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Meglio la privacy o la moglie?

sono sposato da nove anni, un paio di anni fà mi sono iscritto ad un sito d’incontri inviando mie foto, in seguito ho bloccato l’account, nei giorni scorsi l’ho sbloccato, senza abbonarmi, un’amica di mia moglie ha notato il profilo e gliel’ha riferito e con questo io e mia moglie abbiamo avuto da dire, chiedo se questo comportamento, dell’amica, sia lesivo della privacy.

L’uomo contemporaneo é alla costante ricerca di risposte, mentre invece – in questi giorni sto sempre più riflettendo che – avrebbe bisogno di capire, tutto all’opposto, quali sono invece le domande che si dovrebbe fare.

Una vicenda come questa mi sembra dimostrare in maniera palmare come oggigiorno ci si fissi un po’ troppo spesso a guardare il dito che indica la luna, senza riuscire a vedere la luna stessa.

Molti vivono aspettando un segno, aspettando che qualcosa indichi loro una strada da percorrere, ma il problema spesso non sembra essere la mancanza di segni, bensì la nostra capacità di leggerli.

Ecco perché il counseling, come dico spesso, è una pratica che riguarda più le domande che le risposte, perché non propone contenuti ma aiuta semplicemente le persone a porsi le domande più funzionali.

Una delle cause più demenziali che ho affrontato nella mia ormai più che ventennale carriera di avvocato era quella che era stata intentata contro una mia cliente da una insegnante che era stata colta ad usare il cellulare durante l’orario delle lezioni, cosa vietata dal regolamento, e che aveva subito perciò una sanzione disciplinare, perché appunto era stata denunciata in questo dalla mia cliente.

In quel caso, mi meravigliai moltissimo che la mia controparte avesse trovato un avvocato disposto a sostenere una causa completamente sballata come quella, contraria al famoso ABC del diritto, che si concluse poi infatti con la condanna dell’attrice anche per lite temeraria.

Ancor prima che in diritto, la logica elementare ti dice che se fai una cazzata la colpa è tua che hai fatto una cazzata, non è colpa di chi quella cosa la fa evidenziare presso altre persone.

Se io, ad esempio, andassi a commettere una rapina, una persona mi vedesse e mi denunciasse alle autorità, io finissi in carcere in base ad una condanna emessa dalla magistratura italiana, una volta uscito dal carcere potrei forse fare una causa di risarcimento danni a quella persona che mi ha denunciato? Cioè la vera colpa della mia incarcerazione è di quella persona che mi ha denunciato o è del fatto che io sono andato a commettere una rapina?

Come ti dicevo, qui siamo proprio a livelli di logica elementare non anche di quello che dispone la legge o meno: sono cose che ognuno di noi dovrebbe capire da solo senza bisogno di consultare un avvocato o un qualsiasi altro professionista.

Naturalmente questi sono solo esempi, sono analogienper spiegare e illustrare il tessuto logico di certe curiosità che a mio giudizio sono poco funzionali.

Qual è dunque la sostanza della cosa?

A me pare che se tu sei andato sul sito di incontri essendo regolarmente sposato ci sia qualcosa da sistemare a livello di coppia o comunque da valutare e che questo sia l’aspetto importante, mentre invece non ci sono particolari disfunzionalità per quanto riguarda le amicizie di tua moglie essendo abbastanza normale che, se un’amica vede il marito di un’altra su un sito di incontri, lo posso a segnalare.

Tra l’altro tieni in considerazione che questa segnalazione avrebbe potuto essere anche completamente anonima, i mezzi tecnologici per farlo ci sono oggi e ci sono sempre stati anche in passato.

Il mio non è affatto un giudizio morale o etico, anzi non è nemmeno un giudizio. Per me ognuno può fare quello che vuole, solamente non penso che si possa essere felici con delle situazioni irrisolte o poco chiare, quindi mi pare che questo che ti è capitato sia un segno della necessità di un approfondimento del rapporto con tua moglie, qualsiasi esito possa puoi avere questo approfondimento. Esso infatti può sfociare in un chiarimento come anche potenzialmente in una separazione ma credo che i propri nodi sia giusto affrontarli.

Dopo questa lunga e a mio giudizio doverosa premessa, vengo anche a fare alcune considerazioni sulla domanda che mi avevi fatto originariamente.

Sono considerazioni generali, perché come dico spesso il mondo del diritto è fatto molto più di valutazioni e approssimazioni che di certezze. Anche per questo, è inutile andare a lambiccarsi il cervello con questioni giuridiche che per loro natura sono quasi sempre più incerte che certe e che poco peraltro hanno a che vedere con la sostanza del problema.

Una valutazione, una considerazione che c’è da fare è che nel momento in cui tu hai accettato di pubblicare i tuoi dati e la tua foto sul sito di incontri hai anche accettato che questi dati fossero accessibili alla generalità del pubblico, tra cui non solo tua moglie ma anche le sue amiche, così come qualsiasi altra persona che avesse avuto accesso.

Non si trattava, dunque, di un dato riservato, ma di un dato contenuto in un elenco accessibile a tutti. É vero probabilmente che per poterlo vedere sarebbe stato necessario iscriversi al sito di incontri, ma la iscrizione è anche vero che è aperta a tutti quindi secondo me il dato giuridicamente va considerato pubblico.

Per questi motivi, salvo maggiori approfondimenti, che mio giudizio non vale assolutamente la pena di fare, per i motivi che ho detto prima, a mio giudizio si farebbe fatica a rilevare una violazione delle regole in materia di riservatezza in un fatto del genere.

Se vuoi approfondire maggiormente, cosa che io ti sconsiglio, puoi valutare di acquistare una consulenza, altrimenti, cosa che io invece ti consiglierei, puoi valutare un percorso di counseling per poter focalizzare meglio come gestire situazioni del genere e quali nodi eventualmente ci sono da sciogliere.

