Categorie
diritto

quando si viene in Italia per studiare la lingua e si finisce in un alloggio con studenti stranieri

Mia figlia doveva andare in Italia a settembre per studiare l’italiano all’università di Padova. Cerchiamo quindi una camera in affitto in appartamento con altre ragazze italiane. In agosto, ne troviamo una su un sito web. Ci mettiamo in contatto con il proprietario, il quale chiede un deposito cauzionale di 2 mesi e la firma di un contratto. Firmiamo il contratto e procediamo a versare la quota di 600 euro come deposito tramite bonifico internazionale. All’inizio di settembre versiamo altri 300 euro per l’affitto del mese di settembre, anche se mia figlia avrebbe preso possesso della camera il 24 settembre. Quando mia figlia e mia moglie arrivano a Padova per prendere possesso della camera, si rendono conto che le altre ragazze erano cinesi, quando invece il proprietario aveva specificato a mia figlia che erano italiane. Niente contro i cinesi, ma mia figlia deve imparare l’italiano e non il cinese, quindi era fondamentale che le altre ragazze fossero italiane. Poi mia moglie e mia figlia scoprono anche che il proprietario abita permanetemente lì. Le riceve in canottiera! L’appartamento è gestito come B&B. Ora, se avessimo saputo tutti questi dettagli che il signore ha bellamente omesso, non avremmo affittato la camera. Prima di andar via, il proprietario disse a mia moglie che avrebbe restituito i soldi se avesse trovato qualcuno subito. Io ho scritto al signore chiedendo il rimborso immediato della cauzione per false informazioni. Come ci possiamo comportare?

Per prima cosa, bisognerebbe vedere naturalmente il contratto che è stato firmato. Immaginando, come probabile, che non ci sia nessun cenno allo scopo del soggiorno in Italia e alla richiesta di un vero e proprio alloggio indipendente, senza presenza del proprietario, nonché alla preferenza per la nazionalità, o comunque la lingua italiana, degli altri coinquilini, si può solo abbozzare. Esiste un istituto, chiamato della presupposizione, che riguardo proprio quelle circostanze che le parti non versano nel contratto ma che non potevano non avere presente al momento della conclusione dello stesso. Nel vostro caso, la presupposizione poteva avere ad oggetto la circostanza per cui lo studente straniero che viene in Italia per imparare la nostra lingua desidera abitare ed interagire con dei madre lingua. Per illustrare questo istituto si fa riferimento ad un caso giudicato proprio dalla giurisprudenza britannica, dove un uomo aveva preso in locazione in balcone ad un determinato giorno ed ora, corrispondenti a quello in cui vi sarebbe stato in passaggio della regina, quando poi il corteo è stato annullato. Pur non avendo menzionato l’istituto, tuttavia, occorre pur sempre che nel contratto vi sia qualche traccia dello scopo del soggiorno, come accennavo prima, quindi anche la via del ricorso alla presupposizione mi pare poco praticabile in un caso come questo. Analogamente, per l’altro profilo di inadeguatezza dell’alloggio occorre vedere cosa prevedeva il contratto circa le caratteristiche dello stesso.

In conclusione, credo che sia preferibile cercare di negoziare, perchè instaurare un procedimento contenzioso in Italia per una vicenda del genere probabilmente sarebbe eccessivamente defatigante per voi quanto a tempo e costi, per non dire del fatto che in diritto sarebbe non facile dimostrare le vostre ragioni. Quello che vi posso consigliare, per il futuro, è quanto segue. Innanzitutto non stipulare mai contratti, specialmente internazionali o comunque su internet, senza essere muniti di una adeguata forma di tutela giudiziaria, appositamente estesa ai rapporti internazionali (questo lo specifico perchè di solito le polizze base comprendono solo i rapporti domestici); in secondo luogo, dedicare un po’ di risorse a valutare, ed eventualmente modificare, il contenuto del contratto, indicando con precisione gli aspetti a cui si tiene maggiormente.

