la garanzia sui portatili compaq

Il 20/12/2000 ho acquistato un portatile da un grosso rivenditore ESPRINET SPA, tale portatile Compaq presario Mod 17XL369 arriva con difetti sull’Hard Disk. Chiamo l’assistenza compaq il 27/12/2000 (molto scortese), la quale mi dice che essendo un rivenditore non posso usufruire della sostituzione per difetti entro i primi 7gg (riconosciuta solo agli utenti finali). Quindi mi manderanno un tecnico entro 5gg lavorativi come prevede la garanzia. I 5gg lavorativi sono passati, il portatile è ancora rotto, ed il mio cliente non lo vuole più. Risultato, io l’ho pagato in anticipo e ci ho rimesso dei soldi ritrovandomi un oggetto difettoso. Le chiedo in che modo posso rivalermi su Compaq. (Giovanni, via mail)

Vale la pena di riportare una sentenza del Giudice conciliatore di Taranto, secondo cui “La garanzia di buon funzionamento è destinata a spiegare i suoi effetti anche nei confronti dell’acquirente-rivenditore, sia perché questi ha fatto su di essa affidamento, sia perché altrimenti egli si troverebbe ad aver acquistato un oggetto invendibile, sia perché, infine, ricadrebbero su di lui gli effetti dell’altrui inadempimento.” (14 giugno 1989). Il ragionamento, dunque, è semplice: a colui che acquista per rivendere spettano esattamente gli stessi diritti che spettano al consumatore finale. Non solo perché altrimenti si troverebbe tra le mani un bene non ulteriormente vendibile, ma perché non c’è scritto da nessuna parte che a chi acquista per rinvendere spettino meno garanzie dell’acquirente per sé.
Nel caso indicato dal lettore, nemmeno si tratta di garanzia di buon funzionamento, cioè di buona durata nel tempo del computer portatile, ma addirittura di garanzia per vizi, dal momento che il portatile non ha funzionato sin dall’inizio.
Il lettore dovrebbe inviare a Compaq, presso la sede legale, una raccomandata a ricevuta di ritorno, chiedendo la sostituzione o riparazione dell’hard disk e specificando che, in caso contrario, agirà per il risarcimento del danno e lo scioglimento del contratto, che comporta restituzione del portatile ma anche di quanto pagato, davanti al Giudice di Pace competente, se il computer ha valore inferiore a 5.000.000, ovvero al Tribunale se di valore superiore.

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i contratti di assistenza dell’hardware

Sempre più determinante, per l’acquisto di un computer o una stampante, è la promessa di assistenza che viene fatta dal venditore al potenziale acquirente per il periodo successivo all’acquisto. L’hardware, infatti, è noto per essere soggetto a non infrequenti problemi o comunque per essere semplicemente ostico da installare, configurare, usare. Ma qual è la validità legale delle promesse fatte, in materia, dal venditore?
E’ meglio chiarire, innanzitutto, il concetto di assistenza. Essa è una ulteriore forma di “servizio” cui è tenuto il venditore di una parte hardware verso il consumatore.

LE TUTELE TRADIZIONALI DI CHI ACQUISTA HARDWARE. In primo luogo, infatti, la cosa che viene acquistata deve essere immune da vizi di origine (deve, cioè, funzionare e non deve essere rotta) e deve presentare le caratteristiche indicate al momento dell’acquisto (il processore deve essere del tipo indicato, la memoria della quantità prevista, il modem deve avere la velocità richiesta e così via). In secondo luogo, il venditore quasi sempre, oltre a garantire la bontà del prodotto al momento dell’acquisto, garantisce anche che questa si mantenga nel tempo, per un periodo solitamente di uno o due anni. Questa è la “garanzia” più conosciuta nella pratica, quella per la quale è solitamente necessario essere in possesso dello scontrino o altro documento fiscale comprovante l’acquisto, ed all’esercizio della quale si è legittimati da un apposito tagliando o certificato. Con questa garanzia, detta “di buon funzionamento”, il consumatore è tutelato in caso di rotture successive dell’hardware, ovviamente solo entro il periodo specificato e alle condizioni previste dalla garanzia stessa, che non è obbligatoria per legge ma esiste solo quando “concessa” dal venditore.