Iscriviti se non lo hai già fatto al blog ea radio solignani podcast per non perdere aggiornamenti quotidiani come questi che non trovi da nessun’altra parte.

Riferimenti.

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diritto

Nuovo figlio: cambia l’affido del vecchio?

Ho una figlia di 4 anni e mi sono sposata da poco tempo con un uomo che non è suo padre.
Con il padre di mia figlia siamo separati legalmente da dicembre 2017.
Se volessi un figlio dal mio nuovo marito, a cosa andrei incontro, considerando che il padre di mia figlia cerca sempre di mettermi i bastoni tra le ruote?
Ora abbiamo affidamento congiunto della piccola, con tempi di frequentazione quasi paritari.
Potrebbe cambiare qualcosa se avessi un altro figlio!? Potrebbe cercare di togliere il collocamento della bimba presso di me?

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counseling diritto news

Ascolta radio Solignani podcast!

Un nuovo podcast.

Questa è la prima puntata, o episodio, del podcast degli avvocati, mediatori, counselor dal volto umano, collegato al mio blog: radio Solignani.

Se non lo sai, un podcast è una trasmissione audio alla quale ci si può abbonare tramite una apposita app, per ascoltarla sul computer, cellulare o tablet.

Radio solignani podcast, in realtà, essendo integrata nel blog, è ascoltabile in due modalità:

  • quella classica, con cui si è sempre consultato il blog, collegandosi allo stesso e poi facendo clic sul lettore audio contenuto nel corpo dell’articolo, proprio come quello che dovresti vedere qui sotto o sopra…
  • tramite un software di ascolto di podcast, tra cui ad esempio principalmente iTunes, Google Podcast, Spotify, ecc.; il vantaggio in questo secondo caso è quello della possibilità di abbonarsi.

Nel mio podcast, parlerò di casi concreti e darò, come da mia tradizione, risposte a domande fatte dai lettori del blog, domande per lo più di tipo giuridico ma anche relative alla famiglia, alla coppia, al counseling, compreso quello tarologico (su cui torneremo presto), alla salute, allo stile di vita paleo, ecc..

Vi invito sin da ora ad iscrivervi, cliccando sull’indirizzo del podcast: https://blog.solignani.it/feed/podcast/

Ma perché un podcast, non bastavano gli articoli scritti?

Facendo partire questo nuovo mezzo di comunicazione, spero di esplorare nuove possibilità espressive.

Specialmente nel campo dei problemi legali, di coppia o personali ci sono alcuni aspetti che si possono spiegare meglio a voce che con un testo scritto e credo davvero che alcune cose riuscirò davvero a trasmetterle molto meglio.

Oltre a questo, trascorro sempre meno tempo davanti ad un computer da scrivania e sempre più tempo, invece, con un cellulare, dove è più comodo registrare un messaggio vocale piuttosto che digitare una risposta scritta. Ricevendo sempre tantissime domande dagli utenti – considera che ad oggi nel blog ho dato risposta a oltre 4000 domande, sono tantissime – non voglio nemmeno rimanere troppo indietro e voglio cercare invece di riuscire a dare almeno uno spunto, una prima analisi, un primo orientamento a tutti.

Come mandare domande al podcast?

Se vuoi anche tu sottoporre il tuo caso per ricevere una risposta all’interno del podcast, puoi farlo tramite il solito modulo di contatto.

Al momento infatti funziona così: gli utenti mandano le domande sempre nel solito modo, cioè per iscritto, poi decido io in seguito, sia a seconda del problema oggetto della domanda (che può essere trattato meglio per iscritto o a voce, ad esempio), sia della situazione in cui mi trovo nel momento in cui ricevo la domanda (se sono lontano da un computer da scrivania per un po’ di giorni posso decidere ad esempio di rispondere comunque tramite il podcast e viceversa), se rispondere nel modo classico, cioè tramite un testo scritto, oppure con una nota vocale, creando dunque un nuovo episodio del podcast.

Puoi mandare le tue domande anche tramite un semplice messaggio vocale whatsapp. É sufficiente fare un vocale all’account whatsapp dello studio per ritrovarti la risposta dopo qualche giorno all’interno del podcast. In questo caso, non inserire informazioni riservate come nomi e simili.

Perchè questo podcast è unico e diverso da tutti gli altri?

In passato, da amante della radio qual sono, ho provato a seguire alcuni podcast, ma la cosa non ha mai attecchito, credo per due motivi:

  • puntate troppo lunghe
  • discorsi troppo melensi, poco «sul punto» del discorso, saluti, momenti morti, punti noiosi, ecc.
  • scelta degli argomenti non sempre interessante, anzi

Qui le cose saranno diverse. Seguirò la solita formula, che è unica e che non possiede nessun altro blog, nè giuridico nè di diverso tipo (provate pure a cercare con google per vedere), di produrre contenuti al 98% sulla base di domande da parte del pubblico degli utenti. In questo modo, gli argomenti saranno sempre interessanti perché non sono robe astratte inventate da me a tavolino, ma sono i problemi della vita di tutti i giorni che voi stessi mi portate!

Inoltre, cercherò di tenere le puntate molto corte, tendenzialmente di 5 minuti, possibilmente dieci per alcune situazioni che richiedono un trattazione più lunga e qualche aspetto in più, massimo un quarto d’ora. Può darsi, poi, che ci siano puntate speciali di approfondimento, in quel caso gli ascoltatori verranno esplicitamente avvertiti.

Buon divertimento, evviva noi!

Perchè iscriversi, come iscriversi.

