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Esiste il diritto di recesso nella compravendita tra privati?

Dato il proliferarsi di mercatini spontanei di rigattieri e antiquariato vario desidero sapere se, acquistando un oggetto da un rigattiere (che risulta un privato non essendo commerciante quindi che vende senza licenza), è possibile restituire l’oggetto comprato chiedendo la restituzione de soldi. 

Poche righe quelle scritte dal nostro utente per porre in realtà una questione davvero importante: esiste il diritto di recesso nella compravendita tra privati? Ovverosia, se acquisto un bene in un mercatino da un privato posso restituirlo entro un determinato periodo di tempo se “ci ripenso” ?

La risposta è no.

Tra privati, infatti, non trovano applicazione le disposizione del Codice del consumo (il D.Lgs 206/2005), che disciplinano la compravendita da un operatore professione ed un semplice consumatore, ma naturalmente quelle del codice civile (art. 1470 e ss.) le quali non permettono un  recesso dell’acquirente in caso di ripensamento.

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Quando dopo aver acquistato un vestito si decide di non volerlo più

Ho un atelier di abiti da sposa ho venduto un abito ad una ragazza che oltre al matrimonio avrebbe dovuto fare una festa per le persone che non potevano essere presenti alla cerimonia,l’abito che ha preso da me, era per la festa, il giorno della prima prova mi chiama e mi dice che la festa non la fà più e che l’abito non le serve; io le dico che l’abito avrebbe dovuto ritirarlo comunque,o quanto meno avrebbe perso l’acconto versato,e le consiglio di utilizzare a questo punto l’abito per il taglio della torta, ma mi dice che non le interessa..dopo un paio d’ore viene in atelier prova l’abito e inventa mille scuse, che l’abito fà difetto, che non è come se lo aspettava,che alcune rifiniture lasciano a desiderare (l’abito era alla prima prova e non era finito!) e se ne và scocciata, io le scrivo ripetutamente per sapere cosa vuole fare, a distanza di un mese mi risponde che non vuole l’abito, che ho tentato di truffarla, e che rivuole indietro l’acconto.. (trattasi di 800 euro).

Innanzitutto ritengo che la questione della “festa” sollevata dalla ragazza acquirente sia del tutto irrilevante. La sua “esistenza”, infatti, non è stata contrattualizzata tra le parti sotto forma di condizione necessaria per il perfezionamento del contratto.

In parole povere il contratto di compravendita si è già perfezionato al momento della scelta del vestito da parte della ragazza, quindi la stessa è tenuta al versamento dell’intero prezzo finale e al ritiro del vestito. In caso contrario sarà inadempiente con tutte le conseguenze del caso, tra le quali anche la perdita della caparra disciplinata dall’art. 1385 cc..

Per quanto riguarda le finiture mi sembra che la ragazza sia comunque in difetto, o meglio giuridicamente parlando di nuovo inadempiente, in quanto, senza giustificato motivo, non ha prestato la sua collaborazione per il completamente dell’abito.

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Entro quanto tempo devo denunciare un difetto di produzione al rivenditore?

Ho da poco ho acquistato un MacBookPro presso un rivenditore Apple e quando dopo 9 giorni (inclusa 1 domenica) ho aperto la confezione mi sono reso conto che  non disponeva del nuovo sistema operativo Lion. Ho cercato di scaricarlo gratuitamente dal sito Apple come previsto ma non mi è stato possibile perché per ragioni a me ignote il numero seriale non è stato accettato. Ho chiesto dunque al rivenditore di sostituire il mio computer con un altro identico ma dotato di Lion, anche perchè non essendo un esperto ho il dubbio che il computer da me acquistato possa essere meno aggiornato anche sotto altri profili. Non ho inviato alcuna racccomandata perché son passati più di 8 giorni ma una email. A questa è seguita una telefonata nella quale il rivenditore si è dichiarato disponibile ad effettuare la sostituzione previa autorizzazione di Apple. Mentre aspetto trepidamente la risposta, gradirei sapere da Lei se il rivenditore è tenuto a sostituire il computer, dato che potrebbe trattarsi di mancanza di “qualità promesse”, non tanto dal rivenditore, che avrebbe comunque agito corettamente se mi avesse informato della non presenza di Lion, ma da Apple, che il 20 luglio ha annunciato l’arrivo del nuovo sistema operativo imducendomi a pensare che un computer acquistato il 17 agosto presso un suo rivenditore autorizzato disponesse del nuovo sistema.

