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curiosità sul patto di quota lite

Un saluto. Premessa: non sono legale e neppure tanto informato! Relativamente a quota lite;su varie ipotesi, potreste indicarmi se sono plausibili: 1) vado da un avvocato e gli parlo della quota lite; mi dice di rivolgersi ad un altro avvocato magari xchè impegnatissimo 2) quota lite vuol dire stipulare un contratto col proprio legale, quindi ci si può scrivere di tutto; sta al committente trovare la formula soddisfacente ad entrambi (o committene e avvocato insieme) 3) sul contratto di quota lite posso scrivere (in parole povere): dunque la causa può fruttare 30.000 euro. Bene se si vince il 10% va a te avvocato, se si perde …. ipotesi1: non ti do nulla, ipotesi2: ti do molto meno del 10% sopra indicato (per es. 300 euro) – un rischio calcolato da parte dell’avvocato 4) il contratto deve essere un vero contratto o se ci si fida anche un accordo orale (qui qualcuno magari sogghigna)? 5) con la quota lite l’avvocato può sentirsi maggiormente stimolato?

1) Può essere benissimo, deve essere d’accordo anche lui sull’adozione di questo regime tariffario. Personalmente, quando non mi piace usare la quota lite non dico che sono impegnato ma propongo un sistema alternativo, senza problemi, poi decide il cliente se gli va bene ugualmente o meno.

2) Sì, naturalmente con i limiti previsti dalla legge, che non si possono richiamare ora in questa sede, diciamo però che c’è molta flessibilità e che gli accordi possono essere diversi.

3) Sì certo.

4) Il contratto di quota lite va fatto per iscritto per legge, quindi se un avvocato ti dice che basta l’accordo orale non mi sembra molto serio. Noi facciamo tutto per iscritto – basta oggigiorno anche solo la mail – anche i preventivi.

5) Dipende dalla materia oggetto della pratica. Ci sono alcune materie che si prestano particolarmente bene alla quota lite, anche quasi per tradizione, come i sinistri stradali o la responsabilità medica, mentre altre che cozzano fortemente, come le separazioni o i divorzi ad esempio. Io non sono un appassionato di quota lite, personalmente, al di fuori delle ipotesi della responsabilità civile o delle divisioni o di poche altre, però dipende dai casi e sono sempre assolutamente disposto a discuterne. L’importante è parlarne, chiaro che se una persona è disposta a dividere le perdite ma non i guadagni, come quelli che a volte capitano che vorrebbero darti il recupero credito impossibile a quota lite con spese totalmente a tuo carico, come se ti facessero un favore, difficilmente troverà dei soci in affari!

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ancora chiarimenti sul patto di quota lite

Nel patto di quota lite, se non è espressamente previsto, l’avvocato può pretendere il pagamento del compenso stabilito in percentuale a prescindere dall’esito della controversia? In realtà mi chiedo se il legale potrebbe chiedermi il pagamento del suo onorario e delle spese sostenute, oltre quelle già anticipate, nel caso di mancato incasso concreto inputabile alla controparte. Le chiedo, infine, conferma della possibilità di prevedere nel patto tale circostanza inserendo una evntuale percentuale minima a copertura delle spese sostenute dal suddetto legale. La ringrazio anticipatamente e le chiedo la cortesia di rispondermi tempestivamente, dovendo firmare un conferimento d’incarico professionale lunedì 17 dicembre. (Paolo, via mail)

Non per cattiveria, ma noi rispondiamo sempre con i nostri tempi, anche per rispetto e pari trattamento di tutti quelli che mandano una domanda, salvo solo gli utenti donor che vengono messi in cima alla lista o coloro che ci conferiscono un incarico professionale, che, pagando, hanno diritto ad una risposta la più tempestiva possibile.