Il podcast puoi ascoltarlo semplicemente collegandoti al blog come hai sempre fatto. In ogni articolo, c’è un player o lettore. Se clicchi su play, si inizia a sentire la singola puntata o episodio cui è correlato l’articolo.

Tipicamente, c’è la domanda di un utente del blog scritta nel corpo dell’articolo, cui diamo risposta nella puntata del podcast.

Ma la cosa migliore è, come sempre, abbonarsi in modo da ricevere automaticamente ogni nuova puntata del podcast e, addirittura, usando certe applicazioni come pocket cast, anche una notifica ogni volta che esce un episodio nuovo.

Per seguire il podcast dal volto umano, puoi usare una delle modalità seguenti:

  • se hai spotify, clicca qui; assicurati di fare clic su «segui» o «follow»
  • su google podcast: anche qui assicurati di iscriverti al podcast per ricevere in automatico i nuovi episodi
  • con pocket casts, che per me è la soluzione migliore, disponibile sia per iOS, che Android, che Mac, che Windows…
  • su TuneIn

Perchè pocket casts è la soluzione migliore? Perchè va dappertutto (iOS, Android, Mac, Windows) e persino tramite il web, cioè utilizzando un semplice browser, c’è infatti un web player, tenendo sincronizzata la lista di tutti i podcast che segui, che quindi ti ritrovi identica e a disposizione da qualsiasi dispositivo tu stia accedendo in quel momento.

Inoltre, puoi finalmente attivare le notifiche per sapere subito se un podcast che segui ha rilasciato un nuovo episodio. Questo è molto importante per me, perché senza notifiche come fai a seguire un podcast che sai che pubblica contenuti interessanti?

Le ultime puntate.

Clicca qui per evedere e ascoltare gli ultimi episodi del podcast.

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Divorzio e trasferimento da USA a Italia: si può fare?

Mia figlia risiede in Florida, Stati Uniti, divorziata legalmente, con doppia cittadinanza, ha una bambina di 5 anni, purtroppo ha nostalgia della famiglia, essendo sola, vorrebbe tornare in Italia vicino ai propri genitori, chiedo: può il marito, essendo stato lui a volere il divorzio perché accompagnatosi con altra persona, impedire che madre e figlia possano venire stabilmente in Italia, preciso che nulla osta che lui possa venire a trovarla o la piccola se accompagnata andare dal padre come avviene attualmente.

Il presupposto implicito del problema è che il marito di tua figlia è statunitense e, se lei si trasferisse in Italia, le visite e le frequentazioni della figlia con il padre sarebbero notevolmente compromesse.

Prima ancora di fare considerazioni di merito su una situazione di questo genere, bisogna dire che la problematica non è di facile trattazione, perché probabilmente in materia si ha innanzitutto comunque la giurisdizione dei giudici degli Stati Uniti, prima ancora che quella dei giudici italiani, che va verificata attentamente.

In generale, gli Stati Uniti interpretano peraltro molto largamente le disposizioni a favore dell’esistenza della loro giurisdizione e spesso emettono provvedimenti in anche in situazioni al limite, o dove ci sono già provvedimenti italiani – mi è capitato svariate volte di assistere a cose del genere.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe un adeguato approfondimento per vedere se sussiste la giurisdizione italiana sul punto, cioè il diritto dei giudici italiani di regolamentare la situazione, cosa che per tua figlia rappresenterebbe molto probabilmente un vantaggio.

Ma chiudiamo questa parentesi molto avvocatesca, ma necessaria e completamente «reale», e parliamo un po’ del merito della vicenda.

Chi abbia chiesto il divorzio e per quali motivi non ha alcuna influenza su dove debba o possa stare la bambina, dal momento che è un aspetto relativo ai rapporti della stessa con i genitori.

Se il padre nega il consenso al trasferimento all’estero della madre, l’unico sistema è ottenere l’autorizzazione da parte del giudice.

Prima di arrivare a questo, con tutti i conseguenti problemi di giurisdizione e costo della giustizia (specialmente negli Stati Uniti), è il caso di fare tutti i tentativi possibili di realizzare questa cosa in via consensuale, magari tramite alcune sedute di mediazione familiare.

In effetti, non è poi un caso così raro: seguo un’altra famiglia disgregata con figli che stanno per la pressoché totalità dell’anno in Italia e per le vacanze estive interamente con l’altro genitore a Miami. Pertanto, una soluzione in qualche modo è sempre possibile trovarla.

Un assetto consensuale avrebbe peraltro molti altri vantaggi cioè molta più collaborazione in seguito tra i genitori nonostante la situazione difficile.

Se, tuttavia, nonostante ogni sforzo prodigato in questo senso, non si riuscisse a raggiungere un accordo, non resterà che valutare il ricorso alla magistratura.

Da questo punto di vista, a mio giudizio il «primo passo» da individuare a riguardo, la prima cosa che è opportuna da fare, è un adeguato approfondimento per vedere se possibile adire, in luogo della magistratura statunitense, quella italiana.

Se vuoi un preventivo per questo lavoro, puoi chiedercelo compilando il modulo nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Parità di tempi: linee guida da Brindisi.

Note introduttive.

Il tribunale di Brindisi, da marzo del 2017, ha diffuso alcune linee guida operative che vanno nel senso di garantire la parità di tempi di permanenza dei figli di genitori separati presso ciascun genitore, con conseguente mantenimento diretto.

Mi sembra opportuno ripubblicarle di seguito, mettendole a disposizione di tutti i lettori del blog.

Questo orientamento è in linea con quanto previsto da altri tribunali della Repubblica e con il contratto di governo sottoscritto da Lega e M5S che, in tema di famiglia, è proprio imperniato sulla previsione di riforme anche legislative dirette a realizzare la parità dei tempi e il mantenimento diretto.

