1) Di solito é meno preparato, cosa che nella pratica legale si traduce quasi sempre in un vantaggio perché lo fa propendere per una definizione amichevole della vertenza il prima possibile, in modo da poter tornare velocemente a dedicarsi a ciò che gli preme davvero.
2) A differenza delle donne, non ama i conflitti, che non lo fanno «sentire vivo», ma che sono un fastidio cui é piacevole porre rimedio appena possibile: anche questo é un vantaggio.
3) Se un concetto richiede quattro parole per essere illustrato, ne utilizza di solito quattro e non ottomiladuecentocinquantasette.
4) Gli avvocati maschi di solito sono molto più pigri delle donne, questo significa tuttavia che tendono a ingegnarsi molto di più per trovare soluzioni intelligenti e poco faticose per i problemi che sono loro affidati.
5) Un avvocato maschio non dipende dal giudizio altrui, che é invece il principale difetto tradizionale delle donne: questo conferisce alcuni vantaggi, e magari anche qualche ruvidità, nei tuoi confronti come cliente.
6) I legali maschi tendono a vedere tutto intero lo spettro di sfumature che presenta ogni singolo caso o situazione, mentre le avvocatesse tendono a ragionare in maniera più binaria di ragione / torto, specialmente dopo che hanno «approfondito» le questioni sottostanti oppure – e questa spesso é una tragedia – trovato la sentenza di Cassazione che agognavano.
7) Un avvocato maschio é estremamente più disordinato nel management, ma finisce per compensare questa pecca con un’ottima padronanza degli strumenti informatici, che, attraverso gli strumenti dell’OCR e della ricerca per stringa ad esempio, consentono a chiunque oggigiorno di ritrovare velocemente il documento che serve.
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salve, avrei bisogno di una consulenza a titolo confidenziale; potrei gentilmente sapere se lo sniffing abbia a che vedere con l’identificazione del reo sul web e se le cose possano essere fattibile pure per reati di tipo amministrativo?
Io non ho capito niente.
Ripeto per l’ennesima volta – se fai una ricerca tra i vecchi post del blog vedrai che ne ho parlato centinaia di volte – che quando ti rivolgi ad un avvocato devi esporre un problema concreto, non fare delle valutazioni in fatto o in diritto che non ti competono e, soprattutto, non consentono a chi ti potrebbe aiutare di darti una mano.
Fare domande di questo genere equivale ad andare dal dottore e, anziché dire una cosa come ad esempio «mi fa male qui», si facesse una domanda come «in caso di dolore nella regione cerebrale la diagnosi potrebbe essere quella di un’algia che riguarda la sfera ossea piuttosto che la materia grigia?».
Facciamo che ognuno svolge il suo lavoro: tu sei l’utente e il tuo compito è di descrivere il fatto, io sono l’avvocato e il mio è quello di dirti che cosa, relativamente a quel fatto, dice la legge.
Lo avevano codificato anche gli antichi giuristi romani: da mihi factum, dabo tibi jus.
Se non mi dai il fatto, io non sono in grado di capire niente e non sono in grado di darti nulla, anche volendo, anche se mi paghi.
A questo punto, se credi, se hai ancora bisogno, puoi:
lasciare un commento, cercando di spiegare il fatto in modo completo, preciso e consequenziale, sotto al post quando verrà pubblicato sul blog;
acquistare una consulenza: in questo caso fare una sessione zoom in cui sarò io ad aiutarti ad esporre la situazione, una volta completata la qual cosa potrò finalmente rispondere alla tua domanda.
Se vuoi acquistare la consulenza, puoi chiamare il numero di studio 059 761926 al mattino e concordare un appuntamento con la mia assistente, oppure acquistare direttamente da qui, nel qual caso sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora dell’appuntamento.
Iscriviti comunque oggi stesso al blog per ricevere futuri contenuti come questo utili per sapere sempre come muoversi nella gestione di situazioni legali.
1) La diplomazia consiste nel sapersi relazionare con garbo, tatto e delicatezza con altre persone in situazioni difficili in modo da perseguire i propri scopi, che dipendono sempre almeno in parte dalla collaborazione altrui, in modo molto più efficace.