Per quanto riguarda il patto di quota lite, come abbiamo già scritto altre volte, si tratta di un sistema tariffario assolutamente nuovo e, per il momento, molto libero e poco disciplinato, per cui c’è molta elasticità e dipende in grande parte da come si accordano le parti. Paradossalmente, ad oggi, il patto di quota lite è molto più libero e deregolato in Italia di quanto avviene negli Stati Uniti, dove viene praticato da decenni. Per quanto concerne il punto specifico posto dal lettore – cioè se la percentuale sia dovuta anche in caso di vittoria del procedimento ma senza il conseguimento concreto del pagamento – anche in tale occasione dipende da cosa pattuiscono le parti in ordine alla definizione di ricavo. E’ sicuramente, comunque, un punto da stabilire e disciplinare in tutti i patti di quota lite, essendo un aspetto fondamentale di questo sistema tariffario. Nella nostra versione, ad esempio, normalmente, e salvo diversi accordi sul punto, il patto di quota lite comprende, oltre allo svolgimento del giudizio di merito, fino a numero due tentativi di esecuzione, quindi il cliente è tutelato dal fatto che il tetto di spesa massimo di questo regime tariffario rimane anche oltre il primo giudizio, cosa che per ragioni di chiarezza è molto importante. In caso di mancato conseguimento del ricavato, poi, per effetto di insolvenza del debitore, si possono varie svariate scelte, tutte legittime: si può prevedere che la percentuale sia dovuta ugualmente, che sia dovuta una percentuale più bassa, che sia dovuto un compenso fisso a forfait, che il patto di quota lite decada e il legale possa applicare le tradizionali tariffe. Dipende, sempre, insomma, da come si accordano le parti sul punto.

Il contratto di quota lite è un contratto complesso, assolutamente complesso, destinato a regolare un rapporto professionale che può durare anche 7, 9 ma anche 10 anni, ragione per cui va stilato in modo attento, oculato e completo, spendendoci qualche tempo ad esaminarlo e capirlo bene prima di sottoscriverlo.

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come distinguere tra spese documentate e non documentate?

Ho visto che i vostri sistemi tariffari del patto di quota lite e del compenso a forfait sono basati sulla distinzione tra spese documentate e spese non documentate, ma come si fa a distinguere tra le due categorie?

Tutti i nostri sistemi tariffari escludono le spese documentate, perché in quasi tutti i casi non si possono predeterminare e quindi le dobbiamo tenere «fuori» dal nostro compenso che, altrimenti, rischierebbe in alcuni casi di venire integralmente mangiato dalle stesse.

Ad ogni modo, le spese documentate sono ad esempio il contributo unificato, una tassa che si paga al momento di iniziare una causa, solitamente in misura variabile a seconda del valore della causa stessa, le marche da bollo che dovessero essere necessarie durante il procedimento (ad esempio, al momento del deposito della causa in Tribunale va applicata una marca da 8€), le spese di tecnici, quelle ad esempio della perizia medico legale di parte, e della Consulenza Tecnica d’Ufficio, le spese postali, come ad esempio per l’invio di raccomandate e simili e quelle per le marche di notifica.

Più in generale, sono tutte quelle spese appunto “documentate” in quanto portate da un documento specifico che ne indica l’ammontare. Di queste spese, lo studio chiede sempre il rimborso al cliente, dal momento che si tratta appunto di spese vive che non hanno niente a che fare con i compensi che vengono concordati.

Le spese non documentate invece sono tutte le altre spese che non sono portate da un documento specifico e di cui sarebbe impossibile chiedere un rimborso in modo specifico. Esempi di spese non documentate sono quelle per il carburante per andare alle udienze, di telefono, fax, linea adsl per le comunicazioni via posta elettronica, energia elettrica e così via. Di queste spese non verrà mai chiesto alcun rimborso al cliente, per scelta contrattuale dettata in realtà anche dall’impossibilità di quantificare il consumo di tali risorse in relazione ad ogni singola pratica.

Le spese documentate invece devono essere rimborsate dai clienti, in tutti i nostri regimi tariffari, sia quello tradizionale, dove la rimborsabilità è prevista dalla legge, sia nel patto di quota lite, nella versione da noi proposta, sia nella determinazione del compenso a forfait.

Un particolare tipo di spesa documentata, che in realtà è per sua natura non documentate ma che contrattualmente facciamo rientrare nell’altra categoria, è il contributo per gli accessi agli uffici. Chiediamo 5€ a forfait tutte le volte che andiamo, per la pratica, a fare un accesso presso un ufficio, come ad esempio per depositare un ricorso, richiedere o ritirare delle copie e così via.

