file, di solito un documento di Word per capirci, che poi viene depositato telematicamente tramite appunto il processo civile telematico.

In alcuni provvedimenti che mi è capitato di leggere, il giudice invita anche ciascun avvocato, nel momento in cui fa il deposito, a mandarne una copia via pec ai colleghi avversari costituiti. Mi sembra opportuno seguire questo invito, anche per sopperire con un po’ di correttezza tra di noi a eventuali malfunzionamenti o ritardi delle pec – che, peraltro, non sono nemmeno dovute e venivano mandate solo per cortesia – che in questo periodo sono tutt’altro che improbabili.

Anche questi termini per i depositi anteriori all’«udienza» sono di incerta definizione e di discutibile portata, in un altro provvedimento mi è capitato ad esempio di vedere assegnato un termine per «eventuale rinuncia agli atti del giudizio in caso di accordo», ma è assolutamente certo che la rinuncia agli atti del giudizio si possa fare in qualunque stato e grado e di sicuro anche dopo l’eventuale scadenza del termine – diciamo che in questo caso è il giudice che chiede agli avvocati la cortesia di avvertirlo per tempo nel caso di raggiunta transazione, ma non è per certo un termine in senso stretto.

Come ho già scritto qualche post addietro, sempre a proposito della situazione attuale di epidemia da coronavirus e soprattutto lockdown, i signori assistiti degli studi professionali, e anche i professionisti stessi, devono cercare di avere molta pazienza… Purtroppo, si naviga molto a vista. Le stesse udienze a trattazione scritta sono previste da decreti legge che potrebbero cadere o essere modificati, anche significativamente, in sede di conversione. Da un giorno all’altro esce o può uscire un nuovo provvedimento normativo destinato a cambiare il quadro o la cornice normativa del processo, almeno in questo periodo.

Da parte nostra, come avvocati, noto che c’è una estrema attenzione e una grande cura nel seguire la legislazione in materia e nel cercare di capire come è meglio operare, quindi mi sento di dire che questa sia una prova che la classe forense italiana stia superando dando, per una volta, prova di grande serietà, competenza, efficienza e dedizione e questo mi rasserena e mi conforta davvero molto.

Se sei un cliente, dunque, segui le indicazioni del tuo avvocato con fiducia, alla luce delle illustrazioni che ti ho fornito sopra, tenendo presente che la situazione è difficile ma che i rimedi ci sono e le cose in qualche modo le cose dovrebbero andare avanti.

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A.T.P. ex art. 445 bis c.p.c.: si può ampliare la domanda originaria?

Con una significativa pronuncia, che tenta di fare chiarezza sulla “spinosa” questione in ordine alla “genericità” della domanda di invalidità civile, il giudice della Sezione Lavoro del Tribunale di Catania, nel procedimento R.G. 8142/18, ha autorizzato parte ricorrente all’ampliamento della domanda giudiziaria, consentendo l’estensione della medesima fino all’indennità di accompagnamento, inizialmente non richiesta con l’atto introduttivo della causa.

Il Giudice ha stabilito che, considerata la natura “intrinsecamente” generica della domanda di invalidità civile, che non distingue le specifiche prestazioni, vadano pedissequamente rispettati i principi di cui all’ art. 149 dis. att. c.p.c.., il quale apre alla possibilità che il requisito sanitario sorga nel corso del giudizio, solo successivamente al deposito del ricorso introduttivo.

Tale ordinanza, peraltro, va a raccordarsi perfettamente con una posizione già espressa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 10457/1999.

La soluzione appena esposta, oltre a soddisfare evidenti ragioni di economia processuale, va nella direzione di tutelare adeguatamente il ricorrente, consentendo al medesimo di ottenere adeguata valutazione della propria condizione senza la necessità di proporre una nuova domanda all’INPS.