OBBLIGATORIETA’ DELL’ASSISTENZA. L’assistenza è dunque, in questo contesto, una cosa diversa, che presuppone un prodotto che funziona a norma di contratto. Essa è un servizio ulteriore al quale il venditore si obbliga, tanto che spesso, nelle vendite di grandi partite di hardware, il contratto di assistenza esiste fisicamente su carta ed è separato da quello di vendita. In realtà, quando il venditore si obbliga all’assistenza, il contratto che viene concluso dalle parti è un contratto misto di vendita e fornitura di servizi, appunto di assistenza nei casi previsti dallo stesso venditore. Al consumatore sembra di pagare, quando prende il computer, solo il prezzo dello stesso, invece, economicamente, nel corrispettivo il fornitore ha calcolato anche il costo, per le sue casse, del servizio di assistenza. A sostanziale parità di prodotti, poi, molti rivenditori o produttori si fanno concorrenza sui servizi di assistenza.

Ad ogni modo, quello che un venditore promette in sede di vendita, ricavabile per lo più dalle condizioni generali (da andare a recuperare, oggigiorno, sul rispettivo sito internet), è per lui obbligatorio. E’ un diritto per il consumatore ricevere l’assistenza promessa al momento dell’acquisto, sia essa telefonica, on-site, via mail, via telefono o in ognuna delle svariatissime forme in cui può essere configurata. Se il consumatore non riceve l’assistenza promessa, può chiedere il risarcimento del danno e, se la mancanza è di fondamentale importanza nell’economia del contratto, può chiederne anche la risoluzione, restituendo l’oggetto acquistato ed avendo indietro i soldi.

LA TUTELA NEI SERVIZI GRATUITI. Un punto debole dei servizi gratuiti, ad esempio quelli di accesso alla rete, è tradizionalmente l’assistenza. Ma sono obbligati ad erogarla, visto che il servizio viene erogato senza costo? Anche in questo caso bisogna vedere le condizioni contrattuali: se le stesse prevedono il diritto all’assistenza, il consumatore può pretenderla. Bisogna capire che il contratto di accesso gratuito in realtà non è senza costo alcuno, perché in cambio dell’accesso il provider guadagna il diritto ad utilizzare i dati personali dell’utente, per inviargli pubblicità, per effettuare indagini di mercato e altre cose del genere. Il consumatore,quindi, se non paga in danaro, paga comunque, fornendo utilità diverse al provider. Per questo motivo, ha diritto a che il provider esegua le prestazioni che aveva promesso. Se queste non vengono fornite, egli ha diritto di ottenere, quantomeno, la cancellazione dei propri dati personali e probabilmente anche il risarcimento del danno subito, ad esempio, per non aver potuto accedere alla propria casella di posta.

COME TUTELARSI IN CONCRETO. Al di là delle forme in cui viene erogata l’assistenza, peraltro, il consumatore che non riesce ad ottenere una risposta soddisfacente o risolutiva del problema dal venditore sarà bene che smetta di telefonare o inviare mail, destinate a perdersi in quelli che talvolta sono veri e propri “buchi neri”, ma ricorra ad una tradizionale raccomandata a ricevuta di ritorno, da inviare alla sede legale del venditore stesso (anche questa quasi sempre ricavabile dal sito Internet del produttore o, in mancanza ma anche per maggior sicurezza, dagli sportelli della Camera di Commercio), in cui oltre a lamentare la mancata erogazione del servizio di assistenza prospetta di adire le vie legali in caso lo stesso non sia ripristinato ed erogato, almeno nel suo caso, entro un certo termine. Nel caso di acquiste di grosse partite hardware, è sempre consigliabile pagare a rate: in caso di prestazioni assai deludenti del servizio assistenza, si può persino legittimamente interrompere il pagamento, ovviamente non senza inviare anche in questo caso una preventiva raccomandata a ricevuta di ritorno in cui si dice che il pagamento viene sospeso solo ed esclusivamente per mancanza erogazione del servizio di assistenza di cui costituisce il corrispettivo.

quando il lettore zip ha vita limitata

Nel mese di settembre del 1998 acquistai presso il mio abituale fornitore uno ZIP interno NEC. Dopo circa 7 mesi il componente si guastava. Portato tutto dal fornitore lo ZIP veniva tempestivamente cambiato ed in meno di un’ora tornavoa casa con il nuovo componente. Ma anche questo l’8 febbraio 2000, dopo circa 8 mesi, si è nuovamente guastato! Così tornavo dal fornitore chiedendo la riparazione in garanzia non era essendo ancora passato un anno dall’ultima riparazione. Il tecnico mi rispose che non era possibile poiché la garanzia di un anno dall’acquisto era scaduta. Ma è giusto questo? In verità non vorrei avere più a che fare con la NEC, ma visto che ho acquistato ben mezzo milione di lire in cartucce Zip, usabili solo con il predetto componente, sono costretto a rivolgermi sempre a loro… (Luciano, via mail)