Personalmente, prima di lasciarti alla lettura delle linee guida di Brindisi, che, in attesa di riforme legislative, adesso sono un punto di riferimento importante, mi sento di fare le seguenti osservazioni:

  • la realizzazione effettiva della parità di tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore dipende sempre, in ultima analisi, dalla situazione della famiglia e dei suoi singoli membri; se un genitore lavora tutto il giorno, mentre l’altro non lavora o lavora part time credo sia difficilmente ipotizzabile una parità «secca», a meno di non pensare ad onorare così tanto il principio della parità da far stare i figli con una baby sitter pagata dal genitore cui spetterebbero piuttosto che con l’altro che li potrebbe accudire direttamente
  • nella famiglia organica, che si è avuta per secoli prima che la modernità la rendesse una specie rara, a partire dagli anni 70 per lo più, l’organizzazione era fondata proprio sulla divisione dei ruoli, dove il padre svolgeva per lo più lavoro fuori casa, mentre la madre provvedeva alla cura della casa e dei figli
  • il superamento della famiglia organica in nome di una uguaglianza tra i sessi che è, in natura, inesistente, si pone, a mio giudizio, in insanabile e netto contrasto con la biologia dell’uomo e l’antropologia. Fatto questo gigantesco pasticcio, che è stato voluto solo per far entrare la donna nel mondo del lavoro nell’industria, in modo da metterla in concorrenza con l’uomo ed ottenere prestazioni a prezzo sempre minore (come sta avvenendo in questi giorni con la nuova tratta degli schiavi dall’Africa, ben camuffata sotto il politicamente corretto termine delle «migrazioni» e dell’«accoglienza»), le «soluzioni» non possono che essere traballanti pasticci, perché costruite comunque su di un terreno insano
  • la parità dei tempi, oggi così di gran moda, così come l’ascolto del minore, spacciati per grandi conquiste sociali e giuridiche, sono temi che non riescono ad appassionarmi nè a commuovermi in alcun modo: quanto all’ascolto del minore, l’unica cosa che i minori direbbero – se solo trovassero qualcuno disposto ad ascoltarli e, soprattutto aiutarli, davvero – sarebbe che vorrebbero il papà e la mamma dentro ad una stessa casa e innamorati l’uno dell’altro, mentre tutto il resto sono cose di pressochè nessuna importanza («voglio stare più dal papà perché ha la playstation / dalla mamma perché mi porta a fare shopping»)
  • le uniche riforme legislative che mi potrebbero entusiasmare, o comunque quelle di cui ci sarebbe bisogno, sarebbero quelle che partissero dalla constatazione che l’uguaglianza uomo e donna è stato solo un grande inganno, che la famiglia deve essere organica per funzionare bene, con conseguenti ruoli diversi. Mi rendo conto che nel panorama politico, costituzionale e sociale attuale dire queste cose è peggio che bestemmiare la Madonna, ma è la verità e qualcuno deve pur testimoniarla.  Al netto di questo, le vere riforme da fare sarebbero di sostegno alle famiglie, quindi non costruire sistemi sempre più perfetti per organizzare quei fallimenti che sono le separazioni, ma sistemi efficienti e capillari sul territorio per cercare di evitare quanto più possibile le separazione e far sì che le coppie, specialmente quando ci sono dei figli, trovino o ritrovino le motivazioni per continuare a vivere insieme, cosa che ha un profondo valore individuale e sociale, dal momento che le crisi familiari sono un cancro della società.

Sarò fissato, ma l’unica via di uscita per le crisi familiari, sia a livello individuale che sociale, è quello di tornare a lavorare sui cuori. Le novità giuridiche possono essere positive, come in questo caso, ma si lavora qui solo per contenere dei danni. La separazione e il divorzio non sono un «diritto», ma solo un tragico fallimento, così come l’aborto; non sono conquiste ma vergogne: provate a guardare tutto dal punto di vista di chi ne è vittima, cioè i bambini, e tutto sarà completamente chiaro.

Vi lascio adesso alle linee guida di Brindisi. Il testo è quello ufficiale diramato da quel tribunale.

Linee guida per la sezione famiglia del Tribunale di Brindisi

La crisi della giustizia in Italia affonda le sue radici, in generale, essenzialmente nella lentezza dei processi, che spiega la maggior parte delle condanno subite a livello internazionale. Per quanto riguarda il diritto di famiglia il malessere e? aggravato da un insieme di ragioni, principalmente riconducibili a:

  1. a)  la divaricazione tra legge e prassi, per effetto della quale le aspettative create dalla riforma del 2006 (affidamento condiviso) vengono spesso disattese dal provvedimento, per cui chi se ne sente penalizzato tende o a reclamarlo – tornando dal giudice – o a non rispettarlo, ugualmente provocando per iniziativa dell’altra parte un nuovo ricorso alla giustizia;
  2. b)  lo scarsa utilizzazione delle forme alternative di risoluzione delle controversie, a dispetto del loro moltiplicarsi

Per quanto riguarda il punto a), in effetti esistono motivi non secondari per orientare il Tribunale di Brindisi verso una lettura delle norme sull’affidamento che appaia piu? in linea non solo con buona parte della dottrina, ma anche con le indicazioni che giungono dall’Unione Europea, dalle Convenzioni alla quali l’Italia ha aderito, dalle risultanze di accreditati studi scientifici come pure, in t~mpi piu? recenti, dalle ;valutazioni di enti par<;lllelial sistema giudiziario, nonche? interni ad esso. A titolo di esempio, si puo? ricordare che:

Con la risoluzione n. 2079/2015 (firmata anche dall’Italia) il Consiglio d’Europa ha invitato gli Stati membri a: assicurare l’effettiva uguaglianza tra genitori nei confronti dei propri figli (5.3); eliminare dalla loro legislazione qualsiasi differenza tra i genitori che hanno riconosciuto il loro bambino basandosi sul loro stato coniugale (5.4); promuovere la shared residence, definita nella relazione introduttiva n. 13870 “come quella forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione della coppia genitoriale trascorrono tempi piu? o meno uguali presso il padre e la madre” (5.5).