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chiarimenti sul patto di quota lite

Sono una studentessa iscritta al quarto anno della facoltà di Giurisprudenza. Vorrei anzitutto complimentarmi con il vostro sito che ho avuto occasione di conoscere poco tempo fa, svolgendo una ricerca di approfondimento sul patto di quota lite introdotto dal decreto Bersani. Ho trovato l’argomento molto interessante ed il materiale trattato sul sito notevolente chiaro e dettagliato. Vorrei tuttavia porle due quesiti che riguardano proprio l’abolizione del divieto di questo patto; vorrei in primo luogo chiederle se è ammesso dalla legge italiana concordare patti di quota lite pari il 50% o se esistono limiti percentuali da rispettare. Inoltre, supponendo che la parte committente (che non ha momentaneamente soldi) stipuli un PQL con il legale,il quale si impegna a difenderlo in una causa di risarcimento danni da promuovere contro un soggetto che poi verrà condannato in un secondo momento dal tribunale al pagamento di un’ingente somma,vorrei cortesemente chiederle cosa accade nel caso in cui il soccombente non abbia soldi per risarcire il danno. Contro chi potrà agire il legale? (Anna, via mail).

Quando mi arriva una domanda sul pql sono sempre lieto di rispondere perchè si tratta di una forma di tariffazione completamente nuova sia per il nostro ordinamento che, soprattuto, per la nostra mentalità di avvocati. Noi abbiamo iniziato a sperimentarla, con cautela e dopo una analisi la più approfondita possibile dell’esperienza di altri ordinamenti, come quello USA, dove il pql è in vigore da più tempo, ma , come tutte le cose nuove, ci sono sempre aspetti da vagliare e soprattutto assimilare.

Il pql viene normalmente considerato, piuttosto volgarmente, come una specie di “scommessa” cui partecipa anche il legale sull’esito di una lite, ma le eventualità che possono accadere quando si inizia una pratica, anche solo stragiudiziale, sono tantissime e il fenomeno non si può assolutamente ridurre a questo.

Grazie per i complimenti che fai al blog, anche io te ne faccio per essere riuscita a individuare alcuni aspetti interessanti del pql e magari ti invito a restare in contatto e a mettere qualche commento sui nostri articoli in materia, o anche a questo stesso, così ci aiuteremo reciprocamente ad approfondire man mano questo istituto.

Vengo adesso ai tuoi quesiti.

Per quanto riguarda la percentuale, non esiste un tetto fissato algebricamente, ma solo il fatto che il codice deontologico prevede che comunque quello che il legale guadagna tramite il pql sia in qualche modo proporzionato al lavoro svolto, a tutela questo naturalmente dell’utente. Abbiamo già parlato di questo in un altro post, che ti invito a leggere. Quindi dipende dai casi e dall’attività necessaria e gli abusi, almeno sul piano deontologico, dovrebbero essere scongiurati, anche se ne rimane sempre il pericolo e, in caso si verifichino, anche la difficoltà di valutazione, dal momento che che il pql, nonostante tutto, porta sempre con sè quantomeno un minimo di aleatorietà, per la quale il legale può giustamente pretendere un compenso maggiore che sotto altri regimi tariffari; in altri termini, una percentuale maggiore può essere, almeno parzialmente, giustificata da un certo rischio circa il buon esito della vertenza.

Per ciò che concerne il mancato percepimento effettivo, quindi il mancato raggiungimento effettivo del risultato concreto desiderato dal cliente, per colpa del fatto che, ad esempio, la controparte pur condannata a pagare è divenuta insolvente o è stata dichiarata fallita o simili, è una eventualità che deve essere prevista e regolata nel contratto con il quale si stipula la quota lite, insieme a tutte le altre vicende che possono intervenire nel corso del rapporto. Le parti possono, al riguardo, stabilire quello che vogliono e cioè che, in caso di mancato incasso concreto, il legale non percepisca nulla, che venga pagato, ma in base alle tariffe o con un compenso a forfait, oppure che il cliente gli debba ugualmente la percentuale originaria o una frazione della stessa. Fa parte della negoziazione iniziale e comunque anche la valutazione in ordine alla solvenza della controparte è una valutazione che il legale incaricato deve fare, non solo per sè stesso in ordine a come determinarsi nella stipulazione della quota lite, ma anche per il proprio cliente, con il quale deve essere chiaro ed al quale deve fornire tutte le informazioni e dare tutte le valutazioni disponibili in materia, essendo corretto fino in fondo.