Il caso evidenziato dal lettore è interessante perché oltre al problema, tradizionale, delle garanzie tocca evidentemente anche quello degli standards tecnici e dei formati hardware e software. La garanzia azionata in occasione del primo guasto è la cosiddetta “garanzia di buon funzionamento” prevista come solo eventuale dal codice civile e solitamente prestata non dal rivenditore ma dalla casa produttrice. Non è la garanzia che il prodotto sia assente da vizi di origine, che è invece per legge sempre e comunque presente per qualsiasi cosa si acquisti, ma è la garanzia che il prodotto, immune appunto da vizi, rimanga tale o comunque funzionante per un certo periodo di tempo.

quando la scheda non funziona

In occasione dello scorso Natale mi fu regalata una scheda GE forge annihilator pro 256 della Creativeacquistata con regolare fattura. Dopo sole 48 ore la scheda si bruciò. Il rivenditore la spedì alla “Casa costruttrice”. Dopo circa 2 mesi mi reinstallarono una “nuova” (credo..) scheda video senza alcun onere a mio carico. Dopo 15 giorni di utilizzo si bruciò anche la seconda. Riportata sempre dal medesimo rivenditore mi fu detto che la scheda sarebbe stata rispedita e sostituita ma che le spese di spedizione sarebbero state a mio carico. A questo punto avevo pensato di cambiare tipo di scheda passando dalla Ge forge della Creative a quella della ASUS pagando naturalmente la differenza. Il rivenditore mi ha detto che non potrò fare questo “cambio” dal momento che la Ge forge Creative, spedita completa di tutta confezione, è ritornata indietro senza la scatola e di conseguenza lui non la può più rivendere… Francamente temo che continuerò ad aver grossi problemi con questo tipo di scheda. E se si bruciasse ancora? E le varie garanzie? (Emanuele da Cremona, via mail)

L’acquirente di un bene mobile, come una scheda video, è tutelato da varie garanzie previste per lunga tradizione dal nostro codice civile, rafforzate dalla legislazione speciale sopravvenuta in materia di tutela del consumatore. Ovviamente, nel nostro caso, visto che la scheda è stata regalata, le garanzie spetterebbero al primo acquirente, ma le stesse possono ugualmente essere esercitate dal nostro lettore. Ad ogni modo, il venditore è per legge tenuto a garantire che una cosa sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso cui è destinata ovvero che sia priva di qualità essenziali per l’uso della cosa stessa o che comunque erano state promesse al momento della vendita (come nel nostro caso ad esempio la quantità di memoria, la risoluzione, etc.). Solo se espressamente previsto – ma di solito per i prodotti industriali è sempre previsto – si applica anche la garanzia di buon funzionamento, che è una cosa diversa da quella di assenza dei vizi. La garanzia di assenza dei vizi tutela il compratore contro i difetti di origine e lo garantisce che la cosa appunto non ne presenta. La garanzia di buon funzionamento non copre, invece, i difetti di origine, ma quelli sopravvenuti per effetto dell’uso, cioè garantisce che la cosa, immune da vizi al momento della “nascita”, resti tale per un certo periodo di tempo (solitamente un anno o due, nei prodotti informatici).
Il problema principale del caso descritto dal lettore è quello di individuare, però, la vera causa delle bruciature della scheda. Questa, infatti, può essere buona e la rottura essere tecnicamente dovuta ad un problema del computer del lettore! Oppure può essere difettosa la scheda, cioè troppo “delicata”, in modo tale da poterla considerata affetta da vizi ai sensi del codice civile. E’ chiaro che in tale secondo caso al lettore spetterebbe il rimborso integrale del prezzo pagato, a sua discrezione, che dovrebbe anche essere immediato. Ma il problema in casi come questi è quello di come fare nella pratica. Intentare una causa, anche se per importi così bassi, sarebbe anche possibile, ma poi bisognerebbe acquisire addirittura una consulenza tecnica, con costi provvisoriamente a carico del consumatore, di un ingegnere informatico sulle cause dei guasti! Morale della favola: meglio cercare di trattare.

il venditore è tenuto a consegnare copia del software venduto e la doc?