Il quesito posto dall’utente ci permette di considerare un aspetto fondamentale della garanzia legale che accompagna la compravendita di un prodotto da parte di un consumatore. Ora, sappiamo che il codice del consumo, il D.lgs.206/2005, garantisce il consumatore finale da eventuali vizi che lo stesso possa “scoprire” una volta acquistato un bene. Ma quanto dura questa garanzia legale? Ed entro quanti giorni il consumatore deve denunciare gli stessi al rivenditore? Il medesimo codice del consumo stabilisce un termine massimo di 2 anni, a partire dal momento dell’acquisto del bene, per poter denunciare vizi di conformità dello stesso ed un termine decadenza di due mesi entro i quali il consumatore deve denunciare un vizio dal momento che ne è venuto a conoscenza. In parole povere: se entro due anni il bene acquistato presenta dei difetti il consumatore può avvalersi della garanzia legale del codice del consume sempre che lo stesso consumatore lo abbia denunciato entro due mesi dalla scoperta.

L’utente si è comportato correttamente, il rivenditore dovrà installare il sistema operativo Lion senza ulteriore spese aggiuntive ovvero sostituire il MacBookPro. Sarà poi il rivenditore che dovrà rivalersi per le spese sostenute direttamente sul produttore finale. Ma questo è evidentemente un altro discorso.

Per ulteriori dettagli, ti rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.


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[guest post] perchè rivolgersi ad un’associazione di consumatori?

Ho letto, con interesse, una scheda dell’avv. Tiziano Solignani sul suo blog relativo alla tutela dei consumatori. Vale la pena pagare un avvocato per farsi difendere in controversie di scarso valore? Pagare 50 o 100 euro per una lettera di diffida a fronte di un problema che ha pressappoco lo stesso valore è davvero conveniente? Ciò che mi ha trovato in disaccordo è una delle sue osservazioni. Dice Tiziano: “rivolgersi alle associazioni dei consumatori; onestamente, a mio giudizio è un ottimo sistema per ottenere un’assistenza di scarsa qualità”. Il problema delle associazioni, si prosegue nella critica, è il lavoro seriale che svolgono. Una routine che finisce per svilire il problema specifico. Se a ciò, poi, si unisce l’esiguità del compenso… Ma non basta: si legge che spesso queste organizzazioni sono degli specchietti per le allodole. Veri e propri “causifici” dove l’obiettivo non è la problematica del consumatore quanto, piuttosto, l’accaparramento di clientela per fare guadagnare. Per queste ultime considerazioni, Tiziano specifica che esse non sono frutto del suo pensamento ma che sono parole nientepopòdimeno che Carlo Rienzi, presidente Codacons. Parole mai smentite, si prosegue nell’articolo, che data l’autorevolezza della fonte dovrebbero dare un’idea precisa di che cosa sia un’associazione dei consumatori.

E’ qui che inizia il mio disaccordo. A questo punto mi presento: mi chiamo Alessandro Gallucci, avvocato anch’io, collaboratore di un’associazione dei consumatori, l’Aduc. Al contrario del collega non credo di fornire un servizio di scarsa qualità. Il suo punto di vista, certamente legittimo e per certi versi addirittura veritiero, pecca, secondo me, per eccessiva genericità. Far di tutta l’erba un fascio è il modo peggiore di rappresentare una realtà variegata per certi aspetti molto lontana e per altri vicina a quanto ha scritto Tiziano nel suo post. Una parte della classe politica incapace vuol dire che tutta la classe politica è incapace? Il malvezzo dell’evasione fiscale praticata da molti medici (“senza la fattura la visita costa 100 se, invece,…”) sta a significare che tutti i dottori sono evasori? E ancora, l’immobilismo evidente raggiunto da certi sindacati certifica ex se l’inutilità della categoria? Il problema non sta nel fatto che le associazioni forniscono servizi di scarsa qualità ma nel perché, eventualmente, possa accadere questo. Chiarita la causa la si può comprendere come orientarsi e quindi a quale associazione rivolgersi per evitare brutte soprese. E’ qui necessariamente devo fare alcuni distinguo che potranno apparire autoincensanti.