Categorie
diritto

la valutazione dell’importanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione è una questione di fatto non censurabile in sede di legittimità – osservazioni a margine di Cass. 7630, 16 maggio 2012

Ecco il caso: il professionista Tizio conviene, davanti al Tribunale, il signor Caio chiedendo la condanna di quest’ultimo al pagamento della somma x a titolo di compensi professionali. Il convenuto, costituitosi, eccepisce in via preliminare la prescrizione del diritto azionato dal professionista e nel merito contesta la domanda proponendo a sua volta domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni conseguenti al grave e colpevole inadempimento del mandato professionale. Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda principale, rigettando quella riconvenzionale. Così, il signor Caio propone ricorso in Appello: sede in cui il ricorso principale viene rigettato e accolto in parte quello proposto da Tizio. Il signor Caio decide di intraprende l’ulteriore terzo grado, ove la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Ebbene, ‘’quando il debitore, in violazione di un obbligo giuridico, non soddisfa l’interesse del creditore nel tempo e nel modo dovuti si realizza l’inadempimento, ex art. 1218 c.c.’’. Per la risoluzione di un contratto non è sufficiente il mero inadempimento ma è necessaria un’ulteriore connotazione, ovvero deve essere un inadempimento di non scarsa importanza, ex artt. 1453 – 1455 c.c.. Lo scioglimento del rapporto per inadempimento (salvo che la risoluzione operi di diritto) consegue ad una pronuncia costitutiva emessa dal giudice. Quest’ultima presuppone una necessaria valutazione da parte del medesimo, il quale andrà ad accertare la ‘’questione di fatto’’ e quindi la non scarsa importanza dell’inadempimento, avuto stretto riguardo all’interesse dell’altra parte. In tale dinamica valutativa, il giudice opera mediante un accertamento oggettivo, il quale gli permette di verificare se l’inadempimento ha inciso in maniera apprezzabile ‘’nell’economia complessiva del rapporto’’, agevolando uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale. In tale fase, il giudice si serve anche di un ulteriore criterio soggettivo, che permette di verificare il comportamento di entrambe le parti, le quali possono ‘’attenuare’’ il relativo giudizio di gravità. Il giudice è tenuto ad indicare il motivo per cui, nel caso concreto, ritiene l’inadempimento di non scarsa importanza, ‘’a meno che non si tratti di inadempimento definitivo delle obbligazioni primarie o essenziali di una delle parti’’ (Cass., sez. II, 20 luglio 2007, nr. 16084). Il giudizio di accertamento-valutazione dell’importanza dell’inadempimento deve necessariamente uniformarsi al ‘’cd. criterio di proporzione’’, fondato sulla buona fede (contrattuale), ex art. 1175 c.c., la quale funge, per l’appunto, sia da criterio di integrazione del contratto sia da limite per le pretese delle parti contraenti. La buona fede comporta tra le parti: correttezza, informazione sui fatti non evidenti, collaborazione per l’acquisizione del massimo vantaggio, implicato dai rapporti contrattuali.

La Corte di Cassazione, Sez. III, con la sentenza nr. 7630 del 16 maggio 2012, afferma che ‘’in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della sua gravità, ai fini della risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici’’ (…).

Insomma, ‘’il contesto normativo consente l’individuazione di criteri di esercizio del potere determinativo, e di tecniche di controllo del medesimo, propriamente giuridici rispettosi del ruolo del giudice implicato dalle clausole generali’’. La generale clausola di buona fede giustifica-autorizza, con flessibilità, un controllo più incisivo (da parte del giudice) delle sproporzioni e degli squilibri contrattuali. Ma all’interno di tale dinamica sono presenti, paralleli, rischi di eccesso ed incontrollabilità delle decisioni da parte degli operatori preposti. Secondo tanti, infatti, l’autonomia riservata al giudice non dovrebbe originare ‘’uno spazio incontrollato di libere scelte’’. Ci si domanda allora: la buona fede rappresenta nella prassi valutativo-giudiziale ‘’uno strumento, concretamente, efficace agli operatori per distinguere ciò che è esigibile da ciò che esigibile non è?’’ O meglio, mediante tale strumento il giudice ‘’riesce’’ a valutare la reale gravità della responsabilità contrattuale ai fini della risoluzione del contratto?

 …Va ribadito che, nella sua funzione trasversale, ‘’il ruolo determinativo del giudice deve confrontarsi, oltre che con il contesto legale, con il piano dell’autonomia privata!’’

 

come si può organizzare una manifestazione o competizione sportiva senza avere problemi legali?