Il venditore è tenuto a consegnare su supporto esterno alla macchina copia del software venduto ed i manuali di installazione e d’uso? Fino a quando il venditore è tenuto a rispondere dei vizi dell’oggetto della compravendita, se questi vengono scoperti trascorso il termine della garanzia? Antonio Deiana – Iglesias (Cagliari).

Per rispondere alle domande del lettore, soprattutto per quanto riguarda la garanzia per i vizi, è necessario fare qualche premessa sulla natura del contratto con il quale si ottiene la disponibilità di un software. Bisogna precisare cioè che, in realtà, non si tratta di un contratto di compravendita, come generalmente si pensa.
Il software, infatti, non è un bene materiale che possa essere compravenduto come … una mela; è, si dice, un bene intellettuale o immateriale o, ancora, un’opera dell’ingegno.
Quanto “acquistiamo”, insomma, il sistema operativo windows98, il centro del nostro interesse non è il pezzo di plastica sul quale esso si trova riprodotto ma quel complesso di istruzioni logiche coordinate tra loro che, adeguatamente installate, consentono di far funzionare un computer con processore Intel.
Per questo il software non può mai essere venduto, ma rimane sempre proprietà del suo creatore o della società che ha da questi acquistato i diritti.
Quando si prende un software, in realtà si stipula un contratto con il quale la società titolare del diritto di copyright acconsente a che di quel software venga effettuata una ulteriore copia per l’uso del cliente. E’ per ciò che, correttamente, si parla di licenza d’uso: con essa, il proprietario del software appunto acconsente a che altri ne faccia uso e impone che ciò avvenga entro determinati termini (ad esempio, impedendo che del programma vengano fatte ulteriori copie, se non per scopi di backup interno).
Secondo la legge italiana, in conclusione, il contratto con cui si “prende” un software deve essere classificato come una locazione di bene immateriale. Proprio come chi ha necessità di un appartamento lo prende in locazione da chi ne è proprietario, per restituirglielo al termine del contratto, così il software viene preso in locazione da chi ne rimarrà pur sempre titolare e deve sempre essere utilizzato secondo le prescrizioni del medesimo.
Per tali motivi, non esiste un obbligo generico di consegnare su supporto esterno alla macchina copia del software nonché i manuali di installazione e di uso. Correntemente questo avviene per ovvie ragioni di comodità, ma le parti sono liberissime di concordare diversamente. Pertanto, spetta al cliente pretendere di avere queste cose nel momento in cui decide per la conclusione del contratto. Certamente se, una volta deciso in questo senso, il venditore non consegna il materiale, esso è inadempiente e può persino essere convenuto in giudizio.
Per quanto riguarda, invece, i vizi del software preso in concessione, non si applicano le regole in tema di vizi della cosa compravenduta appunto perché, come si è visto, il contratto non è una compravendita, bensì una locazione (ciò ovviamente per quanto concerne il software, non invece per gli eventuali vizi dei supporti magnetici, anche se raramente ci sono problemi da questo ultimo punto di vista). In conclusione, comunque, per conoscere i termini della garanzia circa il software occorre avere riguardo alle condizioni previste dalla licenza d’uso del software stesso. In mancanza, esiste pur sempre la possibilità, per l’utente di un applicativo, di appellarsi all’obbligo che la legge italiana impone al locatore di conferire al cliente una cosa idonea all’uso per cui è destinata e di mantenerla in tale stato per tutta la durata del contratto. E’ ad ogni modo il concetto stesso di “vizio” che, applicato al software che è un bene intellettuale, mostra i propri limiti o comunque le proprie peculiarità. Un bug, ad esempio, a differenza dei vizi che si incontrano nei beni materiali, è una specie di vizio “in serie”, perché si trova su tutte le copie del software, nessuna esclusa e questo è un fenomeno che non ha corrispondenza nel mondo dei beni materiali e che evidentemente richiede, per essere gestito, regole diverse.

