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fallimento e spese processuali

Buongiorno a tutti, avrei il seguente quesito da sottoporvi: l’azienda per la quale lavoravo è fallita e tutti noi dipendenti ci siamo trovati in mobilità con la necessità di intraprendere un’azione legale per l’insinuazione al passivo fallimentare, il recupero dei crediti, stipendi arretrati e TFR.
E’ stato dato l’incarico ad un legale in una azione collettiva, e il legale non ci ha mai fatto un preventivo di spesa né verbale, né scritto, limitandosi a chiederci un fondo spese di Euro 100. A tutti sono stati eseguiti i conteggi dei crediti, si è stati insinuati al passivo etc.etc. Oggi vi è la necessità di fare domanda al Fondo di garanzia per il pagamento del TFR e stipendi arretrati. Il legale si è appoggiato per quest’ultima pratica ad un suo consulente che ci ha richiesto un ulteriore fondo spese di Euro 80. Io vorrei cambiare il legale perchè, durante questi anni, ho perso la fiducia in lui. La domanda che pongo è: se il legale che mi ha iscritto al passivo fallimentare mi chiede le spese legali per le quali sono iscritto al fallimento, queste le devo pagare io a lui? Mi verranno rimborsate insieme ai crediti che devo percepire dal fondo di garanzia oppure a chi vengono liquidate le spese legali richieste nell’insinuazione al passivo fallimentare?
Spero di essere stato sufficientemente chiaro e vi ringrazio se vorrete darmi una delucidazione (Giorgio, via e-mail).
Prima di rispondere alle domande proposte, occorre precisare i seguenti punti.
Primo punto: l’insinuazione al passivo può essere fatta tramite ricorso direttamente dal creditore o da un suo rappresentante. Non è, al riguardo necessario, il patrocinio di un legale. Ne consegue che, non essendo necessaria, l’eventuale assistenza di un difensore comporterà il mancato riconoscimento delle spese in merito sostenute.
L’unico onere a carico del creditore che dispone la domanda va individuato nel bollo dovuto per gli atti giudiziari, nella misura di €10,33 ogni quattro fogli. Risulta essere totalmente esente da tale onere il ricorso relativo ai crediti di lavoro, il quale può essere redatto e presentato senza pagare alcuna somma.

Secondo punto: nella domanda di insinuazione al passivo deve essere precisato il credito in tutte le voci che lo compongono, vale a dire il capitale e le eventuiali spese accessorie e gli interessi.

Quando si parla di spese si fa, in generale, riferimento al bollo per gli atti giudiziari nonchè alle spese relative all’accertamento giudiziale del credito esperito e concluso prima del fallimento ( ad es. le spese afferenti il decreto ingiuntivo passato in giudicato, il precetto ed il pignoramento).

Tali spese (sia le spese vive sia i compensi legali) vengono normalmente riconosciute, purchè siano documentate e si riferiscano ad atti compiuti e defniti in data anteriore al fallimento.

Pertanto gli onorari del difensore, che ti ha assistito nell’insinuazione al passivo, sono a tuo carico.

Inoltre l’art. 2 della Legge n. 297/82 e gli artt. 1 e 2 del Decreto legislativo n. 80/92, in caso di insolvenza del datore di lavoro, garantiscono ai lavoratori privati, che si sono insinuati nello stato passivo del fallimento ed ai loro aventi diritto, il pagamento dei crediti di lavoro, compreso il trattamento di fine rapporto, mediante l’intervento del Fondo di Garanzia, che è stato costituito presso l’Inps.

Il lavoratore che accede al Fondo di Garanzia ha il diritto di percepire le ultime tre mensilità, i ratei delle mensilità aggiuntive, il trattamento di fine rapporto, nonché la rivalutazione monetaria e gli interessi legali maturati sul suo credito.

Di norma il Fondo di Garanzia provvede a liquidare le somme spettanti entro 60 giorni dalla richiesta del lavoratore. Comunque interessi e rivalutazione sono erogati fino al momento del saldo del credito rivendicato.