Al fine di comprendere che cosa si intende per responsabilità degli organizzatori di eventi sportivi, necessariamente bisogna individuare chi sono e quali solo i diritti e doveri di tali soggetti. La definizione più in voga, identifica l’organizzatore nella persona giuridica, nell’associazione o comitato, che promuove una determinata performance di una disciplina sportiva, sia essa manifestazione sportiva o competizione, agonistica o amatoriale, anche indipendentemente dal fatto che all’evento sportivo assistano degli spettatori.

La responsabilità dell’organizzatore in ambito civile può essere sia di natura contrattuale, nel momento in cui vi siano dei spettatori paganti, che extracontrattuale nei confronti di terzi, indipendentemente dalle eventuali autorizzazioni necessarie, il cui ottenimento non esonera in nessun modo dalla responsabilità.

Precipuamente un organizzatore di manifestazioni sportive deve predisporre tutte le misure protettive idonee a prevenire eventi dannosi in capo agli atleti che a terzi. In specie il soggetto che organizza l’evento sportivo ha l’obbligo di: controllare l’adeguatezza, la pericolosità e la conformità ai principi della sicurezza dei mezzi tecnici utilizzati dagli atleti; controllare la idoneità e la sicurezza dei luoghi e degli impianti dove si svolge la manifestazione sportiva; controllare che l’atleta sia in condizioni psico-fisiche idonee per affrontare la gara.

Si tratta di una cosiddetta responsabilità para-oggettiva che ha il suo fondamento sul criterio della colpa omissiva. Di vitale importanza è che la valutazione dell’adeguatezza delle misure preventive deve essere effettuata ex ante in base alla specificità del rischio e del suo possibile accadimento, e gioco forza, è di spettanza dell’organizzatore dimostrare di aver posto in essere tutte le precauzioni del caso. Di conseguenza, l’evento imprevedibile e/o eccezionale “scagiona” da ogni responsabilità il soggetto che organizza l’evento sportivo, come pure nulla può essere imputato a titolo di responsabilità all’ organizzatore di un contest conforme alle cautele usualmente richieste per quel tipo di evento sportivo.

Si può ben dire che lo schema d’imputazione è quello della responsabilità per rischio oggettivamente prevedibile ed evitabile.

Come detto, colui che organizza un evento sportivo deve assicurare che la competizione avvenga senza pericoli per l’incolumità fisica, di atleti, spettatori e terzi. La sua responsabilità però è “temporale” nel senso che dura per quel lasso di tempo in cui si svolge la competizione o manifestazione, e relativamente al luogo di essa. Va comunque segnalato che per quanto attiene la custodia delle attrezzature di vario genere utilizzate ed accessorie alla manifestazione, l’organizzazione deve predisporre ogni tipo di sorveglianza per impedire l’insorgere di situazioni di pericolo. Vieppiù l’organizzatore risponde per il fatto degli ausiliari ex art. 2049 c.c.

In merito agli atleti l’organizzatore è chiamato a rispondere in determinate circostanze ovvero: per l’inadeguatezza o pericolosità dei mezzi tecnici adoperati per la gara; l’inidoneità degli stessi atleti allo svolgimento delle attività che la manifestazione implica; l’inidoneità o la carenza di sicurezza dei luoghi o degli impianti che ospitano la manifestazione.

E’ lapalissiano che l’organizzatore è responsabile delle attrezzature fornite agli atleti. In particolare, circa gli attrezzi forniti direttamente da lui, non importa se non di sua proprietà, l’organizzatore e/o i suoi collaboratori, è tenuto a verificare il corretto funzionamento degli stessi. Viceversa colui che organizza l’evento sportivo, non ha nessuna responsabilità sulla difformità degli attrezzi di esclusiva proprietà degli atleti, in questo caso l’omologazione è competenza dei giudici di gara.

Circa il secondo punto, fatto salvo il caso che vi sia un preciso obbligo, risulta estraneo ad eventuali sinistri che derivino dall’idoneità fisica o incapacità atletica dell’atleta. In tale circostanza va effettuata una valutazione ad hoc.