La bonta? e superiorita? del modello realmente (e non solo nominalmente) bigenitoriale ai fini della tutela del superiore interesse del minore trova fondamento in oltre settanta ricerche, di conclusioni concordi, effettuate con metodo longitudinale analizzando centinaia di migliaia di casi (si vedano, tra i piu? recenti review quelli di Linda Nielsen (Wake For~st university, 2014) e quello di Hildegund Suenderhauf (Universita? luterana di Norimberga, 2013). Sono ivi mostrati anche i danni che i minori subiscano per effetto della frequentazione di uno dei genitori per un tempo inferiore a un terzo del tempo totale (come avviene quando un genitore ha contatti con i figli solo a w-e alternati e per un pomeriggio settimanale). Ancora piu? attuale e? poi lo studio di Emma Fransson et al. (Svezia, gennaio 2017) che attesta che i figli allevati in regime paritetico non accusano disagi maggiori dei figli di genitori non separati, a differenza di quanti crescono in affidamento esclusivo. Non a caso l’adozione di modelli paritetici di affidamento e? in netta e costante ascesa nei paesi occidentali e i genitori di livello culturale piu? elevato – e quindi meglio orientati e informati su cio? che giova ai figli – si orientano in misura nettamente maggiore verso le formule di affidamento concretamente bigenitoriali rispetto alle coppie di modesta cultura.

La dottrina (ex multis M. Finocchiaro, Arceri, Costanzo, De Filippis, Maglietta, Russo… ecc.) ha ripetutamente fatto osservare la scarsa fedelta? della giurisprudenza alle norme introdotte dalla legge 54/2006.

– La stessa cosa e? stata fatta notare anche da ufficiali organi di stato o enti da esso accreditati. Si veda, ad es., il giudizio espresso dal MIUR nella circolare 5336 (2 settembre 2015): “va constatato che, nei fatti, ad otto anni dall’approvazione della legge sull’affido condiviso, questa non ha mai trovato una totale e concreta applicazione”.

– Ancora piu? drastica e allo stesso tempo inoppugnabile, basandosi su dati oggettivi, e? la conclusione alla quale giunge l’Istituto Nazionale di Statistica (Report novembre 2016, pag. 13), sulla base di una complessa analisi dei questionari compilati dalle coppie in separazione nel lunghissimo arco di tempo dal 2000 al 2015 – ovvero passando attraverso la riforma del 2006 : “al di la? del! ‘assegnazione formale dell’affido condiviso, che il giudice e? tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto al! ‘affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalita? ai giudici la legge non ha trovato effettiva applicazione” .

  • –  D’altra parte neppure e? possibile sperare che nuovi interventi normativi possano porre argine a tali prassi distorte, visto che, viceversa, finora hanno provveduto piuttosto a confermarle e consolidarle. Ne e? esempio il D.lgs 154/2013 che, modificando le norme sull’affidamento dei figli in assenza di delega (in qualche parte, anzi, in senso opposto alla delega ricevuta) ha, ad es.: introdotto l’obbligo di concordare la “futura” residenza “abituale” dei figli; intaccato il loro diritto ad essere sentiti subordinandolo alla valutazione del magistrato dell’utilita? di farlo; posto l’interesse dei figli di genitori separati in subordine rispetto a quello del coniuge debole nell’assegnazione della casa familiare; e cosi? via.
  • –  Infine, a queste oggettive e convincenti risultanze si affianca la constatazione che anche presso la Suprema Corte non manca chi ammette che la legge prevede altro (ad es., si veda Cass. · 23411/2009, est. Dogliotti: “l’assegno per ilfiglio” puo? essere disposto “in subordine, essendo preminente il principio del mantenimento diretto da parte di ciascun genitore”).

    D’altra parte, per quanto riguarda il punto b), ovvero i metodi ADR che appaiono piu? efficaci e maggiormente consigliabili, non appare ragionevole che, nel momento in cui si pensano e si attivano lodevolmente una quantita? di procedure tutte rivolte al contenimento del contenzioso familiare e/o a una sua soluzione extragiudiziale – dalla negoziazione assistita al rito partecipativo, dal diritto collaborativo alla coordinazione genitoriale – non si pensi di disciplinare e incentivare la mediazione familiare, notoriamente il piu? efficace e sperimentato in ogni parte del mondo di tali strumenti, oltre tutto oggetto da tempo di una precisa sollecitazione sovranazionale. Difatti, gia? dal 1998 la Raccomandazione R (98) 1 del Comitato dei Ministri del Con$iglio di Europa ha fatto notare agli stati membri la necessita? di promuovere con ogni mezzo la Mediazione familiare, sulla base del danno psicologico che i conflitti familiari inducono nella prole, del deterioramento economico che provocano allo stato e del danno sociale che consegue ali’ abnorme dilatarsi del contenzioso.

    Concludendo, questo Tribunale ritiene, in aggiunta agli evidenti criteri di ragionevolezza e logica giuridica evidenziati d quanto precede – che non si possa non tenere conto del fatto che da parte di un numero crescente di magistrati e tribunali e? in atto una costante evoluzione verso una piu? rigorosa e fedele adesione ai principi della riforma del 2006 (tra i vari, Perugia, Catania, Salerno, ecc ), circostanza che “obbliga” questo tribunale a fare una scelta – che non puo? essere che l’adeguamento a cio? che appare meglio argomentato – non potendosi privare i cittadini della certezza dei diritti in merito ad aspetti cosi? delicati come quelli che appartengono alle relazioni familiari.