Diversamente, però, non si può fare. Che dice Rienzi nella sua intervista? Ci dice che, in fondo, l’importante è mantenere un livello di soci tale da consentirgli di rimanere nel CNCU (consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti). Chi è in quel circolo, la cui utilità è pari a quelli dei capezzoli di un montone, percepisce il finanziamento pubblico. In poche parole campa di contributi. Come Renzi la pensano in tanti. La sua eccessiva spavalderia nel dichiararlo è indice di un modo di fare non condivisibile ma sicuramente migliore del silenzio o della demagogia di chi si propone come paladino dei più deboli ma in realtà è solamente il difensore del suo gettone di presenza. E’ qui che si annida la differenza tra un’associazione dei consumatori di scarsa qualità ed una che svolge degnamente il suo compito. E’ una questione di prospettiva. Se il consumatore serve per raggiungere uno scopo ben preciso vale a dire l’agognata prebenda statale, è evidente che lo si tratterà come tale: come un mezzo. A vantaggio conseguito il servizio offerto diventerà secondario e magari di scarsa qualità. Alle volte proprio perché per mantenere i benefici non ci si può permettere d’alzare troppo la voce contro chi ce li eroga. Il modo per negare o rimpallare la colpa degli effetti di questa devianza sono tanti: in Italia di “scaricabarlismo” siamo maestri. Prendiamo la class action: azione di per sé inutile, per com’è ora, che viene nominata un giorno si e l’altro pure minacciando d’azionarla per ogni unghia rotta. Chi lo fa è chiaramente in mala fede (io spero che sia solamente ignorante) ma tanto chi conosce i tecnicismi? Risultato: confusione su cosa sia davvero l’azione collettiva ma possibilità di fare un annuncio pubblico a danno zero. Tanto poi il tempo cancella tutto. Pure il metaforista Bersani è stato incredibilmente vittima di questa vera e propria mania. Fin qui sembra quasi che in fin dei conti stia dando ragione a Tiziano.

Non è così. C’è un modo diverso d’essere a servizio dei consumatori; se guardiamo ad una categoria di persone non per raggiungere contributi o privilegi ma per rendergli un servizio ottenendo in cambio il giusto dovuto, la prospettiva cambia. E’ qui che devo, gioca forza, parlare dell’Aduc. Noi non prendiamo contributi pubblici. Il nostro scopo è informare ed orientare il consumatore. La nostra offerta è diretta a lui. E’ naturale, allora, che è all’utente che chiediamo il sostentamento della nostra attività. A chi altro sennò? Se lavoriamo bene ci sarà il giusto ritorno. Noi non aderiamo al CNCU, anzi vorremmo che venisse abolito. Saremmo in difficoltà a stare seduti al tavolo e a prendere lauti contributi da chi è spesso nostro contraddittore. Sapete che si dice dei ladri di Pisa? Non vogliamo entrare in quella definizione. Siamo contrari agli elenchi di associazioni che sono rappresentative e quindi hanno diritto a far valere in giudizio questioni che, nemmeno il singolo può azionare. E’ il lobbismo deteriore che va combattuto giornalmente. Se un diritto è di tutti, se un interesse è diffuso perché non lasciare libero ognuno di difenderlo? Forse perché consentire di azionarlo a chi siede al tavolo e prende soldi da una delle sue controparti lo rende più addomesticabile?

Potrei continuare a lungo ma mi fermo qui. Credo sia chiara la differenza. Se il consumatore è solo un mezzo è evidente che come tale sarà trattato: strumento per raggiungere un fine diverso dalla sua soddisfazione. Ma se l’oggetto delle proprie attenzioni è anche il fine ultimo della propria azione, il servizio che gli rendiamo sarà necessariamente un buon servizio. Altrimenti perché quella persona dovrebbe tornare? Rischio di rendere un servizio di scarsa qualità se, a parte essere incapace, faccio quello che mi è chiesto senza che ciò sia l’effettivo scopo che mi sono prefissato. Funziona così per tutti. Anche per l’avvocato che non guarda alla soddisfazione del cliente come obiettivo ed alla sua ricompensa come naturale conseguenza ma brama solamente il denaro con il minor sbattimento possibile. Vero Tiziano?

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come difendersi se si acquista un notebook “usato” credendolo nuovo

Venerdì ho acquistato un notebook in un grande distributore di elettronica, pubblicizzato in un volantino. Era rimasto l’ultimo, quello in esposizione, ma non presentava difetti. Sono rimasta stupita perchè ho notatao che i dischi di ripristino del sistema operativo (windows 7 come indicato nel volantino) erano masterizzati e non originali, ma sotto il pc c’era il numero di serie (il commesso mi ha rassicurato dicendo che negli ultimi anni i dischi di ripristino vengono fatti da loro). A casa ho notato che l’antivirus era attivo da più di un anno, ma ho pensato che essendo esposto lo avessero attivato. Il tecnico che doveva trasferire i dati dal mio vecchio pc, invece, si è insospettito ed ha fatto una approfondita ricerca, dalla quale è emersa che il pc era stato utilizzato e conteneva foto effettuate e scaricate più di un anno fa. Il pc, o almeno l’hard disck, non sono nuovi! Posso pretendere la sostituzione con un notebook di pari caratteristiche o la restituzione del denaro? 