Non vi è alcun dubbio sul fatto che l’organizzatore deve in ogni caso evitare che la competizione si svolga tra atleti di diversa esperienza e capacità, per esempio mettere a confronto un pugile professionista con un dilettante. Inoltre negli eventi sportivi dove all’atleta è richiesto uno sforzo fisico particolarmente pesante, l’organizzatore deve verificare se l’atleta è in possesso della certificazione medica che ne attesta l’idoneità psicofisica.

Parlando della sicurezza dei luoghi o degli impianti in cui si svolge l’evento sportivo, è chiaro come in tale circostanza l’organizzatore ha sulle sue spalle una grande responsabilità. Egli deve verificare non solo la conformità dei luoghi ai meri regolamenti, ma deve guardare oltre, nel senso di preoccuparsi ad esempio di segnalare in modo adeguato il tracciato di gara e di apprestare le dovute misure per un celere ed idoneo soccorso agli atleti. Si evince da quanto detto, che l’organizzatore deve adottare di fatto tutte le misure idonee ad evitare un danno agli atleti. Tuttavia è da sottolineare che tale affermazione si deve confrontare sia con la possibilità di ricollegare tale dovere di diligenza con lo schema di cui all’art. 2050 c.c., che con il rischio sportivo, insito nello svolgimento di una gara.

In alcune circostanze alcune pronunce giurisprudenziali hanno applicato l’art. 2050 c.c. agli organizzatori, ma è ovvio che per gli atleti partecipanti alla competizione, l’accettazione del rischio sportivo comporta che i danni che rientrano nell’alea normale dello svolgimento della gara ricadano sugli stessi. Per essere chiari, la pericolosità che giustifica normalmente l’applicazione dell’art. 2050 c.c., può risultare non determinante ai fini dell’operatività di questa norma, nel caso in cui l’atleta l’abbia accettata e non abbiano inciso nel produrla eventuali negligenze dell’organizzatore.
Come già accennato in precedenza, l’organizzatore è tenuto a predisporre tutte le necessarie ed adeguate misure di sicurezza anche nei confronti di coloro che non partecipano alla gara, ma a vario titolo sono presenti sul dove si svolge l’evento sportivo. E’ facilmente intuibile che ci si riferisce agli spettatori. Sul punto si osserva come sia la giurisprudenza di merito che di legittimità, non abbia ancora sviluppato un approccio univoco sull’applicabilità o meno dell’art. 2050 c.c. alla fattispecie in questione. In tale contesto va richiamato il dibattito se le società sportive debbano rispondere del fatto dei tifosi. A fronte di diversi orientamenti, a chi scrive sembra che la questione si possa risolvere solo sulla base di un effettivo accertamento del potere di direzione e d’influenza della società sportiva sulla tifoseria. Difatti esclusivamente in tale circostanza, avrebbe un senso logico imporre un obbligo risarcitorio alla società, che ex ante avrebbe potuto porre in essere tutte le misure per prevenire il danno.

Al di fuori degli stadi di calcio, la giurisprudenza tende invece a ritenere più confacente l’applicazione dell’art. 2043 c.c. Quest’ultima norma giuridica è stata applicata dal giudicante che ha ritenuto responsabile l’organizzatore di una partita di squash per le lesioni procurate ad uno spettatore da una palla scagliata per errore da un giocatore, sulla base della mancata predisposizione di una barriera sufficientemente alta a protezione del pubblico.

Giova infine ricordare che resterà comunque a carico sia degli atleti sia degli organizzatori di manifestazioni sportive, il dovere di osservare il generico obbligo, di rispettare il principio del neminem laedere a tutela di tutti i diritti assoluti.

Categorie
diritto

quanto tempo si ha per sgomberare una casa venduta all’asta?

Sono il proprietario di una villetta dove vivo con la mia famiglia composta da quattro persone questa e’ l’unica casa in mio possesso. Ho avuto un azienda che per motivi di ritardato incasso da parte del ministero dell’ interno ho dovuto dichiarare fallimento. Avendo ipotecato la mia casa con le banche questa e’ andata all’ asta e con tutta probabilità questa volta sara’ aggiudicata ad un acquirente. Io non ho la possibilita’ di acquistare immediatamente un’altra abitazione e neanche di affittare un alloggio perche’ l’unico mio reddito e’ la mia pensione che e’ all’incirca 1.300,00 €. Vorrei sapere di norma quanto tempo ho per lasciare la mia casa dopo l’aggiudicamento da parte del giudice. Come mi devo comportare nel caso arrivasse l’ufficiale giudiziario?