Per avviare questo processo, che si augura fruttuoso, intende anzitutto sottoporre alle categorie interessate le conclusioni alle quali si e? giunti per superare le principali criticita?

Aspetti operativi principali

Si allega un modulo con le “Istruzioni per l’uso” – redatto in collaborazione con l’avv. Mariella Fanuli e il Prof. Marino Maglietta (ass. Naz. Crescere Insieme) – dei cui contenuti potranno giovarsi qualitativamente le coppie che intendono definire consensualmente un affidamento condiviso dei figli, sia chiedendo al giudice l’omologazione dei loro accordi, sia redigendo il relativo documento all’interno dellaNegoziazione assistita.

I punti essenziali e qualificanti che si raccomanda di rispettare sono:

La residenza dei figli ha valenza puramente anagrafica, mancando qualsiasi differenza giuridicamente rilevante tra il genitore co-residente e l’altro

– Nella stessa filosofia e per le stesse ragioni, i figli saranno domiciliati presso entrambi i genitori

– ‘La scelta della “residenza abituale”, sventuramente collocata attualmente in sede inappropriata, sara? definita con riferimento alla regione o allo stato in cui i figli sono abituati a vivere, al solo scopo di definire il giudice competente in caso di allontanamento unilaterale di uno dei genitori assieme ai figli.

– La frequentazione dei genitori avverra? ispirandosi al principio che ciascun genitore dovra? partecipare alla quotidianita? dei figli, superando l’obsoleta distinzione tra genitore accudente e genitore ludico, che gia? porto?, fino dal 1987 all’introduzione dell’affidamento congiunto (si veda reklazione in Senato del Sen. Lipari). Conseguentemente, ai figli dovranno essere concretamente concesse pari opportunita? di frequentare l’uno e l’altro genitore, in funzione delle loro esigenze, all’interno di un modello di frequentazione mediamente paritetico. Cio? non significa, a parere di questo tribunale, che i figli in ogni caso debbano trascorrere necessariamente tempi identici presso ciascuno di essi. Potra? anche accadere che alla fine di un anno si constati che la presenza di un genitore e? stata (in misura ragionevole) piu? ampia di quella dell’altro, ma cio? deve essere accaduto in conseguenza delle casuali esigenze dei figli in

quell’anno, non per una imposizione legale stabilita a priori. In altre parole, se le cose sono andate cosi?, poteva anche accadere il contrario, con l’unica eccezione di oggettive e dimostrate condizioni di impossibilita? materiale, quale puo? essere, ad es., l’allattamento o una distanza tra le abitazioni tale da non consentire di spostarsi dall’una all’altra in tempi ragionevoli. Questo tribunale e? consapevole del fatto che potra? accadere che un padre fortemente impegnato nel lavoro nei giorni in cui i figli sono rimessi alla sua custodia si appoggi alla famiglia di origine ma, a parte il fatto che la frequentazione degli ascendenti ha una sua tutela anche giuridica essendo considerata costruttiva della personalita?, occorre pensare che non meno “censurabile” sotto questo profilo sarebbe il caso di una madre collocataria che, proprio perche? schiacciata dalla cura esclusiva dei figli, richiede l’aiuto di una baby-sitter: situazioni nei confronti delle quali nessuno ha mai protestato. Quanto meno la presenza equilibrata dei due genitori divide il sacrificio e riduce il rischio di interventi esterni.

Naturalmente gli spostamenti potranno avvenire secondo le richieste dei figli e l’accordo tra i genitori solo se e quando i genitori avranno raggiunto una sufficiente maturita? e messa una sufficiente? distanza dalle ragioni della rottura. Inizialmente – ma anche nel seguito, comunque, per sapere come regolarsi in caso di contenporanei impegni dei genitori – ci sara? un calendario con tempi equilibrati. Il modulo ne da? un paio di esempi.

Assegnazione della casa familiare. La soppressione della figura del “genitore collocatario”, non previsto dalla legge, semplifica anche il problema dell’assegnazione della casa familiare, fonte delle piu? aspre e durature contese, per il frequente coinvolgimento degli interi gruppi familiari. Adesso se la frequentazione e?, secondo legge, equilibrata e continuativa con entrambi i genitori la casa resta al proprietario senza possibilita? di contestazioni. Se appartiene ad entrambi si valutera? quale sia il costo della locazione di un appartamento di caratteristiche simili e al genitore che ne esce verra? scontato il 50% di tale cifra nel calcolo del mantenimento.

Quanto al mantenimento, dal comma I dell’art. 337 ter e.e., che anticipa e si salda con il successivo comma IV, discende che ciascun genitore deve assumere una parte dei compiti di cura dei figli, restando obbligato a sacrificare parte del proprio tempo per provvedere direttamente ai loro bisogni, comprensivi della parte economica. Cio? vuol dire che la forma privilegiata dal legislatore, alla quale questo tribunale si uniforma, e? quella diretta, non potendosi ritenere assolti i doveri di un genitore dalla fornitura di denaro all’altro (forma indiretta) mediante un assegno che deve restare residuale, con valenza perequativa, e limitato ai casi in ‘cui per l’abissale distanza delle risorse economiche (ad es., famiglia monoreddito) non sia possibile compensare le differenze di contributo attribuendo al genitore piu? abbiente i capitoli di spesa piu? onerosi.