La ratio del Fondo è quella di fare in modo che il lavoratore percepisca ciò che gli spetta in caso di fallimento dell’azienda in cui lavora. Pertanto essa risponde solo dei crediti da lavoro dipendente e non anche delle spese legali da te affrontate per l’insinuazione al passivo.

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residenza e separazione

Sono un uomo di 41 anni, sono separato da quasi 3 anni, ma solo 2 mesi fa ho tolto la mia residenza da casa della mia ex moglie. Questo comporta l’ annullamento degli anni di separazione?Mi vorrei complimentare per questo formidabile blog.(Giorgio, via e-mail)

 

Alla tua domanda rispondo di no, preciso infatti che il tuo mantenere la residenza da casa della tua ex moglie non comporta l’annullamento degli anni di separazione.

 

Anzi, dato che riferisci di essere separato da quasi tre anni, ti ricordo che al raggiungimento dei tre anni dalla separazione puoi chiedere il divorzio.

 

Ti ringrazio dei complimenti a nome di tutta la redazione del blog.

 

 

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eredità e donazioni

Dalla morte di mio padre ho ereditato un sesto della casa di famiglia dove abitano mia madre e mio fratello. Nel 2000, dato che io non vivo più nella casa da molti anni, dopo 6 anni dalla morte di mio padre, ho ceduto a mio fratello con atto notarile la mia quota. Quindi mia madre era proprietaria di 4/6 e mio fratello di 2/6. Da poco tempo mia madre mi ha riferito che mio fratello è diventato proprietario dell’immobile dove lei ha l’usufrutto fino alla morte.Domanda: è possibile che vi sia stata una donazione o una compravendita tra loro due senza che io sia stato informato di nulla? Posso eventualmente impugnare legalmente la vicenda per avere la quota di mia madre che mi sarebbe spettata di diritto una volta defunta?

Per quanto concerne la prima domanda, è possibile che la madre abbia fatto una donazione al figlio oppure è pure possibile che la madre abbia stipulato un contratto di compravendita col figlio. Nulla vieta di effettuare le suddette operazioni.

Nel momento in cui verrà a mancare la mamma, nella divisione ereditaria dovrà essere ricompresa anche ciò che è stato donato dalla stessa in vita a tuo fratello – cd. collazione – ai sensi dell’art. 737 cod. civ. che prevede che i figli (legittimi e naturali), i loro discedenti e il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione diretta o indiretta.

Con la donazione diretta, una parte arricchisce l’altra (disponendo di un diritto od obbligandosi nei confronti del donatario ad una prestazione di dare): ne segue che elementi della donazione sono lo spirito di liberalità e l’arricchimento.

Lo scopo di arricchire una persona si può raggiungere anche con modalità indirette, avvalendosi cioè di atti che hanno una causadiversa.Si parla di donazione indiretta, il cui caso statisticamente più frequente è quello della vendita di una cosa ad un prezzo inferiore al suo valore: il negozio misto in questi casi ricorre comunque quando il venditore si accontenta di un prezzo irrisorio rispetto al quale nemmeno assume importanza il fatto che siffatto corrispettivo venga versato effettivamente oppure no.

Per quanto riguarda la seconda domanda, cioè l’impugnazione della donazione, è possibile farlo solo dopo la morte di tua madre, attraverso un’azione di riduzione che è un’azione che la legge concede ai legittimari per ottenere la reintegrazione della legittima mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre (c.d. disponibile).

Il calcolo della legittima avviene attraverso una operazione matematico-contabile che imputa al patrimonio del de cuius il valore dei beni a lui intestati decurtato dai debiti (c.d. relictum) e tutte le donazioni compiute da lui in vita (c.d. donatum).