Diciamo innanzitutto che chi acquista un bene, per garanzia legale, ha diritto alla consegna di un bene conforme a quello pubblicizzato.

Se viene pubblicizzato un bene nuovo, è evidente che non può essere consegnato all’acquirente un bene usato. In questo secondo caso il consumatore acquirente potrà ottenere il ripristino o la sostituzione della conformità senza spese del bene: in questo caso la sostituzione dei dischi usati con dischi nuovi ovvero la sostituzione integrale del notebook.

Per ulteriori dettagli, ti rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.

aggiornamento. Siamo felice di comunicare che il notebook è poi stato concretamente sostituito alla nostra lettrice.

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Ho ordinato dei mobili, ma quelli che mi consegnano sono diversi

Nel mese di Dicembre 2010, presso un mobilificio della mia città, ho firmato un contratto per l’acquisto di una cucina in esposizione nel sopracitato mobilificio e di un tavolo 70×70 con 4 sedie(tavolo e sedie nuove e quindi da ordinare). Il contratto prevedeva la consegna di tutta la merce nel mese di Giugno 2011 (data in cui avrei avuto disponibile l’appartamento nuovo), il saldo era previsto , da contratto, entro la consegna, con un rilascio da parte nostra di una caparra pari ad € 1050 (in 2 soluzioni, 300 + 750).Solo nel mese di Giugno 2011, a pochi gg dalla consegna,e per di più telefonicamente, il venditore mi avvisa che il tavolo (che era da ordinare a differenza della cucina che era esposta in negozio) non era disponibile per le misure che richiedevamo e che era ordinabile solo un tavolo di altre misure e di altro colore (totalmente differente da quello della cucina). Posso decidere di recedere dal contratto visto che l’acquisto della cucina, era per me legato ad un tavolo e sedie che legassero esteticamente con essa?La ringrazio per la sua attenzione.

Per quanto attiene ai contratti coi consumatori le nostre leggi prevedono delle particolari tutele.

Fra tali tutele vi è anche quella per il consumatore di ottenere dal venditore beni conformi al contratto di vendita.

In caso di difformità si può richiedere la sostituzione/riparazione del bene, ovvero anche la risoluzione del contratto, a seconda dei casi e della gravità del difetto.

Per valutare il Tuo caso specifico dovremmo leggere il contratto firmato e valutare bene la situazione, anche con foto dei mobili in questione.

Ad ogni modo, da quanto ci hai anticipato, ci sembra che ci siano tutti gli estremi per una contestazione, che ti conviene sicuramente fare per iscritto.

Naturalmente, nel caso la situazione non si risova in via amichevole, è oppurtuno rivolgersi ad un legale per tutelare appieno i Tuoi diritti.

Per ulteriori dettagli, rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.

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come acquistare il 50% della casa di proprietà del coniuge

Ho acquistato una casa abitazione principale al 50% con mia moglie. Siamo in separazione dei beni effettuata dopo il matrimonio a seguito di apertura attivita artigiana. Vorrei sapere come fare per acquistare il 50% dell’immobile da mia moglie e i costi in linea di massima da sostenere. Il motivo è che lei presto avra in eredita un’altra abitazione e questo graverebbe sul nostro bilancio familiare essendo lei anche titolare di altra casa.

Lo puoi fare tranquillamente, è necessario fare un atto di compravendita come si farebbe tra qualsiasi persona, presso un notaio, considerato che sei in separazione dei beni. Se tu, invece, fossi stato in regime di comunione non avresti potuto farlo, senza passare prima al regime di separazione. Considerato che devi comunque rivolgerti ad un notaio, prendi appuntamento con uno studio notarile ed esponi al professionista tutte le problematiche che più ti interessano.

Per ulteriori approfondimenti sui regimi patrimoniali della famiglia, rimando al mio libro, in uscita a settembre 2010.