Ti conviene rivolgerti ai servizi sociali della tua città per vedere se possono aiutarti a reperire un alloggio di edilizia popolare o magari con un affitto calmierato.

Per quanto riguarda la durata media di questo tipo di procedure, purtroppo non ci sono dei riferimenti possibili, dal momento che i tempi variano innanzitutto da tribunale a tribunale e poi anche in relazione alla singola esecuzione. Circa, poi, l’ufficiale giudiziario, non c’è molto da dire, quando viene ha un titolo che gli consente di far intervenire la forza pubblica per lo sgombero, quindi bisogna fare quello che dice.

Se credi, naturalmente, oltre ai servizi sociali per il problema di trovare un nuovo alloggio, cui devi dare priorità, puoi sentire anche un legale del posto, che sicuramente ti sa dare qualche indicazione in più.

quando è possibile chiedere la sostituzione di un cellulare difettoso?

Dopo 5 interventi di riparazione del cellulare XXX sempre sul medesimo elemento (tasto di accensione e stand-by) che funziona al massimo 1/2 mesi e poi si ripropone il medesimo difetto che rende inutilizzabile l’apparecchio, vorrei capire se esiste la possibilità di obbligare il produttore a sostituire lo smartphone oppure devo continuare ogni 2 mesi a rispedire l’oggetto finchè non si esaurisce la garanzia. Lo smartphone è stato acquistato 1/03/2011 ed oggi mi è stato detto di rispedirlo per la riparazione e che verrà aperta una pratica di sostituzione, ma come in precedenza mi era stato detto,tale difetto non prevede la sostituzione, posso appellarmi a qualcosa per la sostituzione.

 

Il quesito proposto ci permette di analizzare una questione giuridica di notevole importanza: quando un consumatore acquista un bene difettoso, che diritti ha nei confronti di chi gli ha compravenduto lo stesso bene?

Il Codice del Consumo, (il D.Lgs. 206/2005)  riconosce espressamente al consumatore la possibilità di chiedere, a sua scelta e senza spese a suo carico, la riparazione del bene difettoso o la sua sostituzione. A meno che uno dei due rimedi scelti dal consumatore sia impossibile o eccessivamente oneroso rispetto l’altro, il rivenditore dovrà assecondare la scelta del consumatore.

In entrambi i casi il rivenditore deve poter rimediare al difetto in breve tempo, in caso contrario il consumatore ha tutto il diritto di chiedere la risoluzione del contratto, ovverosia di chiedere le restituzione della somma versata e il risarcimento dell’eventuale danno subito a causa dell’inadempimento di controparte.

Nella fattispecie che ci occupa mi pare che “l’eccessiva difettosità” del cellulare dovrebbe imporre al rivenditore la sostituzione dello stesso.

Categorie
roba per giuristi

gli avvocati possono già notificare via posta elettronica certificata?

Credo sia doveroso un piccolo approfondimento per valutare meglio le modalità di questo nuovo tipo di notifica, in vigore dal 31 gennaio.

Faccio il solito collage, richiamando le varie «fonti» rilevanti.

Il nuovo comma 3-bis della legge 53/1994 (quella sulle notifiche in proprio degli avvocati) prevede quanto segue:

3-bis. La notifica e’ effettuata a mezzo della posta elettronica certificata solo se l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi. Il notificante procede con le modalita’ previste dall’articolo 149-bis del codice di procedura civile, in quanto compatibili, specificando nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico di cui all’articolo 8.

L’art. 149 bis cpc è dettato per le notifiche fatte dall’ufficiale giudiziario, ma è dunque applicabile anche alle notifiche tra avvocati, sia pure con “clausola di compatibilità”:

Se non e’ fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione puo’ eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.

Se procede ai sensi del primo comma, l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi.

La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.

L’ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all’articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all’articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto e’ stato inviato.

Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalita’ previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.

Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante o al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma.

In base a questa disposizione, le modalità con cui si esegue la notifica sono chiare: si prende l’atto in formato informatico, ad es. un atto di citazione in formato pdf, si applica la firma digitale e lo si spedisce all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario.