La somma di relictum e di donatum rappresenta l’asse patrimoniale su cui possono fare affidamento i legittimari. Questi possono esercitare l’azione che, se esperita vittoriosamente, comporta l’automatica riduzione delle disposizioni testamentarie e/o delle porzioni degli eredi legittimi con effetti che retroagiscono al momento dell’apertura della successione. L’azione può essere esperita anche dagli eredi e dagli aventi causa dei legittimari ed è soggetta all’ordinario termine di prescrizione: dieci anni.

Per chiedere la riduzione delle donazioni devono sussistere dei presupposti:

  • il legittimario deve aver accettato l’eredità con beneficio d’inventario;
  • il legittimario ha l’obbligo di imputare alla sua porzione le donazioni e i legati a lui fatti.

L’azione è personale. L’effetto reale è collegato all’azione di restituzione che il legittimario può esercitare per ottenere la sodisfazione concreta dei suoi diritti.

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società in accomandita semplice e patti successori

Sono un ragazzo di 28 anni. Mio papà è sposato in seconde nozze (in quanto la mia mamma è venuta a mancare il 21 giugno 1980) con una donna dalla quale ha avuto 2 figli. Con questa signora eravamo in società in una ditta s.a.s. dove lei è l’amministratore. La ditta non è mai andata, la signora insinua che il fallimento della ditta è stato causato da una mia relazione con una ragazza, ma invece la vera causa è dovuta a dei dissapori che io e lei abbiamo l’uno verso l’altro. Adesso io ho preso la decisione di andare via di casa e vivere da solo, ma i miei genitori mi hanno chiesto €400 al mese per 11 anni (il mio stipendio di € 880) per i debiti che la ditta si porta ed in più la rinuncia dell’eredità , il tutto dovrà essere firmato davanti ad un notaio. Nel caso in cui io non accettassi questa condizione, non potrò farmi una vita e la signora perseguirà con minacce e quant’altro la famiglia della mia ex. Pertanto volevo chiederVi se esiste una legge, una istituzione che tutela un figlio soggetto a tali pretese e se esiste un rimedio a tutto questo.(Roberto, via e-mail)

Caro Roberto, la situazione da te prospettata risulta un po’ complessa. Pertanto è meglio affrontare una questione alla volta.

Innanzittutto nel caso di società in accomandita semplice, come quello prospettato, occorre distinguere tra chi era socio accomandante e chi era oscio accomandatario, infatti il socio accomandante è responsabile solo nei limiti del capitale versato ed è escluso dalla amministrazione pur avendo poteri di controllo sulla gestione, mentre il socio accomandatario è responsabile illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali ed ha il potere di amministrare la società.

Da ciò deriva che, in caso di fallimento della s.as., il creditore sociale, per realizzare il proprio credito, dovrà rivolgersi innanzitutto al patrimonio della società, e successivamente, se questo dovesse risultare insufficiente, ad uno qualsiasi dei soci accomandatari: questi dovrà saldare l’intero debito utilizzando il proprio patrimonio personale, salvo poi rivalersi sugli altri soci accomandatari per ottenere il pagamento delle rispettive quote di debito.
A tutela dei terzi, nell’atto costitutivo vanno indicati i soci accomandanti e gli accomandatari; se un socio accomandante compie atti di amministrazione diventa anch’egli illimitatamente e personalmente responsabile e può anche essere escluso dalla società.
La denominazione della società deve contenere il nome di almeno uno degli accomandatari e l’indicazione che si tratta di s.a.s.; se un socio accomandante acconsente a che il suo nome sia inserito nella denominazione sociale acquista anch’egli una responsabilità personale e illimitata.
Ora dalla tua e-mail non riesco a capire se tu eri socio accomandante o accomandatario; infatti nel caso in cui tu sia accomandatario dovrai rispondere dei debiti della società, così come nel caso in cui tu sia accomandante e abbia prestato garanzie in banca o presso altri soggetti con propri beni personali o nel caso in cui tu abbia usufruito di denaro sociale senza legittima giustificazione. Viceversa se sei solo un socio accomandante non dovrai rispondere col tuo patrimonio, ma solo con il capitale che hai versato all’inizio.