Noi abbiamo definito un modello piuttosto articolato e complesso di pql, ma non chiedermi di mandartelo perchè fa parte del nostro know-how di studio e vorremmo per mantenerci competitivi che rimanesse tale il più possibile, che regola tutte queste questioni, lasciando naturalmente alla negoziazione volta per volta delle parti la facoltà di definirle come meglio credono. Il pql comunque è un accordo complesso e deve prevedere tutto quello che può succedere durante un rapporto di assistenza che, nel nostro ordinamento, può durare anche 7 o 8 anni.

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il patto di quota lite e le spese

Il patto di quota lite, nel caso di esito positivo del giudizio, costituisce l’onorario complessivo (spese legali/bolli/etc.etc) da corrispondere al legale oppure, come nel caso di esito sfavorevole del giudizio (almeno credo), le spese devono essere conteggiate a parte? (Sergio, via mail)

Non ho capito bene la domanda, comunque il pql, nella nostra versione “alla Solignani”, che corrisponde in questo a quella più diffusa negli USA, funziona così: la parte assistita paga, durante il corso del giudizio, tutte le spese documentate che si rendono man mano necessarie e quindi il contributo unificato, le marche, il costo delle perizie e così via, mentre non paga alcun compenso al proprio legale, se non, in alcuni casi, un versamento unico iniziale. Per le spese non documentate – come ad esempio telefono, fax, benzina, carta, etc. – l’assistito non dovrà pagare niente. Al termine del giudizio, se questo è vittorioso, il compenso del proprio legale sarà calcolato in ragione percentuale su quanto ricavato, sia per capitale che per spese legali.

Facciamo un esempio. Poniamo che Tizio ci incarichi di recuperare 10.000 euro, come recupero credito. Facendo con lui un pql, Tizio pagherà subito il contributo unificato previsto per questo scaglione, la marca notifica, le spese notifica e così via. Se il procedimento si concluderà con l’effettivo recupero del credito, il debitore avrà pagato 10.000€ più interessi più magari rivalutazione monetaria più spese legali. Tutto questo viene assommato, magari si arriva a 15.000€ poniamo, e su questi 15.000 si calcola il compenso del legale, nella percentuale concordata inizialmente: se, ad esempio, del 10%, il compenso del legale sarà di 1.500€.

Il pql ha una duplice funzione: quella di consentire all’assistito di sapere che non andrà a spendere nulla di più delle spese documentate, in caso di sconfitta, e quella di “interessare” maggiormente il legale all’esito positivo del giudizio, in modo che si formi, sulla singola questione, quasi una “società” tra l’assistito e il suo legale, cosa che ha anche una non trascurabile importanza psicologica per la parte assistita.

Attenzione ad un aspetto importante, tuttavia: il pql riguarda solo ed esclusivamente il compenso da corrispondere al proprio legale. Se il giudizio è negativo e termina cioè con una sconfitta, la parte potrà essere dal giudice condannata a rimborsare, in tutto o in parte, le spese sostenute dall’avversario e in tale caso queste spese dovranno essere pagate, appunto nella misura determinata dal giudice. Questa è una incognita residua nel fare contenziosi che non è possibile eliminare, da parte dell’avvocato scelto dalla parte, perchè dipende dall’esito del giudizio e dalla decisione del giudice. L’unico modo per non essere esposti al rischio di condanne di questo genere è quello di disporre di una valida forma di tutela giudiziaria, che non smetteremo mai di consigliare, assai caldamente, a tutti quelli che ne sono ancora sforniti: procuratevene una subito!

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il patto di quota lite e le tasse

Il patto quota lite si deve intendere al netto o al lordo dell’IVA e della cassa professionale forense? (Michela, via mail)

Noi solitamente lo intendiamo al netto, nel senso che ciò che viene pattuito è che la parte assistita corrisponderà come compenso allo studio una determinata percentuale, ad esempio il 10%, oltre IVA e CPA calcolati sulla stessa e nella misura che sarà vigente di legge al momento della liquidazione. Tuttavia, sul punto c’è la libertà più assoluta, quindi nulla vieta di concordare con un cliente una percentuale che sia da considerare già comprensiva di IVA e CPA. L’importante è essere molto chiari sul punto, innanzitutto, e, in secondo luogo, scriverlo altrettanto chiaramente nel contratto di quota lite che, per legge, come è noto deve essere redatto per iscritto.