Sono molto meno chiare le modalità con cui bisogna redigere la relata di notifica e allegare le ricevute di spedizione e consegna:

  • innanzitutto la relata deve essere un documento informatico separato, firmato digitalmente anch’esso dal mittente, e qui non ci sono problemi: si prende il testo della relata in formato pdf e poi lo si firma da parte del procuratore che esegue la notifica
  • ma poi la legge dice che questa relata deve essere “congiunta” all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici da individuarsi con decreto
  • la legge prescrive poi che all’atto informatico siano “allegate” le ricevute, che immagino siano quelle di spedizione e consegna della pec

I dubbi quindi sembrano essere i seguenti:

  1. come si effettua la congiunzione della relata all’atto cui si riferisce? Parliamo naturalmente in entrambi i casi di documenti informatici, se si trattasse di un cartaceo la congiunzione si farebbe come sempre spillando i fogli…
  2. come si allegano le ricevute di spedizione e consegna della pec all’originale dell’atto? Anche qui parliamo di files e non di cartaceo
  3. soprattutto, una volta che ho messo insieme le cose come previsto dai punti precedenti, che cosa devo dare al cancelliere al momento vado a chiedere l’iscrizione a ruolo della causa? Poniamo che io esegua la notifica in questi modi, dopodiché riesca a unire la relata informatica e le ricevute all’originale dell’atto, dopo cosa porto al cancelliere un cd-rom? Oppure devo fare una copia cartacea di tutto e gli porto quello?

L’art. 149 bis, se ho ben capito, dovrebbe essere stato attuato dal DECRETO 21 febbraio 2011, n. 44 – Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24. (11G0087)

In questo regolamento ho trovato le seguenti disposizioni in materia:

 Art. 17 – Notificazioni per via telematica.

 1.Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 51, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività’ di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

 2. Le richieste di altri soggetti sono inoltrate all’UNEP tramite posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

 3. La notificazione per via telematica da parte dell’UNEP rispetta i requisiti richiesti per la comunicazione da un ufficio giudiziario verso i soggetti abilitati esterni di cui all’articolo 16.

 4. Il sistema informatico dell’UNEP individua l’indirizzo di posta elettronica del destinatario dal registro generale degli indirizzi elettronici, dal registro delle imprese o dagli albi o elenchi costituiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonche’ per il cittadino dall’elenco reso consultabile ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009 in base alle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

 5. Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette per via telematica a chi ha richiesto il servizio il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale e congiunta all’atto cui si riferisce, nonche’ le ricevute di posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

 6. L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformita’ all’originale, e provvede a notificare la copia stessa nei modi di cui agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile.

Le modalità di notifica, e quindi di congiunzione della relata e di unione delle ricevute sono previste dal comma 5 che fa ulteriormente rinvio all’art. 34, che, in realtà, è una norma vuota che fa riferimento ad ulteriori provvedimenti:

 Art. 34 – Specifiche tecniche

 1. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

2. Le specifiche di cui al comma precedente vengono rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici.

3. Fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Le specifiche tecniche sono poi state emanate con provvedimento del 18 luglio 2011, pubblicato sull’eccellente sito del nostro collega Maurizio Reale; al riguardo, l’art. in materia di notificazioni tramite pec è il seguente:

ART. 19 (Notificazioni per via telematica – art. 17 del regolamento)

1. Al di fuori dei casi previsti dall?articolo 51, del decreto legge 5 giugno 2008 n. 112 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di notifica-zione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP in formato XML, attraverso un colloquio diretto, via web service, tra i rispettivi gestori dei servizi telematici, su canale sicuro (SSL v3).

 2. Le richieste di notifica effettuate dai soggetti abilitati esterni sono inoltrate all’UNEP tramite posta elettronica certificata, nel rispetto dei requisiti tec-nici di cui agli articoli 12, 13 e 14; all?interno della busta telematica è inse-rito il file RichiestaParte.xml, il cui XML-Schema è riportato nell?Allegato 5.

 3. All?UNEP può essere inviata, sempre all?interno della busta telematica, la richiesta di pignoramento il cui XML-Schema è riportato nell?Allegato 5.

 4. Alla notificazione per via telematica da parte dell?UNEP si applicano le spe-cifiche della comunicazione per via telematica di cui all?articolo 17; il for-mato del messaggio di posta elettronica certificata è riportato nell’Allegato 7.