 

Dovresti pertanto seguire o farti seguire da un legale al fine di fare chiarezza nella vicenda del fallimento così da capire a che titolo tuo padre e sua moglie ti chiedono €400 al mese e di conseguenza capire se effettivamente devi loro dei soldi oppure no.

Per quanto riguarda la rinuncia all’eredità, l’art.458 del codice civile dispone il divieto dei patti successori, cioè è da considerarsi nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione o è da considerarsi nullo l’atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta o rinunzia ai medesimi.

Quindi la rinuncia all’eredità che ti vorrebbero far firmare i tuoi genitori è nulla per legge e non ci sarà mai nessun notaio che firmerà un atto del genere.
Da questo punto di vista non devi temere delle minacce avanzate dalla compagnia di tuo padre.

Se vuoi un preventivo per la tua pratica, te lo possiamo fare gratuitamente.
Tieni presente che grazie al nostro network possiamo operare in ogni parte d’Italia e quindi anche presso l’autorità giudiziaria competente nel tuo caso.

 

 

 

 

 

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rottura televisore e garanzia

La rottura di un televisore causato, si presume da uno sbalzo di corrente, è riconosciuto da garanzia?(Emilia, via e-mail)

La garanzia su beni compravenduti, in generale, riguarda i casi in cui gli stessi beni presentano dei vizi.
Per vizio si deve intendere quel difetto di conformità, quell’imperfezione materiale o anomalia, che è tale da rendere il prodotto inidoneo all’uso a cui è destinato o a diminuirne in modo apprezzabile il valore.

Per quanto riguarda il tuo caso, la rottura, in base a quanto da te affermato, è stata causata da uno sbalzo di corrente, evento imprevedibile e fortuito, che non dipende da chi ti ha venduto il prodotto nè da chi lo ha prodottto.
In questo caso lo sbalzo di corrente deve considerarsi una circostanza accidentale ed inaspettata che non dipende dal venditore o dal produttore del bene, i quali pertanto sono liberati da qualsiasi responsabilità.

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separazione e mantenimento

sono un uomo di 47 anni con due figli di 13 e 18 anni vorrei procedere con mia moglie ad una separazione consensuale, mia moglie non lavora viviamo al momento in una casa in affitto e io guadagno circa 1200 euro al mese. quanto dovro’ dare in totale per il mantenimento di moglie e figli?(Vincenzo,via e-mail)

 

Caro Vincenzo, nel caso di una separazione consensuale sono di solito i coniugi a stabilire di comune accordo le condizioni della separazione, quali l’assegnazione della casa coniugale, il mantenimento per moglie e figli, ecc..

Pertanto, se hai dei buoni rapporti con tua moglie, come credo in base alla tua e-mail, dovrai decidere con lei quanto versare a titolo di mantenimento suo e dei figli.

Preciso che, se la moglie non ha particolari problemi di salute e, vista l’età dei figli, la stessa può benissimo cercare di trovare un lavoro per mantenersi ed essere indipendente.

Infatti, per esempio, nel caso di separazione giudiziale, il giudice, per stabilire il mantenimento, si basa sulle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Vedendo il tuo stipendio non penso che tu possa “elargire” molto a tua moglie, in quanto il mantenimento non può essere di importo tale da lasciare te in uno stato di indigenza. Per questo ti dico che, secondo me, sarebbe ottima cosa che tua moglie si impegnasse a cercare lavoro.

Per quanto rigurda i figli, indicativamente, posso dirti che per quanto riguarda i tuoi due figli, occorre distinguere tra quello minorenne e quello maggiorenne; infatti l’assegno per il figlio minorenne verrà dato alla madre direttamente, mentre il figlio maggiorenne lo riceverà direttamente da te, come da modifica introdotta con la Legge sull’affidamento condiviso 54/2006.

Per quanto riguarda il mantenimento dei figli, di solito il genitore sarà tenuto a versare un assegno che – indicativamente – sarà compreso in una cifra tra i 250€ e i 400€ ciascuno.