gli acquisti a distanza

Che cos’hanno in comune gli acquisti fatti per corrispondenza, tramite il classico catalogo, e quelli, oggi più che mai di moda, attraverso Internet ? Semplicemente che in entrambi i casi si compra “a scatola chiusa”. Sia che si basi su di un catalogo che su di una pagina web, l’acquirente ordina, in tali ipotesi, un prodotto che non ha potuto avere in mano neanche per un istante, per meglio considerarlo, valutarlo, eventualmente provarlo. Per tali ragioni, la legge lo tutela maggiormente.
In materia si applica infatti il Decreto Legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, che ha attuato una direttiva dell’Unione Europea (85/577). E’ infatti previsto che in tutti i casi in cui un acquisto avviene “per corrispondenza o, comunque, in base ad un catalogo che il consumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza dell’operatore commerciale” si applichino una serie di garanzie.
Innanzitutto, il consumatore ha il diritto di recedere dal contratto entro 7 giorni dal ricevimento della merce. In questo modo, egli, in caso di “sorprese”, può tutelarsi pretendendo la restituzione di quanto già pagato o, alternativamente, rifiutandosi di pagare. Ovviamente, entro il termine stabilito dalla legge dovrà anche restituire, integra, la merce nel frattempo consegnatagli. La restituzione deve avvenire entro una settimana, salvo che non sia stato previsto diversamente nel contratto.
Per rendere ancora più efficace la protezione del consumatore informatico, è previsto che egli sia avvertito, in tutti i casi in cui acquista beni per corrispondenza, dell’esistenza e delle caratteristiche del diritto di recesso. Infatti, non tutti possono essere in grado di conoscere i propri diritti. Inoltre, tale avvertimento deve essere contenuto in una clausola redatta per iscritto con l’uso di particolari caratteri tipografici, in modo da distinguersi in modo evidente dal corpo del testo. Nel caso in cui il contratto non sia tale da informare il consumatore circa i suoi diritti, allora il termine per esercitare il recesso diventa di 60 giorni, al posto dei 7 previsti in via ordinaria.
Per esercitare il diritto di recesso è sufficiente spedire, entro il termine valevole nel caso concreto, una raccomandata a ricevuta di ritorno alla sede legale della società venditrice. Il termine, comunque, decorre dalla sottoscrizione del contratto oppure, se la merce viene consegnata successivamente (come succede quasi sempre), dalla data di ricevimento della stessa. Il recesso si può anche esercitare tramite fax, però in questo caso deve essere “confermato” (cioè deve successivamente essere spedita una lettera uguale, ovvero lo stesso fax) via raccomandata a ricevuta di ritorno entro le 48 ore successive. Solo se lo prevede espressamente il contratto, è sufficiente, per esercitare il recesso, restituire la merce.
Infine, bisogna ricordare che in tutti i casi in cui si applica la tutela del diritto di recesso e l’impresa venditrice si comporta scorrettamente (ad esempio rifiutandosi di restituire il prezzo nel frattempo pagato) non solo è possibile promuovere una causa civile per vedersi riconosciuti i propri diritti, sempre e comunque nel proprio luogo di residenza, ma all’impresa viene applicata una sanzione amministrativa (la cosiddetta multa) da un milione di lire a dieci milioni.

COSA DICE LA LEGGE Art. 12 della legge sulle vendite fuori dai locali commerciali “Per le controversia civili inerenti all’applicazione del presente decreto la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore.”

le garanzie del consumatore

“E se poi non funziona?”. C’é da scommettere che la stragranda maggioranza degli acquirenti di hardware si pone, almeno una volta nella vita, questa domanda, magari con in mano la scheda appena acquistata, oppure addirittura in contemplazione del nuovo personal fresco di negozio. Del resto, é senz’altro vero che quello informatico é un settore dove le famose “ciofeke” sono tutt’altro che rare…
Ovviamente, non mancano rigorose garanzie di legge. Il venditore deve innanzitutto garantire l’assenza di vizi nella cosa; quindi é responsabile del possesso, da parte della cosa, della cosiddette qualitá promesse, cioé delle caratteristiche che sono state indicate come sue proprie; deve, poi, solitamente assicurare non solo che la cosa sia immune da vizi e presenti le caratteristiche concordate, ma che ció duri nel tempo. A queste garanzie si affianca quella cui é tenuto il produttore, che puó essere chiamato a risarcire i danni che siano derivati agli utilizzatori a causa di difetti del prodotto, ma che riguarda, ovviamente, i casi limite.