 5. Ai fini della notificazione per via telematica, il sistema informatico dell?UNEP recupera l?indirizzo di posta elettronica del destinatario a secon-da della sua tipologia:

 a) soggetti abilitati esterni e professionisti iscritti in albi o elenchi costituiti ai sensi dell?articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con legge del 28 gennaio 2009, n. 2: dal registro generale de-gli indirizzi elettronici, ai sensi dell?articolo 7, comma 6;

 b) imprese iscritte nel relativo registro: ai sensi dell?articolo 7, comma 5;

 c) cittadini: ai sensi dell?articolo 7, comma 5.

 6. Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette – per via telematica a chi ha richiesto il servizio – il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale o firma elet-tronica qualificata e congiunta all’atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata. La relazione di notificazione è in formato XML e rispetta l?XML-Schema riportato nell’Allegato 5; se il richiedente è un sog-getto abilitato esterno, la trasmissione avviene via posta elettronica certifi-cata; il formato del messaggio è riportato nell’Allegato 7.

Vedendo gli allegati 5 e 7, si tratta di prescrizioni in ordine al formato XML che devono avere i messaggi con cui l’Ufficiale Giudiziario deve trasmettere la relata e le due ricevute a chi gli aveva richiesto di effettuare la notifica, facendo una comunicazione compatibile con gli standard del processo telematico e del fascicolo elettronico.

Quindi, si può, in conclusione, ragionevolmente ritenere che le parti dell’art. 149 che prevedono la congiunzione della relata e l’unione delle ricevute pec siano riferibili solo alla notifica che viene attuata tramite ufficiale giudiziario e che deve, ulteriormente, essere “restituita” sempre per via telematica all’originario richiedente, mentre non abbiano senso se la notifica è effettuata in proprio dall’avvocato, che ha già direttamente in mano tutti questi documenti?

Se così fosse, rimarrebbe solo da capire come effettuare la produzione in giudizio, sarà sufficiente una copia cartacea?

Non c’è dubbio che si tratta di un tema che, una volta a regime, potrebbe farci risparmiare tempo e denaro e lavorare in fondo meglio.

Categorie
diritto

viva le vacanze: ma cosa fare in caso di problemi?

Noi avvocati abbiamo lo sgradito compito di pensar sempre al peggio, cioè all’ipotesi che qualcosa possa andare storto. In fondo, è per questo che ci assumete e pagate.

Oggi cominciano le ferie per molti e noi vi auguriamo che possano essere serene, felici e rilassanti.

Ma vogliamo come al solito anche darvi qualche indicazione pratica per il caso che purtroppo ci sia qualche problema: servizi non adeguati e non conformi a quanto concordato, problemi di trasporti e così via.

Ogni anno, purtroppo, a settembre arrivano in studio questioni di questo genere.

Ecco quindi alcuni spunti, nel solito … ordine sparso:

  • La legge che regola la materia adesso è il nuovissimo codice del turismo, varato proprio nel 2011.
  • Finalmente, è stato riconosciuto espressamente il danno da “vacanza rovinata”, che, in precedenza era stato individuato come figura dalla sola giurisprudenza.
  • Per queste vertenze, è particolarmente importante avere una tutela giudiziaria.
  • La legge prevede termini molto brevi per denunciare i problemi subiti in vacanza: contattate il vostro legale di fiducia appena sarete tornati o addirittura se riuscite mandategli una mail dal luogo di vacanza.

Per ulteriori dettagli, rimando alla nostra scheda pratica in materia di tutela, in concreto, dei consumatori.

Buone ferie a tutti, e speriamo davvero che questi consigli non vi servano :-)!

Categorie
diritto

posso spogliarmi tranquillamente davanti al fotografo?

Mi hanno proposto un servizio di nudo. Sarebbero foto molto particolari, tipo madonne rinascimentali, oppure “astratte” (cioè un dettaglio anatomico ingrandito fino a sembrare solo una forma geometrica). Mi si vedrebbe anche il viso in alcuni casi. Ma il seno e i genitali sarebbero comunque esposti. Ho 26 anni, lavoro nell’ambito della comunicazione ma non escludo in futuro di voler lavorare anche come giornalista, o nell’ambito della politica. In generale aspiro ad avere una “carriera”. Ho paura che le foto, anche se pubblicate con pseudonimo, prima o poi possano essere usate contro di me. Esistono legislazioni in merito, cioè esclusione da certe cariche per aver posato senza veli prima di ricoprire un certo ruolo?