Inoltre tu e tua moglie dovrete contribuire al 50% alle spese straordinarie per i figli che dovranno essere concordate.

Mi sembra che tu e tua moglie siate in buoni rapporti per cui vi consiglio di mettervi intorno ad un tavolino e cercare di trovare un accordo per giungere ad una separazione consensuale, magari aiutandoti con quello che ti ho scritto.

Se dopo aver parlato con tua moglie pensi che sia opportuno farvi aiutare da un legale, ti possiamo fare gratuitamente un preventivo, vedi qui:

https://blog.solignani.it/2007/10/15/da-oggi-preventivi-gratuiti/

Tieni presente che grazie al nostro network – https://blog.solignani.it/network – possiamo operare in ogni parte d’Italia e quindi anche presso il tribunale competente per la tua questione.

sinistro stradale, rottamazione e nuova immatricolazione

Ho subito un violento urto alla mia fiat 500 del 1994 mentre era ferma in parcheggio. Il perito della mia assicurazione dice che il danno supera il valore del veicolo, vorrebbe rimborsarmi solo 500 euro (per me la mia auto valeva di più). è vero che rottamando l’auto dovrebbe rimborsarmi anche i costi di immatricolazione di una eventuale fiat 600 nuova e le spese di rottamazione?
Beneficiando degli incentivi statali di rottamazione ho comunque diritto a tutti i rimborsi(immatricolazione del nuovo veicolo,ecc.) da parte della mia compagnia assicurativa?Vi ringrazio.(Ivan, via e-mail)

Il caso di Ivan prevede un incidente accorso ad un’autovettura ormai “veccchia”. Pertanto Ivan, se vorrà vedere l’effettivo valore del suo veicolo, potrà collegarsi ad uno dei siti dedicati alla valutazione dei veicoli(quali quattro ruote, eurotax, ecc.). Lì potrà vedere se l’assicurazione ha liquidato in maniera corretta oppure no. Nel caso in cui la quotazione di questi siti sia più alta, Ivan potrà trattenere la somma offerta dall’assicurazione a titolo di acconto sulla maggiore somma.

Se non esistono quotazioni dell’ auto incidentata, la stessa è da considerarsi oramai fuori mercato, cosa purtroppo normale per tutti i veicoli che hanno superato i dieci anni di vita. In questi casi il valore che viene loro attribuito è di circa 1000€, che poi corrisponde a quello che si paga presso un concessionario di vetture usate per procurarsi un veicolo di quel genere.

Per quanto riguarda i costi di rottamazione e di reimmatricolazione, vanno fatti non con riferimento al nuovo veicolo che si va ad acquistare, ma ad un’auto della stessa categoria e genere di quella vecchia. In teoria, il risarcimento è volto a consentire di reperire sul mercato dell’usato un veicolo come quello che si aveva prima.  Riassumendo, le voci che compongono il danno di Ivan sono le seguenti: valore del veicolo distrutto (da determinarsi nei sensi di cui sopra, in via forfettaria sostanzialmente), mesi di bollo non goduto a causa dell’incidente, costi e spese di rottamazione, costo del passaggio di proprietà di una “nuova” auto della stessa potenza.

Non penso che ci siano problemi per quanto riguardi gli incentivi statali per la rottamazione, Ivan ha diritto ad ottenere tutte le voci di risarcimento del danno come sopra indicate.

Spero di essere stata esaustiva e chiara e sopratutto utile al nostro lettore.