In via analogica, per le medesime ragioni di natura sostanziale in ordine al carattere “generico” della domanda di invalidità civile ( che non distingue tra assegno di invalidità,  pensione di inabilità e indennità di accompagnamento) dovrebbe altresì ritenersi impugnabile  un verbale di “revisione”, che, seppur migliorativo rispetto al verbale di primo accertamento (è il caso di un 80% di invalidità preceduto da un 70%), venga comunque ritenuto insufficiente dal richiedente (che, ad esempio, ritenga di avere i requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento).

Nulla, infatti, avrebbe impedito alla competente Commissione Medica, in sede di revisione, di riconoscere l’indennità di accompagnamento qualora avesse ritenuto sussistente il relativo requisito sanitario.

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Immobile sequestrato e affissione del provvedimento: contro la privacy?

Nell’era in cui tutto avviene sotto gli occhi di tutti, è complicato capire come convivono privacy e obblighi di trasparenza e pubblicità.

È giusto che venga resa pubblica l’abusività di un’opera sottoposta a sequestro, o tutelata la privacy di chi ha commesso l’abuso?

Questi diritti sono in un rapporto particolare tra loro, conservando ognuno il prorio spazio. Infatti, per l’immobile sottoposto a sequestro è necessario rendere pubblico il provvedimento del giudice, anche per tutelare i terzi, ma è altresì importante che il proprietario dell’immobile non subisca pregiudizi da tale pubblicità.

Praticamente, gli ufficiali di polizia giudiziaria che affiggono sul cancello dell’immobile la copia integrale dell’ordinanza di sequestro, con tutti i dati identificativi del titolare del bene, violano il suo diritto alla riservatezza, esponendolo a dei pregiudizi.

Ma perchè il tribunale, a cui ricorre un proprietario, riconosce la lesione e non il risarcimento dei danni?

La risposta l’ha fornita la Cassazione, che da un lato, condanna la divulgazione dei dati operata dall’ufficiale giudiziario non necessaria ad eseguire l’ordine del giudice, e dall’altro, pur affermando la potenzialità della lesione della privacy del proprietario, non gli riconosce il diritto ad essere risarcito, in quanto questi non aveva mai provato in concreto in cosa fosse consistito il danno.

Gli ufficiali giudiziari quindi hanno esposto il proprietario ad un rischio evitabile, agendo come titolari del trattamento dati, ma di fatto si è verificato solo un pregiudizio potenziale e non anche un danno perchè nessuno aveva percepito il provvedimento del tribunale.

Tutto questo ci aiuta a comprendere che esistono due livelli di violazione: quello delle norme in materia di privacy e il trattamento dei dati, di stretta competenza del Garante della privacy, mentre il secondo riguarda le norme del codice civile che prevedono un risarcimento, qualora un soggetto causando un fatto ingiusto, arrechi un pregiudizio ad un altro, che per essere risarcito dovrà provare di aver subito un danno.

È bene approfondire sempre con un avvocato di fiducia, al fine di individuare la giusta strada da percorrere.

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Termini e memorie del 183: cosa sono?

Una memoria è solo un documento.

Chi si trova coinvolto in una causa civile di solito si trova a dover aver a che fare con questi termini e le relative memorie.

Spess(issim)o mi tocca spiegare di che cosa si tratta, così ho pensato di fare il solito post contenente l’illustrazione dei principali aspetti della cosa, da mandare tramite link a tutti i miei assistiti. Post che, come spesso accade, può essere utile anche ad altri, così lo pubblico anche qui sul blog.

Una «memoria» nel gergo tecnico giudiziario non è altro che un documento scritto, in cui un avvocato sostiene delle richieste e/o porta delle prove a favore. Sì, è un documento come quelli che compone qualunque persona comune con Word, o Google Documenti, ed in effetti anche noi avvocati usiamo spesso quei wordprocessor per scrivere le nostre «memorie», quando non – in casi più avanzati – il markdown.   

Documenti che passione

 

Processo orale? 

Il processo civile, secondo il codice, dovrebbe essere orale.

Un po’ come a forum… Le parti arrivano, con i loro avvocati, si parla a turno, poi il giudice decide.