Vediamo, quindi, un po’ piú in particolare le garanzie cui é tenuto il venditore, anche con riguardo ai modi e ai tempi per farle valere.
A) Garanzia contro i vizi occulti. Il venditore deve, innanzitutto, garantire che la cosa, appena venduta, funzioni e non presenti vizi che ne diminuiscano il valore o comunque impediscano in tutto o in parte che possa essere utile. Se, quindi, una scheda, un monitor, una tastiera, un mouse o qualunque altra cosa, appena portati a casa dal negozio, non funzionano, questa é la garanzia da far valere. Il difetto deve essere denunciato al venditore entro 8 giorni dalla scoperta. In tal caso, é bene, cosí come per le altre garanzie, utilizzare per la denuncia la raccomandata a ricevuta di ritorno. Per impianti informatici di un certo rilievo, puó essere opportuno usare la forma dell’intimazione a mezzo di Ufficiale Giudiziario. Una volta fatta la denuncia, se il venditore non adempie, é necessario agire in giudizio contro di lui entro un anno, altrimenti si perde ogni diritto.
B) Garanzia delle qualitá promesse. E’ quella che si puó far valere quando, ad esempio, viene venduto per modem con velocitá di 28.800 un modem che, in realtá, marcia solo a 14.400; oppure un Pentium 75 é stato spacciato dal venditore per un nuovo P166. La differenza con la garanzia precedente sta nel fatto che in questi casi la cosa venduta non presenta in realtá nessun difetto e funziona benissimo. Peró non presenta le caratteristiche che erano state concordate. Anche in questo caso, occorre denunciare la scoperta della mancanza di qualitá entro 8 giorni per poi agire, se del caso, entro un anno dalla denuncia.
C) Garanzia di buon funzionamento. Questa é la garanzia “per eccellenza”, quella alla quale corre automaticamente il pensiero quando si parla di “garanzia” senza ulteriori specificazioni. Serve a proteggere dai guasti che si verificano in una cosa che, pur essendo in piena regola al momento dell’acquisto, si deteriora in seguito. Mentre le prime due forme di garanzia sussistono sempre e comunque, quest’ultima peró si ha solo quando é stata espressamente rilasciata dal venditore (salvi gli usi in materia). Solitamente, nella garanzia stessa sono previsti i termini e i modi per farla valere (che spesso prevedono la spedizione di un tagliando alla casa produttrice). In mancanza, la denuncia del guasto deve avvenire entro 30 giorni dalla scoperta e l’azione contro il venditore inadempiente deve poi iniziare entro i 6 mesi successivi.

Come si vede, quindi, la legge italiana in materia di tutela dell’acquirente é completa e rigorosa.
I problemi, peró, possono nascere ugualemente quando il venditore chiamato in garanzia intende di fatto sottrarsi ai suoi obblighi; in tal caso, non resta altro che iniziare una causa civile della probabile durata minima di… quattro o cinque anni, nel corso della quale il compratore dovrá anticipare ogni spesa. In questi casi, ovviamente, si decide di andare avanti per lo piú quando la cosa é divenuta una questione di principio, mentre in tutti gli altri si preferisce, pur avendo sostanzialmente ragione, abbandonare. Una buona soluzione a questa situazione potrebbe essere quella di stipulare, al momento dell’acquisto dei pezzi piú “importanti”, una apposita scrittura privata di compravendita (le classiche “2 righe”), la quale preveda, in caso di controversia, la decisione da parte di arbitri, giudici privati nominati ad hoc in base a regole prestabilite, tra i quali magari inserire un informatico.

COSA DICE LA LEGGE ART. 1512 cod. civ. “Se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta, il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al venditore il difetto di funzionamento entro 30 giorni dalla scoperta sotto pena di decadenza. L’azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta. Il giudice, secondo le circostanze, puó assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni. Sono salvi gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento é dovuta anche in mancanza di patto espresso”.