danni derivanti da sinistro stradale

scrivo per avere chiarimenti su un incidente stradale, successo nell’ aprile 2006. Io ero trasportata su un’autovettura, la quale veniva urtata da un’altra che non rispettava il segnale di stop. L’impatto è stato inevitabile. Al pronto soccorso mi veniva diagnosticato un colpo di frusta guaribile in 30 giorni. Avendo un dolore lancinante alla spalla destra, il mio medico mi prescriveva un’ecografia alla spalla, i danni erano abbastanza gravi( lacerazione del tendine), venivo mandata a una visita medico legale sia dalla compagnia della controparte che da un medico legale di mia fiducia. I punti di invalidità sono differentissimi: il medico della controparte mi riconosceva 1 punto e mezzo, il mio medico dai 5 ai 6 punti. La compagnia di controparte mi spediva 2300 euro che io trattenevo come acconto. Iniziavo un procedimento da un giudice di pace che mi mandava da un medico legale del tribunale che mi riconosceva 2 punti d’invalidità. La compagnia della controparte mi scrive che non devo pretendere più niente e che anzi se la faccio lunga mi fanno pagare le spese processuali . Io non so come devo comportarmi e chiedo cortesemente quanto mi aspetta, faccio presente di essere una commerciante e di avere perso quasi un mese del mio lavoro. Ringrazio e aspetto sue notizie.(Ivana, via e-mail)

 

Il caso in esame riguarda i danni riportati da un passeggero nel corso di un incidente stradale. Essendo l’incidente stradale avvenuto nell’aprile del 2006, non è soggetto alla disciplina dell’indennizzo diretto, ma a quella precedentemente in vigore in base alla quale era l’assicurazione di controparte a dover risarcire il danno.

Una premessa è fondamentale: tutte le assicurazioni, quando si deve risarcire un danno, tentano sempre di liquidare la minor cifra possibile.

Nel caso descritto sopra è stato seguito l’iter che normalmente in casi del genere si segue: Ivana è stata sottoposta a visita medico legale sia dal suo medico di fiducia sia dal medico della compagnia di controparte. Una cosa importante quando si affrontano le visite dai medici legali è portare con sé copia di tutta la documentazione medica in proprio possesso, di modo che i medici legali abbiano in mano il maggior numero di informazioni possibili per poter redigere la perizia medic0-legale.

Altra cosa usuale è che ci siano delle differenze tra le valutazioni del proprio medico legale di fiducia e quelle della compagnia di controparte, poichè, come già detto prima, le assicurazioni mirano a liquidare la cifra più bassa possibile. Pertantocome è caspitato ad Ivana è usulae che il medico di fiducia presenti una perizia con un grado di invalidità più alto e il medico di controparte la presenti con una percentuale d’invalidità molto più bassa. Di solito una volta che sono state effettuate le perizie, se una persona è seguita da un legale, sarà lo stesso che prenderà contatto con il liquidatore della compagnia di controparte per trattare il sinistro. Nell’ipotesi in cui i due non riescano a trovare un punto d’incontro, unica soluzione è quella di intentare una causa, cosa che, da quel che Ivana riferisce, la stessa ha fatto.

Nei procedimenti civili di questo tipo il giudice dispone sempre una CTU, cioè nomina un proprio consulente tecnico d’ufficio che, sulla base dei documenti prodotti ed eventualemnte sottoponendo la persona a visita medica, redige la sua perizia medico legale. Ovviamente il giudice valuta il caso sulla base della perizia elaborata dal suo consulente tecnico. Sarà facoltà del legale di Ivana far presente in udienza al giudice eventuali punti che evidenzia la perizia del medico legale di parte e non quella del consulente tecnico.

Inoltre non è compito dell’assicurazione minacciare Ivana nel modo dalla stessa descritto. C’è un processo in corso il quale terminerà con la sentenza del giudice la quale dichiarerà se Ivana non debba più pretendere nient’altro rispetto a quanto le hanno già liquidato oppure no.