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il patto di quota lite graduato e con i minimi in caso di sconfitta

Dopo otto anni di contratti collaborazione coordinata e continuativa, poi a progetto, ho deciso di rivolgermi ad un legale per richiedere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato o in alternativa un indennizzo economico. Il mio avvocato mi ha proposto un accordo con il patto di quota lite e più precisamente:
– in caso di insuccesso il suo compenso sarà pari al minimo tariffario oltre le spese;
– in caso di un risultato economico nella fase stragiudizale il suo compenso sarà pari al 20% + IVA oltre le spese sostenute;
– in caso di un risultato economico nella fase giudizale il suo compenso sarà pari al 30% + IVA oltre le spese sostenute.
Ipotizzando che con una transazione si possa ottenere un massimo di 50 mila euro, ritiene che un tale accordo possa essere proporzionato all’impegno che dovrà sostenere il mio avvocato? Se in fase giudiziale venisse riconosiuta l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, e quindi ci fosse il reintegro senza il riconoscimento di nessuna indennità economica, quale sarebbe il compenso del mio avvocato? Mi sembra eccessivo che su una transazione di 50 mila euro il mio avvocato si trattenga 15 mila euro di compenso, per un totale di 18 mila euro con iva. Non sono pratico di cause legali e non conosco il tariffario forense, quindi non mi rendo conto se in un caso simile mi convenga optare per l’applicazione delle tariffario o sottoscrivere l’accordo.

Grazie della domanda, che è per me molto interessante e mi offre l’occasione di riflettere su un tema che mi sta molto a cuore. Il patto di quota lite non va tanto valutato in termini di equità, quanto di pura convenienza. Solitamente si sceglie la quota lite perchè non si intendono investire molte risorse economiche, cioè soldi, in un determinato contenzioso, non disponendo di elevata liquidità, e dunque per avere la certezza che più di tanto non si andrà a spendere instaurando una certa vertenza, mentre tutto quello che si sarà ricavato sarà spartito. Per quanto riguarda la percentuale di ripartizione, non ci sono, nel patto di quota lite vero e proprio, criteri o considerazioni di equità da fare, perchè ad esempio una percentuale che apparentemente può sembrare alta in realtà può essere giustificata dal rischio, che si assume l’avvocato, di lavorare anni senza prendere nulla, in caso appunto di esito negativo della lite o della vertenza. La quota lite non è mai valutabile in termini di equità, esattamente così come non lo è una scommessa sportiva, che si può vincere o perdere ma mai vincere e perdere a metà e dove se uno perde molto non può dire che non è giusto perchè ha perso esattamente quello che ha puntato e che, specularmente, avrebbe vinto se fosse andata bene.

Ciò premesso, c’è da dire che l’accordo proposto dal suo legale al nostro lettore stesso non è, almeno a mio giudizio, una vera e propria quota lite, ma piuttosto assomiglia al vecchio “palmario”, previsto per gli avvocati anche prima delle riforme Bersani. In sostanza, con questo accordo il legale viene comunque pagato bene – non si pensi che i minimi tariffari siano così bassi: dopo anni di causa applicando i minimi si tratta sempre comunque di parcelle di diverse migliaia di euro – mentre in più ha un premio se la cosa ha una soluzione positiva. Mi sembra, in conclusione ed a parte la sua qualificazione, un po’ troppo sbilanciato a favore del professionista, specialmente considerando che si spalma su una materia particolare come quella dei diritti del lavoratore e non, ad esempio, su un recupero credito tra aziende.