Nella realtà, nonostante il codice lo preveda espressamente, non funziona affatto così.

Funziona all’esatto contrario.

Il processo civile italiano, salvo rare e circoscritte eccezioni, è per lo più scritto. Anche in Cassazione il rito di default ormai è quello della camera di consiglio, dove le parti non vanno più ma si limitano, anche qui, a depositare delle memorie, come spiego in quest’altro post.

Non ti so dire se questo sia un bene o sia un male, probabilmente, essendo un aspetto di metodo o «supporto», ci sono casi in cui è un bene e casi in cui è un male, a seconda della situazione.

Certamente, quando la lunghezza media di una causa è di sei, sette, otto anni, per il solo primo grado, ognuno capisce che la trattazione non può certo essere orale. Chi si ricorda dopo qualche mese cosa era stato detto dalle parti di una causa? Non se lo ricorderebbero le parti stesse, figuriamoci il giudice che ha centinaia di cause da decidere. Dopo otto anni è evidente che senza documenti da leggere per un giudice sarebbe impossibile ricordarsi alcunché.

Dunque, di fatto il processo civile è scritto.

Per questo, come dico da decenni, nel processo civile sono fondamentali i documenti e cioè le prove scritte.

Per vincere una causa, sono essenziali le prove scritte.

Da ciò consegue che la prima abilità di un avvocato deve essere la gestione documentale. E che il cliente farà bene a prestare la massima collaborazione su questo aspetto, come ho spiegato meglio in questo mio precedente post sugli «obblighi» del cliente di un avvocato.

Cosa sono i termini e le memorie ex art. 183?

Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa sono questi benedetti termini ex art. 183.

Ma, prima ancora, che cos’è l’articolo 183.

Questa disposizione è quella che, nel codice di procedura civile, disciplina la prima udienza del processo e, coerentemente, si intitola «Prima comparizione delle parti e trattazione della causa».

Leggiamone un estratto velocemente insieme, nel testo attuale:

«Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.»

Non è subito chiaro per chi non ha studiato diritto, quello che devi sapere è che, nel 95% dei casi, la prima udienza del processo civile, di ogni processo civile, si svolge con la richiesta da parte degli avvocati di questi tre celebri termini e la loro concessione da parte del giudice.

Poi l’udienza viene chiusa e ognuno va via.

L’articolo che stiamo esaminando si chiama «comparizione delle parti», ma quando il codice parla di «parti» qui intende gli avvocati, non le parti vere e proprie del processo, destinatarie degli effetti della sentenza. Quando il codice, o un giudice, vuole che le parti effettive, i clienti, compaiano in udienza, parla di «comparizione delle parti personalmente».

Insomma, la prima udienza del 183 è un momento meramente burocratico in cui di solito non si discute quasi di nulla, ma ci si limita a prevedere questi tre famosi termini per lo svolgimento delle successive difese nel processo.

Ovviamente, il cliente può partecipare all’udienza ex art. 183, dal momento che si tratta della sua causa e lui può assistervi, ma quando lo fa rimane regolarmente deluso perché, salvo eccezioni, non vede succedere assolutamente niente.

Viene compilato un verbale con questa richiesta di termini e la loro concessione, poi tutti vanno a casa.

Perché fare un’udienza del genere, che è abbastanza inutile dal momento che una cosa così potrebbe ad esempio essere decisa via posta elettronica, senza bisogno di far girare sia gli avvocati che il giudice?

In realtà, potrebbero esserci altre cose da vedere preliminarmente. Ma a parte questi limitati casi, la realtà è che il processo civile italiano non è affatto organizzato razionalmente. Ci sono mille considerazioni che si potrebbero fare al riguardo, ma al momento comunque la situazione deve essere presa per quella che è, anche perché non ci sono alternative, così come per qualsiasi altra legge dello Stato.

Come vengono concessi i termini.

Vediamo adesso cosa comportano più in particolare questi tre termini.