2) La diplomazia, nonostante quello che molte persone pensano, é probabilmente la dote più importante per un avvocato, che non deve essere bravo a litigare ma a comporre o risolvere i litigi.
3) La diplomazia é un’arte resa difficile dal fatto che la maggior parte delle volte va praticata con persone con cui ti verrebbe molto più facile comportarti esattamente all’opposto.
4) Con la diplomazia, si passa dal «io dico sempre quello che penso!», oggi sfortunatamente molto di moda, al suo esatto opposto e cioè al «io penso sempre a quello che dico», scoprendo che nelle relazioni funziona di gran lunga di più il secondo metodo del primo.
5) Se un avvocato non sa praticare l’arte della diplomazia anche solo un minimo deve immediatamente cambiare mestiere e in mancanza dovrebbe essere sbattuto fuori dall’ordine perché può produrre danni molto grossi per i suoi clienti e non solo.
6) Chi cerca il celebre «avvocato con le palle» finisce quasi sempre col ritrovarsi un c@@@@one di avvocato, cioè una persona che confonde l’occuparsi in modo funzionale ed efficace dei problemi legali con la maleducazione, l’insistenza, l’alzare la voce e la radicale mancanza di tatto e delicatezza e, ancora più a monte, della consapevolezza della loro utilità.
7) Va ricordato che l’avvocato é solo, in fondo, un intermediario: può trattare con la controparte per raggiungere un accordo; se non lo si trova deve rivolgersi ad un giudice e in questo secondo caso é sempre il giudice che decide, mai l’avvocato – di conseguenza, l’avvocato non è mai in una situazione che gli possa consentire di comportarsi anche un minimo da prepotente…
8) La diplomazia richiede molta più intelligenza, sia logica che emotiva, del suo contrario e si giova anche dell’autorevolezza e fama di serietà che un professionista si è guadagnato dopo tanti anni di lavoro svolto secondo certi criteri e metodi e non altri.
9) Nei conflitti ci sono spesso le miserie umane di tutti coloro che ne sono protagonisti, é più raro che in un conflitto ci siano un netto colpevole e un’altrettanto netta vittima, per cui l’avvocato che vi si accosta deve farlo iniziando a praticare la delicatezza, la diplomazia e la maieutica proprio nei confronti del suo stesso cliente.
10) Per la pratica della diplomazia é necessaria l’arte dell’ascolto dell’altro, che deve essere completo, non giudicante, focalizzato – per questo per ogni avvocato sono fondamentali le pratiche di crescita personale, tra cui ad esempio banalmente la meditazione.
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1) Le spese comprendono il compenso del tuo avvocato ma anche, se perdi la causa, quella del legale avversario.
2) Il tuo avvocato può farti un preventivo per il suo compenso, ma non può prevedere se e quanto il €giudice potrebbe condannarti a rimborsare al tuo avversario.
3) Dopo il primo grado di giudizio potrebbero esserci altri gradi come l’appello e il ricorso in Cassazione e dunque nuove spese.
4) In caso di impugnazione, il giudice del grado successivo può cambiare la ripartizione delle spese anche per le fasi precedenti.
5) Se vinci e il giudice stabilisce che il tuo avversario ti rimborsi le spese, la misura potrebbe essere diversa da quella che hai pagato tu.
6) Potresti anche non riuscire a incassare le spese che il tuo avversario é stato condannato a rimborsarti, ad esempio se é insolvente.
7) Se anche il tuo avversario é stato condannato a rimborsarti, intanto il compenso del tuo avvocato lo devi pagare tu.
8) Se hai un reddito basso puoi chiedere il patrocinio a spese dello Stato, ma poi dovrai scegliere il tuo avvocato in un apposito elenco.
9) Un buon metodo per non pagare spese legali o costi di assistenza professionale é stipulare e mantenere una polizza di tutelalegale.
10) Potresti trovarti a sostenere spese vive molto importanti, come, in alcuni casi, il contributo unificato o il compenso del CTU .
11) Il tuo avvocato é obbligato a farti un preventivo per iscritto per quanto riguarda i suoi compensi.
12) Nel suo preventivo scritto, il tuo avvocato deve, per legge e per obbligo deontologico, indicare la sua compagnia di assicurazione.