acquistare all’estero

La “voglia” di acquistare all’ estero è sempre più forte per i consumatori di prodotti informatici, grazie soprattutto alla diffusione delle reti telematiche, che consentono anche a piccole aziende di essere presenti in qualsiasi parte del globo, e a comodi sistemi di pagamento internazionalmente accettati. I prezzi, poi, sono spesso più bassi rispetto a quelli praticati in Italia.
Ma è effettivamente conveniente acquistare all’ estero? Non c’e’, in altri termini, il rischio di perdere, come contropartita, la possibilità di far valere la garanzia del prodotto in caso di suo malfunzionamento e di ottenerne la riparazione gratuita, come si può invece solitamente fare per i prodotti che si acquistano in “patria”? Gli strumenti informatici sono infatti come tutti sanno prodotti particolarmente delicati e le fasi dell’ assistenza e della garanzia post-vendita sono tutt’ altro che trascurabili.
In effetti, i problemi per chi acquista all’ estero possono essere diversi.
Il fatto è, innanzitutto, che non sempre quando si stipula un contratto con un’ azienda straniera la legge applicabile è quella italiana: si tratta di un fenomeno che può verificarsi anche, per la verità, quando si acquista in Italia (il contratto di utilizzo di windows95, ad esempio, è regolato dalla legge dello Stato di Washington), ma che ovviamente è più facile incontrare se si acquista all’ estero. Se si acquista, ad esempio, una scheda madre in Francia, per le modalità con cui è stato concluso il contratto, potrebbe risultare applicabile allo stesso la sola legge francese con il risultato che il consumatore italiano si troverebbe “spiazzato” nel dover invocare l’ applicazione di una legge che non conosce e nel non poter invece far conto sulle regole di tutela del “suo” codice civile italiano..
In materia, la legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato (il cui testo è consultabile presso http://infosistemi.com/jura/codex) richiama le disposizioni della Convenzione di Vienna sulle obbligazioni contrattuali. Questa contiene alcune disposizioni particolari per i contratti conclusi dai consumatori, quindi anche per gli acquisti di hardware e software. Tale tutela si applica, come al solito, solo agli acquisti conclusi dai consumatori, cioè da privati cittadini o da imprenditori e professionisti ma non nell’ esercizio della loro attività. In questi casi si possono avere due ipotesi: o le parti scelgono direttamente la legge da applicare al contratto, nel senso che indicano in modo esplicito che il contratto, ad esempio, deve essere regolato dalla legge francese, oppure non effettuano alcuna scelta. Nel primo caso, la Convenzione stabilisce che, pur applicandosi (seguendo l’ esempio), la legge francese, il consumatore può sempre invocare l’ applicazione delle norme fondamentali poste a sua tutela. Nel secondo caso, invece, il consumatore è più tutelato perchè è stabilita l’ applicazione della legge dello Stato nel cui territorio il consumatore risiede.
Bisogna quindi innanzitutto fare attenzione alle clausole dei moduli d’ ordine che indicano la legge applicabile al contratto e, se possibile, inserire direttamente la legge italiana in luogo della diversa legge prevista. In mancanza della possibilità di inserire una legge, si può sempre fare affidamento sull’ applicazione di quella italiana: infatti, il consumatore è tutelato perchè anche in caso di scelta di una legge straniera il giudice deve applicare le norme italiane fondamentali in materia di tutela del consumatore che, come abbiamo detto, sono per l’ Italia state introdotte con la legge comunitaria 1994.
I giudici di tutti gli Stati che hanno firmato la Convenzione di Vienna sono obbligati a seguire le sue prescrizioni: ciò comporta che se un italiano acquista a Parigi un computer e successivamente cita davanti al Tribunale della stessa città la ditta venditrice per malfunzionamento dello stesso, il giudice francese deve applicare la legge italiana (così come avverrebbe per un consumatore francese che acquistasse un prodotto informatico a Roma: il giudice italiano dovrebbe applicare il diritto francese). Lo scopo, infatti, della Convenzione è proprio quello di tutelare il consumatore facendo sì che egli, anche negli acquisti internazionali, possa sempre fare affidamento sulle regole giuridiche a lui familiari.
Con questo però si viene alle c.d. “note dolenti”: nonostante i notevoli progressi e le garanzie previste, rimane sempre un problema instaurare una causa all’ estero o in Italia contro uno straniero. Infatti, il problema è sempre quello dei costi della giustizia e, quand’ anche si riesce ad ottenere una decisione favorevole, quello dei modi in cui far sì che essa sia rispettata, non potendo certo gli ufficiali giudiziari italiani (cioè gli organi competenti a ottenere l’ esecuzione delle sentenze quando i destinatari non vi si conformano spontaneamente) esercitare i loro poteri al di fuori dello Stato che glieli ha conferiti. Per tali motivi, spesso si preferisce, nonostante prezzi e imposte maggiori, acquistare in Italia mentre la scelta dell’ estero viene per lo più utilizzata da chi se la sente di fare affidamento sulla fortuna, ritenendo che un po’ di rischio in più valga la contropartita di un minor prezzo.