Innanzitutto, i termini possono essere concessi nella misura prevista dal codice di procedura civile a partire dal giorno dell’udienza stessa, come prevederebbe il codice stesso, oppure anche a partire da un giorno successivo.

Questa seconda ipotesi è quella in cui gli avvocati o, molto più spesso, il giudice vogliono modulare il loro carico di lavoro spostando in avanti gli incombenti di cui ai termini. In tale caso, si prevede che i 30+30+20 giorni previsti da questo terzetto di termini inizino a decorrere da un giorno successivo, individuato nello stesso provvedimento, e dal quale dovranno poi essere calcolati.

Ovviamente il giudice potrà concedere i termini direttamente in udienza oppure potrebbe anche, nel caso vi fosse magari qualche altra questione preliminare, riservarsi la decisione, come ho spiegato in questo altro post di ormai dieci anni ma, ma ancora valido. Nel caso in cui si riservi, la concessione dei termini eventualmente avverrà con un provvedimento che verrà comunicato in seguito.

La trattazione del processo dopo i termini.

Una volta concessi i termini, dunque, che cosa succede?

Succede che gli avvocati delle parti dovranno depositare, oggigiorno telematicamente, tramite il PCT, entro il termine previsto le «memorie» relative.

A) La prima memoria del 183 è sostanzialmente un documento in cui si continua il discorso già iniziato negli atti introduttivi, cioè si svolgono considerazioni «di merito» sulle proprie ragioni. Si spiega che cosa si chiede e perché il giudice dovrebbe concederlo. Anche se nulla vieta di anticipare qui contenuti che sarebbero proprio della seconda memoria: anticipare si può sempre, mentre posticipare mai. Personalmente, spesso ad esempio faccio già nella prima memoria delle richieste di prova, quelle che ho già disponibili le inserisco, non aspetto la seconda. A volte questo mi consente di risparmiare il deposito della seconda memoria.

B) Con la seconda memoria, detta istruttoria, si indicano le prove che si chiede che il giudice, poi, voglia ammettere. Nel processo civile italiano, non si possono portare tutte le prove che si vuole, a parte le prove scritte o documentali. Per tutte le altre, bisogna dire al giudice che si vorrebbero portare determinate prove, poi sarà il giudice a valutare se ammetterle o meno. Se si dispone di un testimone, o si ritiene che sia interessante fare una CTU, bisogna spiegare al giudice perché queste prove sono rilevanti e formularle nel modo previsto dal codice, dopodiché sarà il giudice a decidere se ammetterle o meno.

C) Con la terza memoria ogni avvocato svolge delle riflessioni sulle prove richieste dall’altro e può opporsi alle stesse, dicendo ad esempio che sono irrilevanti, inutili, eccessive, ecc. ecc.

Quindi, in conclusione, dopo la concessione dei tre termini, il giudice chiude il fascicolo, gli avvocati tornano a casa e si mettono a scrivere questi tre documenti, cominciando ovviamente dal primo e proseguendo con gli altri, anche perché per scrivere i successivi dovranno prima leggere quello che hanno scritto gli avvocati degli altri.

Da ciò si vede molto chiaramente che la trattazione del processo civile italiano, almeno nella sua forma ordinaria, è quasi interamente scritta, con molte formalità rispetto alla formazione dei documenti e al loro deposito.

Come gestisco io i tre termini del 183.

Personalmente, dopo l’udienza o il provvedimento di concessione dei tre termini del 183, calcolo i termini sulla base delle norme del codice di procedura civile e poi segno la relativa scadenza in google calendar, con un evento «tutto il giorno» e, soprattutto, una notifica via mail almeno 20 giorni prima della scadenza, mettendo, quando posso, come invitato all’evento, il cliente stesso.