Quanto alle “Spese straordinarie”, data l’estrema opinabilita? della loro classificazione (esiste una miriade di protocolli per definirle, tutti piu? o meno diversi tra loro), questo tribunale ritiene che sia piu? corretto e convincente adottare il criterio suggerito dalla Suprema Corte con decisione 16664/2012, che divide le spese non in ordinarie e straordinarie, ma in prevedibili e imprevedibili, evitando l’attuale confusione tra le spese effettivamente imprevedibili e quelle non quotidiane (tipo spese scolastiche), ma prevedibilissime. Pertanto appare corretto e funzionale assegnare in partenza le spese prevedibili all’uno o all’altro genitore per intero in funzione del reddito e stabilire che le imprevedibili verranno divise a momento in proporzione delle risorse. –

L’ascolto del minore. Per effetto delle modifiche introdotte all’art. 337-octies e.e. dal D.lgs 154/2013 in eccesso di delega, questo subordina oggi l’ascolto del minore almeno dodicenne ad una valutazione del giudice che cio? non sia “manifestamente superfluo”. Al di la? delle perplessita? che suscita una valutazione che dovrebbe avvenire prima di averlo sentito, cioe? senza sapere cosa potrebbe voler dire, l’art. 315 bis attribuisce al minore il diritto all’ascolto senza condizionamenti. Pertanto, dovendosi necessariamente scegliere tra due prescrizioni incompatibili, essendo la fonte della seconda norma il Parlamento stesso (Legge 219/2012) non si puo? optare che per la versione di cui all’art. 315 bis e.e. In pratica quanto meno l’ascolto, se richiesto, non puo? essere negato.

Infine, per incentivare il ricorso alla mediazione familiare si inviteranno le coppie a inserire il ricorso a tale strumento nell’ipotesi di contrasti insorti successivamente.

Concludendo, le presenti linee guida si collocano certamente in un contesto sociale che conserva vecchi retaggi e tradizionali attribuzioni di ruolo. Pertanto si e? ben consapevoli che gli obiettivi che si prefiggono non saranno raggiunti immediatamente, ma richiederanno un certo tempo. D’altra parte, iniziare appare indispensabile, se si pensa che dall’introduzione dell’affidamento congiunto sono trascorsi 30 anni e la giurisprudenza e? variata solo nominalisticamente. Ma soprattutto se si pensa che le norme, invece, sono cambiate, per cui la scelta per il giurista non puo? essere che a loro favore.

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Problemi legali: lavorare sul cuore.

Uno dei più grossi problemi e probabilmente la più grande contraddizione del settore legale è che chi deve affrontare un problema legale, specialmente se di famiglia, avrebbe bisogno, quasi sempre, di lavorare sul cuore, mentre viene indirizzato, o tende spontaneamente ad andare, da un avvocato, che è un «dottore della legge», cioè, sostanzialmente, un burocrate, che il cuore spesso non lo pensa nemmeno.

Per questo la gente per lo più odia gli avvocati: loro arrivano con un cuore che gronda sangue ed implora aiuto e comprensione, nel qui ed ora, ma si sentono parlare di regole, norme, codici, leggi, circolari, procedure, riti, libri – finendo dunque per considerare gli avvocati come altre forme di vita, certo non benevole, sicuramente poco umane.

Chi ascolta davvero i propri clienti, chi li vuole davvero aiutare, capisce sempre che l’unico lavoro che può aver senso è quello sui cuori e sulle radici emotive dei conflitti.

Solo che è molto più impegnativo.

Riparare il cuore

Il lavoro sul cuore è molto difficile, molto più lungo e delicato, specialmente oggigiorno, dove la pressoché totalità delle persone manca di consapevolezza, presenza e coscienza, e in particolare in quelle situazioni di conflitto che si trascinano da tempo, con rancori, pregiudizi e basse vibrazioni reciproche.

Il lavoro sul cuore, inoltre, richiede un cliente genuinamente disponibile a lavorare su se stesso e, spesso, anche una controparte, dal momento che, se parliamo di conflitti, ci sono più persone coinvolte.

Chi riesce a fare, nonostante tutte queste difficoltà, questo tipo di lavoro e ripagato dalla molta maggiore soddisfazione e serenità che ricava alla definizione del suo problema e da un «salto» come persona, cioè da un suo notevole miglioramento personale, che lo rende in grado di prevenire ulteriori conflitti nella sua vita e di vivere con più consapevolezza e in modo più pieno.

Come avvocato e mediatore familiare, propongo sempre l’alternativa tra i due tipi di lavoro ai miei clienti, lasciando che siano loro a decidere, valutando anche le mie indicazioni sulla praticabilità, nella situazione e con le persone coinvolte, del lavoro sul cuore.

Se anche tu sei coinvolto in una situazione di conflitto, contattaci o chiedici un preventivo compilando i moduli appositi nel menu principale del blog.

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diritto

Figlio che vuole trasferirsi dal padre: come fare?

il figlio più grande di mio marito (15 anni) ha chiesto ad entrambe i genitori, in un incontro congiunto da lui richiesto, di potersi trasferire da noi (da 5 anni lui e suo fratello di 11 anni vivono con la mamma a seguito di separazione e successivo divorzio), mantenendo comunque i rapporti con la mamma come erano quelli con il padre (1 we si ed uno no e 1 giorno a settimana). Viviamo in due paesi distanti 18 km e lui ha chiesto, ovviamente, anche di cambiare scuola. Mio marito ed io ci siamo subito detti favorevoli, mentre la madre si oppone chiedendo un perizia psicologica per il ragazzo (che è stabilissimo psicologicamente) volendo però stare lontana da avvocati e tribunale perché non “ha soldi per pagare». Mio marito ha trovato una psicologa specializzata in problematiche adolescenziali e ha chiesto a lei di comunicare la sua volontà al ragazzo: lei si rifiuta di farlo. Come ci si può comportare per evitare traumi al ragazzo che è stressatissimo?

Mi sembra evidente che ci si trovi di fronte ad una mamma che, per mille motivi magari che al momento non possiamo indagare, ma tra i quali potrebbe annoverarsi anche il timore di perdere un mantenimento, non vuole proprio sentirci.