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Vendita tra privati e recesso

Il problema è il seguente: essendo modellista ho venduto un automodello ad un privato mediante un forum nell’apposita sezione mercatino(da premettere che il forum non ha nessuna voce in capitolo ed è libero). Il mio post è stato arricchito di foto del modello che constano l’effettiva usura del modello siccome usato. Dopo una trattativa, io(privato) ho ricevuto il bonifico e spedito il materiale. All’arrivo del pacco il compratore mi dice che non vuole più il modello e chiede che sia attuato il diritto di recesso.Come posso tutelarmi? Io le foto dello stato le ho messe, e lui vuole il diritto di recesso. Quali sono i termini di recesso? Ha davvero possibilità di attuarlo? Ricordo che la trattativa è stata fatta tra privati.Un ulteriore domanda, il compratore vuole passare per vie legali se non attuo il diritto di recesso, in che cosa potrei andare incontro? Quali sarebbero le spese che dovrei affrontare se dovessi perdere in giudizio? Ricordo che la compravendita è stata di 500 euro.

Nelle vendite tra i privati non si applica il diritto di recesso che si applica invece solo ai contratti tra un professionista e un semplice consumatore. La tutela che avrà un acquirente/privato nei confronti di un venditore/privato è quella approntata dal codice civile agli art. 1490 e ss. Su questi presupposti l’utente potrà inoltre difendersi in caso di azione giudiziale intentata nei suoi confronti.

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quando pignorano la casa vicina alla tua

Il proprietario di un immobile a fianco del mio, con alcune parti di cortile in comproprieta’, è stato colpito da decreto ingiuntivo per un assegno non pagato. Il debitore/proprietario di questo immobile non ha altre proprieta’. L’immobile e’ ipotecato dalla banca in quanto era stato da lui acquistato in precedenza con un mutuo. Ora il creditore potrebbe rendere esecutivo il decreto e far pignorare questo immobile penso per farlo metterlo all’asta. Domande:A- la banca ha diritti di prelazione all’asta?B- io avendo parti in comune posso intervenire all’acquisto con qualche diritto? C- il creditore potrebbe rinunciare all’asta, visto che l’assegno e’ di importo piu’ alto del valore dell’immobile e diventare il nuovo proprietario dell’appartamento accordandosi con la banca per accollarsi il mutuo, quindi escludendomi dall’acquisto?

Nè tu nè la banca avete diritti di prelazione o preferenza per l’acquisto dell’immobile, quello che conta in questi casi è far ricavare più soldi ai creditori di quello a cui hanno pignorato la casa, per cui vince chi paga di più e basta. Il creditore procedente può chiedere l’assegnazione, ma solo a particolari condizioni previste dal codice di procedura civile (art. 588, 589). Se ti interessa acquistare quella casa, non ti resta che metterti in fila con tutti gli altri offerenti e depositare la tua offerta, dopodichè vincerà quello che avrà fatto quella più alta.


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il trasferimento negli USA di un immobile italiano

Mie figlie (tutte e 3 americane) hanno ereditato un’appartamento in Italia che e’ attualmente la mia residenza. Se due di loro volessero donarmi le loro quote, possano farlo con un’atto notarile americano con un apostile internazionale? Se lo facessero, io dovrei fare qualche atto ufficiale per accettarlo formalmente? Se fosse, quanto costerebbe?

Francamente, non so neanche cosa possa essere un “atto notarile americano”, dal momento che mi pare che negli Stati Uniti i notai non esistano nemmeno.

Se il problema, come mi sembra di capire, è che due tue figlie vogliono trasferirti la loro quota di 1/3 dell’immobile, ma si trovano in America e non vogliono venire in Italia per fare l’operazione, forse la soluzione è che le stesse si rechino presso le Autorità consolari italiane negli Stati uniti, nell’ufficio più vicino a loro. Le autorità consolari italiane all’estero, infatti, svolgono anche funzioni notarili, anche se solo nei confronti di cittadini italiani o tra cittadini e non cittadini (quindi se tu hai anche la cittadinanza italiana, si può percorrere questa strada altrimenti no).

Un’altra soluzione potrebbe essere quella di far andare un notaio italiano negli Stati Uniti (naturalmente il costo salirebbe sensibilmente) oppure di far rilasciare, da parte delle sue due figlie, una procura a donare, che potrà essere munita di apostille o altre condizioni e formalità (sulle quali bisognerà sentire dal notaio destinato a fare il rogito) a favore di un legale italiano che potrà poi presentarsi davanti al notaio per fare l’operazione quale legale rappresentante delle sue due figlie.