Non che io sappia, anzi io direi che l’art. 3 della Costituzione vieterebbe discriminazioni basate su elementi di questo genere, che peraltro, da quanto ho capito, non avrebbero comunque nulla di pornografico. Direi che il discorso sia esclusivamente di opportunità, e che quindi sia rimesso interamente alla tua valutazione, mentre ci sia poco di giuridico da dire.

A livello legale, quel che si può fare è curare gli aspetti contrattuali per assicurare che le immagini, una volta riprese, siano utilizzate come promesso e che, ad esempio, un domani tu possa revocare, in certi termini, il consenso alla pubblicazione.

 

Categorie
cultura diritto

sarà vero che gli omosessuali non possono guidare la macchina?

La Corte d’Appello di Catania ha confermato la condanna al risarcimento del danno, diminuendone l’ammontare determinato in primo grado, per i ministeri che, oltre 10 anni fa, avevano sospeso la patente ad un ragazzo, dichiaratosi gay alla visita di leva e che, per questo motivo, era stato riformato.

Tale episodio, così come quello simile di un ragazzo pugliese a cui è stato negato il rinnovo della patente a causa della propria omosessualità dichiarata sempre alla visita di leva, stimola qualche riflessione.

Le ragioni di tali comportamenti dell’amministrazione, volendole cercare, si possono ravvisare nella volontà di disincentivare le fraudolente dichiarazioni di omosessualità finalizzate, unicamente, ad ottenere l’esonero dal servizio di leva.

Seppure in tale ottica il comportamento dell’amministrazione appaia dotato di un qualche scopo, non è comunque  condivisibile, stante il carattere estremamente discriminatorio delle azioni intraprese.

Infatti, la sospensione della patente di guida in conseguenza della dichiarazione di omosessualità è in palese violazione dell’art. 3 Cost. (“tutti i cittadini hanno parti dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di condizioni personali e sociali”), come affermato anche dal TAR, pronunciatosi in merito, “l’omosessualità non può essere considerata un fatto che fa sorgere dubbi sull’idoneità psico-fisica del titolare della patente di guida”. Non solo, ma soprattutto “è evidente che le preferenze sessuali non influiscono in alcun modo sulla capacità del soggetto di condurre con sicurezza veicoli a motore“.

Nello stesso senso si è pronunciato anche il giudice di primo grado “I comportamenti tenuti dalle due amministrazioni appaiono in evidente discriminazione sessuale del G. ed in evidente dispregio dei principi costituzionali. I comportamenti dei due ministeri hanno cagionato grave danno e sofferenza per l’umiliante discriminazione subita”. In conseguenza “il comportamento delle due amministrazioni ha gravemente offeso ed oltraggiato la personalità del G. in uno dei suoi aspetti più sensibili e ha indotto in lui un grave sentimento di sfiducia nei confronti dello stato”.

A riprova della delicatezza ed importanza dell’argomento va ricordato che negli scorsi giorni gli europarlamentari hanno discusso  dell’argomento in un interrogazione parlamentare (con la collaborazione della dott.ssa Eleonora Cuocci).

articolo originariamente pubblicato su | Cadoinpiedi

cambiamento del nome e documenti anteriori

Mia moglie ha recentemente ottenuto dal ministero il cambio del proprio cognome (pratica avviata nel 2005). Mi chiedo, tutti i contratti (mutuo) intestati col vecchio cognome devono per forza essere cambiati o, in virtù del fatto, che la persona è la stessa possono essere mantenuti col vecchio cognome?

Non credo proprio, penso che i contratti possano bene essere lasciati così come sono.

Il riferimento normativo per il cambio del nome è il D.P.R. n. 396 del 3 novembre 2000, artt. 84 e ss., che prescrive che il decreto prefettizio che dispone il cambio del nome debba semplicemente essere annotato a margine dell’atto di nascita, direi pertanto senza nessun effetto retroattivo e conservando sicuramente sempre al titolare dei dati la possibilità di comprovare che prima del provvedimento il nome era diverso.