Il fatto è che, come ho avuto occasione di dire anche recentemente (il post è stato effettuato su it.diritto e non è al momento ancora stato riprodotto nel blog), negli USA oggigiorno il patto di quota lite è molto più regolamentato che da noi, dove ognuno lo interpreta come vuole. Nella versione “alla Solignani”, quella che abbiamo definito e stiamo praticando nel mio studio, c’è un versamento unico iniziale, variabile a seconda del caso e delle circostanze e che viene proposto dopo averli esaminati, una percentuale finale e niente altro, escluse naturalmente le spese documentate, che vanno rimborsate. In un caso affrontato un paio di mesi or sono abbiamo avuto occasione di stipulare un patto di quota lite per una vertenza simile a quella del nostro lettore, anche se più complicata, dal momento che era stata messa di mezzo anche una società di intermediazione, pratica che richiedeva anche lo svolgimento di indagini difensive, attività stragiudiziale molto utile ma anche piuttosto impegnativa e il nostro “preventivo” è stato il seguente, lo riporto per far vedere le differenze tra i vari modi di intendere la quota lite:

– 500€ come versamento unico iniziale;

– 20% del ricavato finale (quota lite);

– spese documentate (bolli, raccomandate e simili) man mano affrontate;

In questo modo i nostri clienti sapevano di spendere solo la somma di 500€ e che non avrebbero più speso nulla, a parte le pochissime spese documentate che ci sono nel processo del lavoro che è esente da imposte, per poi partecipare alla distribuzione del ricavato finale. In questo modo, credo che possa valer la pena, altrimenti non ha molto senso e probabilmente, se si vuole usare il criterio dei minimi tariffari, si può trovare un legale che accetti di fare tutto il procedimento con i minimi tariffari sia che si perda sia che si vinca, senza palmario, oppure sulla base di una determinazione del compenso a forfait, come ad esempio 300€ per ogni anno o frazione di anno di durata del contenzioso.

Concludo osservando solo che, al di là del sistema di tariffazione, bisogna anche valutare la bravura del professionista. Nel caso del nostro lettore, l’accordo economico mi pare più sbilanciato a favore del professionista, ma se questi è un professionista in gamba e in grado di risolvere i problemi può valer la pena ugualmente concluderlo, piuttosto che cercarne uno più a buon mercato che però magari non sa quello che sta facendo. Aggiungo solo che si trovano professionisti bravi che hanno tariffe più contenute, ma non è sempre così facile trovarli sulla propria piazza.

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la percentuale della quota lite in base a cosa si decide?

Il mio legale mi ha proposto di stipulare un patto di quota lite sulla base del 30% del ricavato finale. E’ giusta questa proporzione, io avevo sentito parlare che di solito si trattava del 10% (Paolo, via mail).

Non esiste un criterio di riferimento generale, dal 5% al 50% sono percentuali praticate correntemente, poi possono esserci anche ulteriori eccezioni, sia in ribasso che in rialzo. L’unico parametro è posto in materia del codice deontologico degli avvocati che stabilisce, a tutela dell’utente, che la percentuale deve essere proporzionata “all’attività svolta“. Quindi, in sostanza, bisogna far riferimento all’attività che è necessario svolgere per portare avanti e a compimento una determinata pratica, al tempo necessario e al presumibile ricavo finale. Considerati questi elementi, anche una percentuale del 50% può essere del tutto congrua, come nel caso ad esempio in cui vi sia da recuperare un credito, poniamo, di 3.000€ e sia necessario procedere in via giudiziale. Viceversa, nel caso in cui vi sia da dividere una eredità di valore complessivo milionario o da recuperare un credito, di probabile incasso, di valore di un milione di euro, la percentuale sembra da doversi reputare congrua in misura molto minore.

Va tuttavia evidenziato che non è solo l’importo o il valore della pratica che deve essere considerato, ma anche la rischiosità della stessa, le probabilità di esito positivo finale e, tutto sommato, il lavoro necessario per portarla a conclusione. A volte, poi, ci sono anche motivi inerenti la situazione dell’assistito che rendono per lui più utile la quota lite, come ad esempio una situazione di scarsa liquidità temporanea.

In sostanza, il consiglio è quello di farsi fare sempre una proposta dal legale e poi discuterne insieme i vari aspetti, dando corso alla quota lite solo quando si è soddisfatti dell’intesa raggiunta e optando, invece, per il sistema tradizionale tariffario in caso contrario.

 

 

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come faccio a sapere com’era composta un’eredità?