Se sei mio cliente e nella causa che sto seguendo per te hanno concesso i tre termini del 183, ti arriveranno mail da google calendar indicanti un “evento” del calendario; se anche tu usi google calendar, potrai aggiungere questo evento anche al tuo calendario. Altrimenti puoi tenere semplicemente la mail come promemoria, ma non preoccuparti: penseremo noi a gestire in tutto la scadenza e a ricordarti quando ci sarà bisogno di qualcosa da parte tua, come ti spiego meglio tra poco. Tutto come nell’esempio di cui all’immagine seguente:

schermata google calendar

 

Queste tre scadenze inserite in google calendar hanno una duplice valenza e richiedono un duplice tipo di lavoro, uno da fare prima e uno da fare dopo il loro verificarsi:

  • da fare prima: sotto un primo profilo, riguardante il periodo anteriore al giorno in questione, sono scadenze che richiedono appunto un mio intervento prima del loro verificarsi, per tale motivo c’è una notifica che mi arriva via mail 15/20 giorni prima del giorno in questione, in modo che in questo spazio di tempo possa scrivere la memoria e depositarla;
  • da fare subito dopo: sotto un secondo profilo, vengono invece in rilievo come termini che valgono anche per la mia controparte e che mi impognono un intervento non solo prima, ma anche dopo la loro scadenza. Dopo la loro scadenza, infatti, devo connettermi la processo civile telematico per vedere che cosa ha depositato il mio «avversario».

Ovviamente, il lavoro più impegnativo è quello da fare prima del loro verificarsi. Anche dopo c’è del lavoro da fare, ma trattandosi solo di esaminare quanto scritto dalle altre parti del processo, salvo colpi di scena che sono rarissimi, si tratta di lavoro minore, che peraltro solitamente rientra nel lavoro di preparazione della mia memoria successiva: ad esempio, quando esamino la memoria 183 n. 1 del mio avversario devo tener presente tali contenuti, e replicarvi, nella mia memoria 183 n. 2.

Per la stesura, solitamente preferisco organizzare un apposito appuntamento, quasi sempre di due ore, con il cliente stesso, in modo da ragionare insieme sui contenuti della causa, sulle possibili prove, e scrivere «in diretta» la memoria. Ti ricordo che scrivo tutti gli atti processuali insieme al cliente, anche a distanza via Skype. In generale, mi attengo ai criteri che ho delineato in questo altro post.

Quando riesco, inserisco appunto nella prima memoria anche le richieste istruttorie, cioè le richieste di prove da assumere, in modo da risparmiare a me, e anche al mio cliente, di dover rifare un nuovo appuntamento e un nuovo deposito il mese successivo. In questi casi, può essere più interessante fare la terza memoria, con le deduzioni sulle prove richieste dal mio «avversario».

Una volta terminata la stesura, provvedo al deposito telematico, se possibile due o tre giorni prima della scadenza per evitare possibili errori di trasmissione o comunque avere abbastanza tempo per porvi rimedio.

Il primo requisito di queste memoria è la sintesi, come ho già spiegato in altri post del blog alla cui lettura rimando.

Ovviamente, al cliente trasmetto sia copia delle memoria da me redatte, sia copia delle memorie avversarie, in modo che ne prenda conoscenza e possa farmi le sue eventuali osservazioni nel corso dell’appuntamento in cui redigere le nostre o in altra occasione.

Che cosa ti devi aspettare alla fine?

Per la gestione di queste tre memorie:

  • riceverai innanzitutto tre mail con altrettante scadenze google calendar, che potrai inserire se credi nel tuo calendario, anche se saremo sempre noi a occuparcene;
  • verrai contattato dalla mia assistente per fissare un appuntamento di due ore in cui redigere innanzitutto la prima memoria e poi eventualmente, man mano, le successive – questa telefonata, se i termini decorrono dal giorno dell’udienza (a volte il giudice può stabilire che decorrano da un giorno successivo), la riceverai il giorno stesso o i giorni successivi all’udienza;
  • riceverai sempre via mail le memorie depositate dalla o dalle controparti, insieme con alcune mie brevi note e/o richieste di chiarimenti eventualmente utili per le difese successive;

Molto probabilmente, per la redazione delle memoria dovrai fornirmi dei documenti. Se vuoi, segui le indicazioni raccolte in questo post.