Abbiamo ereditato una casa e siamo tre fratelli. Due vogliamo vendere e uno no. Stiamo pensando di fare lo scioglimento e mettere la casa all’asta. Ma ci è venuto un dubbio: mio fratello, quello che non vuole vendere, può partecipare all’asta? Voi non ci crederete ma due avvocati di Roma di hanno dato risposte contrarie, uno dice di si e uno dice di no. Quello che dice che il fratello non può partecipare all’asta ha però aggiunto che può farla comprare a terzi. Se mi date una mano a capire ed eventualmente sapere il nome di un avvocato bravo in queste cose.
Il problema è purtroppo molto, ma molto più complesso, sia per i tratti di diritto sostanziale, riguardanti le norme applicabili, sia per quelli processuali, che si riferiscono a quello che dovrete fare per conseguire la divisione. Andiamo per gradi.
Innanzitutto, prima che la casa sia venduta all’incanto ad un terzo ciascuno dei coeredi può sempre chiederne l’assegnazione, liquidando gli altri coeredi della rispettiva quota. Vale in materia l’art. 720 cod. civ., secondo cui «Se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili … essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’incanto».
Facendo un passo ancora più indietro, la legge vuole che, tutte le volte che è possibile, il bene sia diviso in natura (art. 718 cod. civ.), cioè separandolo e assegnandone una porzione fisica a ciascuno dei coeredi, come potrebbe avvenire ad esempio nel caso di un appartamento molto grande con due accessi, che potrebbe essere smembrato in due appartamenti più piccoli. Quando ciò non è possibile, ciascuno dei coeredi può sempre chiedere che il bene sia assegnato a lui. Solo se anche questo non è praticabile, il bene può essere venduto all’asta con suddivisione successiva del ricavato tra i coeredi.
Dunque, se il giudice verifica la non comoda divisibilità del bene comune segue le indicazioni dell’art. 720 c.c. che delinea due soluzioni: l’attribuzione del bene per intero e la vendita all’incanto. La legge poi esprime la preferenza per l’attribuzione potendo il giudice procedere alla vendita solo se nessuno dei condividenti si avvalga della facoltà di avanzare istanza di attribuzione del bene indivisibile (C. 5679/2004; C. 1423/2000; C. 2296/1996).
Per questi motivi, la tua domanda non ha molto senso, dal momento che è inutile domandarsi se uno dei coeredi può rendersi acquirente dell’intero immobile in caso di incanto, considerando che, ancor prima che sia disposto l’incanto, può chiedere l’assegnazione. Secondo la giurisprudenza, inoltre, ciascun coerede può chiedere l’assegnazione anche dopo che è stata disposta la vendita, se, ad esempio, ci ha ripensato; il termine ultimo, dopo il quale la assegnazione non può essere più richiesta, è quello in cui la vendita è già stata effettuata ad un terzo. Infatti, effettuata la vendita è preclusa in via definitiva la richiesta di attribuzione (C. 684/1984).
Può anche succedere che più coeredi chiedano l’assegnazione, anche a volte associandosi tra loro, ad esempio tuo e tuo fratello potreste chiedere l’assegnazione a voi due come contitolari escludendo tuo fratello. In questi casi, decide il giudice con ampio potere discrezionale. In linea generale, infatti, sarebbero fissati dei criteri preferenziali per chi la quota maggiore o per i condividenti che avanzano richiesta congiunta, essendo irrilevante che tra costoro permanga lo stato di comunione: C. 996/1985, ma, ad esempio, in presenza di una richiesta di attribuzione sia del condividente titolare della quota maggiore che dei condividenti che abbiamo fatto richiesta congiunta e le cui quote, sommate tra loro, superino la quota del maggior condividente, in applicazione del principio del favor divisionis (art. 729 c.c.) va data preferenza a quest’ultimo, salvo ragioni di opportunità (C. 8827/2008). Naturalmente, se la richiesta di attribuzione proviene dal minor quotista è ammessa egualmente l’attribuzione, essendo la vendita l’ultima via da percorrere (C. 1407/1973). Soprattutto, l’art. 720 c.c., attraverso l’espressione “preferibilmente”, riconosce al giudice il potere discrezionale di discostarsi dalla previsione normativa purché ciò dipenda da interessi morali e familiari. Ad esempio, se l’assegnazione di una casa venga richiesta da un coerede privo di prima casa, mentre gli altri coeredi già ne dispongono, il giudice può disporre a suo favore (così Cass. civ. Sez. II Sent., 25/09/2008, n. 24053, secondo cui «In tema di divisione ereditaria, nel caso in cui uno o più immobili non risultino comodamente divisibili, il giudice ha il potere discrezionale di derogare dal criterio, indicato nell’art. 720 cod. civ., della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore, purché assolva all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata. (Nel caso di specie la Corte ha confermato la sentenza del giudice di secondo grado con riguardo all’attribuzione dell’immobile non divisibile assumendo come criterio discriminante quello dell’interesse personale prevalente dell’assegnatario, privo di un’unità immobiliare da destinare a casa familiare, rispetto al titolare della quota maggiore che disponeva di altra abitazione). (Rigetta, App. Messina, 10 giugno 2003)»; conformi Cass. civ. Sez. II, 13/05/2010, n. 11641, Cass. civ. Sez. II, 16/02/2007, n. 3646, Cass. civ. Sez. II, 22/03/2004, n. 5679).
Ciò richiamato, va spesa anche qualche parola sul fatto che per questo genere di procedimenti è attualmente prevista la fase di mediazione civile obbligatoria. Sui costi non sempre adeguati delle mediazioni in caso di eredità da dividere, ti rimando a questo mio altro lungo intervento che però, se avrai la pazienza di leggere, ti farà capire bene che cosa vi aspetta se deciderete di proseguire in giudizio.
Per ciò che concerne la tua domanda originaria, direi che la stessa possa ritenersi assorbita dalle considerazioni che abbiamo svolto riguardo alla facoltà del coerede di chiedere sempre l’assegnazione. Volendo, per pignoleria, ragionarci comunque sopra ugualmente, c’è da dire che non pare che ci sia un divieto espresso, come esiste invece per il debitore nel caso di esecuzione immobiliare. Come abbiamo precisato in un nostro precedente intervento al riguardo, il divieto per il debitore è di stretta interpretazione e insuscettibile di applicazione analogica, quindi non si può estendere ad altri soggetti, compresi direi i coeredi, anche considerando che gli stessi creditori, nelle esecuzioni, possono rendersi acquirenti. Il giudice potrebbe però ritenere che avendo avuto il coerede il diritto di chiedere l’assegnazione non possa poi farsi acquirente nel procedimento di vendita ad un terzo disposto solo perchè non è stata esercitata questa opzione, dal momento che l’utente deve sempre utilizzare, quando possibile, gli strumenti specificamente messi a disposizione dall’ordinamento. Ovviamente quello che ti ha cennato uno dei legali che hai consultato rimane sempre vero: nella pratica giudiziaria spesso si assiste all’ingresso in campo di prestanome che superano gli eventuali divieti esistenti, ma questo è un altro paio di maniche.
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