Un mese fa è venuta a mancare mia nonna, la quale, per testamento, mi ha nominata erede universale. Purtroppo, i beni sono molto più esigui di quello che mi aspettavo e credo che mio cugino le abbia prelevato dei soldi dal conto corrente a sua insaputa. Cosa posso fare? (Paola, via e-mail)

La prima cosa da fare in questi casi è rivolgersi ad un avvocato di fiducia il quale provvederà a depositare presso il Tribunale competente un “ricorso per inventario”. A seguito del ricorso, il Tribunale provvede ad incaricare un funzionario, che agirà con i poteri del pubblico ufficiale, di redigere un inventario dettagliato sui beni del defunto al momento della sua morte.

Nel contempo, l’avvocato chiederà alla banca tutti gli estratti conto degli ultimi anni per verificare se ci siano state delle uscite ‘anomale’, anche con riferimento a titoli, fondi, investimenti, valori mobiliari e così via.

Potrebbe riverlarsi opportuno chiamare le persone informate sui fatti, come ad esempio il direttore della banca dove si trovavano le sostanze della defunta, a rispondere ad alcune domande in sede di indagini preliminari, dal momento che la distrazione di beni ereditari è anche un reato. Le indagini preliminari svolte dall’avvocato sono uno strumento grazie al quale l’avvocato può convocare nel proprio ufficio delle persone – che ritiene coinvolte, ovvero informate, in merito alla questione seguita – allo scopo di svolgere delle vere e proprie indagini.

Una volta che la faccenda sia chiarita, almeno agli occhi della lettrice, bisognerà decidere se procedere o meno giudizialmente per farsi riconoscere i propri diritti. In questi casi, data la complessità della questione, le spese legali potrebbero essere molto alte, per cui potrebbe rivelarsi vantaggioso per la lettrice stipulare un patto di quota lite con il proprio legale grazie al quale pagherà le spese legali in proporzione al suo ricavato e solo nel momento in cui ne sarà entrata in possesso.

Per maggiori dettagli sul procedimento di formazione dell’inventario dell’eredità, rimando alla nostra scheda pratica dedicata.

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indennizzo diretto e assistenza legale

Ho subito un ‘incidente stradale, ho ragione al 100% in quanto sono stato tamponato e abbiamo, insieme alla controparte riempito il modello C.I.D. dove lui si assume la responsabilità! Se non mi sbaglio essendo solo 2 veicoli coinvolti si attua la procedura dell’Indennizzo diretto! Adesso io dovrei andare dal mio agente con il modulo. Però, per motivi di tempo ho deciso di farmi seguire da un legale pur sapendo che ai suoi onorari dovrò pensarci io! La domanda che volevo farvi è questa: l’avvocato, con una mia delega, può seguire la mia pratica o una volta che si rivolge alla mia assicurazione gli verrà fatto presente che non può rappresentarmi? (Roberto, via mail).

Ci mancherebbe altro che una persona, a sue spese, non potesse farsi seguire da un legale. Il diritto di difesa è un diritto fondamentale di ogni persona o ente. L’indennizzo diretto, che è una grandissima fregatura voluta dal governo per venire incontro alle sole esigenze delle compagnie di assicurazione ed a totale discapito dei danneggiati, serve a fare in modo che le compagnie non paghino più, come avveniva in precedenza, e come era del tutto giusto, le competenze professionali degli avvocati cui si erano rivolti i danneggiati. Ma se un danneggiato decide di rivolgersi ad un legale, pagandone le spese lui stesso ovvero, se ne gode, tramite la sua compagnia di tutela giudiziaria, la compagnia tenuta per la sua rc auto non può assolutamente muovergli alcuna obiezione.

Per questo genere di pratiche, come studio, proprio per venire incontro a tutte quelle persone che, per esigenze di tempo ma più spesso di qualità della loro pratica di risarcimento, intendono essere assistite da un legale anche in regime di indennizzo diretto, abbiamo stabilito, con ottimi risultati sinora, la prassi di accettare gli incarichi con il sistema del patto di quota lite con percentuale del 10%. In questo modo, il nostro assistito ci corrisponde, come compenso, il 10% di quello che ricava e alla fine, a nostro giudizio, ricava molto di più con l’assistenza di un legale che facendo da solo, ragione per cui, anche lasciando a noi la percentuale, raggiunge un risarcimento più elevato. Al lettore consiglio di cercare di stipulare un accordo analogo con il suo legale di fiducia, che rappresenta al momento la soluzione migliore, almeno a nostro giudizio.