Ad ogni modo, le strategie non sono molte, o meglio la strategia può essere solo una, molto semplicemente.

In prima battuta, dovete provare a invitare la madre davanti ad un mediatore familiare, per vedere se possibile instaurare un percorso di una o più sedute in cui discutere di persona il problema e trovare una soluzione concordata.

Nel caso in cui ciò avvenisse e si raggiungesse un accordo, bisognerebbe poi formalizzarlo tramite un accordo in house, per maggiori dettagli sul quale rimando alla scheda relativa.

Se la madre non venisse alla mediazione familiare, oppure, pur partecipando, non si raggiungesse nessun accordo, l’unica soluzione per determinare il cambio delle condizioni sarebbe un ricorso appunto per modifica condizioni, in cui chiedere, in prima battuta, l’audizione del figlio di 15 anni che vuole trasferirsi dal padre.

Ovviamente se la cosa si potesse definire tramite un accordo davanti al mediatore sarebbe preferibile per svariati motivi, dunque vale la pena investire un po’ di tempo, attenzione e denaro in questo tentativo.

Solo se la mediazione dovesse fallire, si potrebbe considerare il passaggio alla fase successiva.

Se vuoi un preventivo, sia per la fase di mediazione che per quella di ricorso in giudizio, puoi chiederlo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Modifica condizioni affido in tribunale: cosa può succedere?

Il padre di mio figlio si è rivolto al Tribunale civile per chiedere riduzione dell’assegno di mantenimento e modifica degli orari e dei tempi di visita del minore.
Puo ottenere qualcosa?
Ad oggi c’è un provvedimento del tribunale dei minori che tutela ampiamnete i diritti di visita padre figlio
inoltre a seguito di un percorso di mediazione familiare sono stati già modificati in senso ampliativo orari e giorni

Grazie per la stima, ma purtroppo non sono in grado di prevedere cosa possa decidere un giudice, specialmente senza aver nemmeno letto il ricorso introduttivo e aver visto il fascicolo del procedimento.

Messe da parte le utopie, l’unica cosa che ha senso fare in una situazione come questa è cercare di preparare la miglior difesa possibile, con l’assistenza di un bravo avvocato, per cercare di ottenere le migliori condizioni di affido nell’interesse di tuo figlio, che può essere siano quelle attuali, quindi il loro mantenimento, oppure condizioni in parte diverse da quelle attuali.

Ovviamente, anche un compromesso con il padre potrebbe essere una buona soluzione, per evitare di trascinare la lite per molto tempo e con molte spese.

È un peccato che sia stato abbandonato il percorso della mediazione familiare, dove forse si sarebbero potuti concordare cambiamenti accettati da entrambe le parti, senza bisogno di andare davanti ad un giudice.

Se vuoi un preventivo per la fase di assistenza nel procedimento di modifica condizioni, puoi richiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Portare un figlio all’estero: ricorso o mediazione familiare.

sono mamma di un bimbo di 15 mesi, in procinto a separarmi dal padre. Attualmente sono borsista di dottorato in italia ma mi è stato offerto un trasferimento in america (in una città dove ho vissuto precedentemente presso una famiglia che mi darebbe sostegno) con la possibilità poi di continuare la carriera lì e avere uno stipendio 5 volte superiore a quello mediamente riscontrato qui in italia (inoltre qui in Italia è praticamente impossibile che io riesca a trovare il medesimo lavoro e quindi progredire nel mio campo). I miei genitori inoltre verrebbero ogni anno per qualche mese per aiutarmi. Il padre attualmente è restio al mio trasferimento con il piccolo, quante sono le possibilità che questo mio progetto vada in porto? Come devo muovermi?

Hai due possibili approcci per gestire una situazione del genere, che, almeno in parte, possono essere utilizzati anche contemporaneamente e in parallelo.

Il primo è quello tradizionale dell’utilizzo degli strumenti legali «tipici» e consiste nel fare ricorso alla magistratura, che sarà congiunto se, in qualche modo, il padre dovesse convincersi, con conseguente regolamentazione completa dell’affido, oppure contenzioso.

Con un ricorso di tipo contenzioso chiederesti al giudice di autorizzarti a portare stabilmente all’estero tuo figlio nonostante il dissenso del padre.

Il secondo approccio è quello di utilizzare la mediazione familiare. Con la mediazione, si crea un contenitore di dialogo in cui il problema può essere affrontato appunto cercando di raggiungere un accordo con l’altro genitore interessato.

Lo svantaggio del primo approccio è quello di essere sicuramente abbastanza più costoso. Per contro, è l’unica scelta che avresti se, ad esempio, non ci fosse verso di far partecipare il padre di tuo figlio ad un percorso di mediazione familiare.

Il secondo metodo è sicuramente preferibile per molti versi, però richiede più pazienza e, sotto certi versi, anche tempo. Ma questo investimento di pazienza e tempo può dare frutti molto ricchi e interessanti, perché le condizioni che scaturiscono dalla mediazione familiare sono poi molto più rispettate, nelle famiglie disgregate, rispetto a quelle imposte da un tribunale – proprio perché concordate, sia pur a volte faticosamente, tra i genitori.

Ti consiglio di rivolgerti ad un avvocato che, come noi, sia anche mediatore familiare per tentare, in prima battuta, di avviare il «contenitore» della mediazione familiare, per poi vedere se possibile praticare questo approccio ovvero, in caso negativo, procedere con l’altro, di tipo più tradizionale giudiziale, che può passare attraverso una trattativa con un altro avvocato – un processo purtroppo molto più «ingessato» della mediazione – e, eventualmente, nel deposito di un ricorso per ottenere dal giudice quell’autorizzazione che il tuo ex compagno non ti vuole concedere spontaneamente.