Il fatto che Ivana lavora in conto proprio, essendo commerciante, è un’altra componente da tenere presente, nel senso che nell’atto di citazione con cui è stato instaurato il procedimento civile avanti al giudice di pace competente, il legale di Ivana avrà chiesto oppure avrebbe potuto chiedere un risarcimento del danno derivante dalla mancanza di introiti accusata durante i trenta giorni non lavorati a causa dei danni riportati dal sinistro stradale.

sinistro senza assicurazione

Ho subito un incidente e ho ragione al 100%. Unico problema è che non ho l’assicurazione. Cosa devo fare? (Pietro, via e-mail)

In base al nuovo codice delle assicurazioni entrato in vigore ad inizio anno, in caso di incidente stradale interviene il sistema dell’indenizzo diretto, cioè è la propria assicurazione che risarcisce il danno causato da altri. Poi la stessa assicurazione provvederà alla rivalsa nei confronti della compagnia assicurativa di controparte. In questo caso non penso che sia possibile per il nostro lettore ottenere il risarcimento dei danni causati dal veicolo che ha provocato l’incidente poichè manca uno dei requisiti fondamentali per il risarcimento del danno col sistema dell’indenizzo diretto, cioè la copertura assicurativa.

Inoltre ricordo al lettore che l’art. 193 del Codice della Strada punisce chiunque circoli senza la copertura dell’assicurazione con la sanzione amministrativa del pagamento della somma da euro 716,00 ad euro 2867,00. La sanzione è ridotta di un quarto quando l’assicurazione del veicolo per la responsabilità verso i terzi sia comunque operante nei quindici giorni successivi al termine di cui all’art. 1901 secondo comma cc.

A parte questo, comunque, il risarcimento del proprio danno può senz’altro essere chiesto al responsabile e alla sua assicurazione, non potendo operare il sistema dell’indennizzo diretto si segue quello classico, senza problemi. Quindi quel che deve fare è inviare la richiesta danni all’assicurazione del responsabile dell’incidente, personalmente o tramite un legale, le cui competenze dovrebbero essere pagate dalla Compagnia, non essendovi appunto indennizzo diretto, ma con il quale si può pattuire che in mancanza il suo compenso sia determinato nel 10% del ricavato secondo il sistema della quota lite.

Update: si consiglia di consultare anche questo post successivo sullo stesso argomento.

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separazione e mutuo

Ho un quesito da sottoporle. Sto per separarmi da mia moglie, il problema di ordine materiale che devo affrontare è quello del mutuo contratto per l’acquisto di una villa. E’ cointestato (anche se praticamente lo pago quasi interamente io) e separandomi di fatto non potrei pagare il 50% della rata ed il mantenimento. Posso pretendere che la casa sia venduta ed il ricavato diviso al 50%? Preciso che abbiamo una figlia di 10 anni e che mia moglie, libera professionista, titolare di partita I.V.A., dichiara un reddito minimo (tanto da risultare ancora a mio carico) poichè omette la fatturazione di alcuni importi percepiti. Grazie. (Sandro, via e-mail)

Purtroppo gli elementi offerti sono scarsi per poter inquadrare nel modo migliore la situazione, in quanto avrei bisogno di ulteriori elementi quali lìimporto della rata del mutuo, il reddito suo e di sua moglie. Venendo al primo punto, cioè quello relativo alla casa, mi pare di capire che la villa sia casa coniugale. Dato che il mutuo è cointestato e pertanto suppongo che la casa sia di proprietà al 50%, lei dovrà continuare a pagarlo, a meno che non trovi un accordo con sua moglie per vendere la casa e dividervi il ricavato. Un’altra soluzione potrebbe essere, visto che sua moglie è libera professionista, quella di proporle l’acquisto della sua parte di propiretà della casa coniugale e di accollarsi il mutuo. Se sua moglie non dovesse avere tutti i soldi disponibili, potreste stipulare un contratto preliminare di compravendita in cui sua moglie le potrebbe versare una somma parziale di denaro(una parte dell’intera cifra a lei spettante in base alla sua porzione di proprietà) e dichiarare di accollarsi il mutuo, e poi successivamente, in una data stabilita sullo stesso preliminare, stipulare il contratto definitivo di compravendita.

Per quanto riguarda sua figlia, dovrà sicuramente corrispondere un assegno di mantenimento; invece, per la moglie, che è libera professionista e quindi autonoma, pur dichiarando un reddito più basso rispetto a quello effettivo, non dovrebbe dover corrispondere alcun assegno.