13) Per controllare che la «parcella» di un avvocato sia corretta puoi prendere un altro avvocato, ma devi valutare che ne valga la pena perché bisogna studiare l’intero fascicolo e tutto il lavoro fatto per fare questo controllo.
14) Quando si raggiunge un accordo con gli avversari le spese sono sempre compensate, cioè ognuno si paga il suo avvocato.
15) Anche quando vinci una causa il giudice può stabilire che le spese siano compensate: ognuno si paga il suo avvocato.
16) La valutazione sui costi e sulle spese é una delle valutazioni fondamentali da fare prima di aprire una vertenza o una causa di qualsiasi natura – purtroppo non tutte le voci sono prevedibili e predeterminabili.
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1) Non sono illeciti penali o reati, di solito, per cui i Carabinieri, la Polizia e altre autorità non sono competenti ad aiutarti.
2) Il primo passo per trattarli é far spedire una diffida da un avvocato di fiducia.
3) Nella diffida si chiede la cessazione dei comportamenti ritenuti illeciti e sgraditi – come rumori, usi impropri aree comuni, mancati rimborsi spese, ecc. – precisando che in difetto si procederà con una causa.
4) Per le cause in materia di immissioni é di solito competente il giudice di pace.
Questo post per illustrarti, se sei cliente – anche solo potenziale – dello studio, come avviene la trasmissione a tuo favore dei documenti che ricevo durante la conduzione di una pratica o di una vertenza.
Può trattarsi di lettere – ovviamente quando non sono riservate – oppure di provvedimenti, anche banali come un rinvio o spostamento di udienza, o anche importanti, come ordinanze di ammissione di prove o addirittura la sentenza o il provvedimento che conclude una causa o, ancora, di qualsiasi altra cosa.
Il metodo che ho scelto e che dunque pratico di default all’interno del mio studio è quello di inviarti il documento non appena lo visualizzo, senza alcuna nota accompagnatoria, lasciando a te cliente decidere se vuoi, prenotare un appuntamento, anche solo di 15 minuti, per esaminare insieme lo stesso.
Successivamente all’invio del documento, comunque, ti chiamerà la mia assistente per concordare eventualmente con te un appuntamento, anche telefonico o videocall, per lavorare insieme sul documento.
L’unica cosa che aggiungo è il mio suggerimento circa l’opportunità di concordare un appuntamento, le forme e la durata, ma tu rimani libero di decidere di fare l’appuntamento, con che durata e modalità.
Ai tempi in cui scrivevo le note di accompagnamento al documento, per illustrarne meglio il contenuto, mi ero presto accorto che la maggior parte dei clienti comunque non capiva niente, o non capiva abbastanza bene, sia di quello che avevo scritto sia del significato e del contenuto del documento.
In seguito, peraltro, avrei dovuto constatare in maniera ancora più larga i grandi limiti della comunicazione scritta, decidendo di chiudere tutta la messaggistica, per cui ciò non fondo ora non mi stupisce affatto, anzi mi stupisce di più come potessi essere così ingenuo da poter credere di esser capace di comunicare efficacemente con alcune note accompagnatorie, ciò non tanto per limiti miei o tuoi come cliente, quanto per la tecnicità della materia e delle situazioni che andiamo ad affrontare, che, per chi non è del settore, richiede spiegazioni dettagliate.
Il problema, nello scrivere le – quasi sempre inutili – note accompagnatorie era poi anche un altro: la necessità di prendersi sia il tempo che il modo di redigerle, cosa che, nei casi in cui ricevevo il documento ad esempio mentre ero al cellulare, richiedeva di sospendere il lavoro e riprenderlo una volta tornato ad un computer da scrivania, cosa che si traduceva in una perdita di tempo, a volte anche non trascurabile.
Penso invece, tutto al contrario, che tu che sia mio cliente abbia diritto di ricevere al più presto possibile ogni nuovo documento che arriva relativamente alla tua pratica.
Ritardare potrebbe avere un senso se servisse a fare qualcosa di utile; considerando tuttavia che nella maggior parte dei casi le note sono inutili ed occorre sempre poi sentirsi a riguardo, non vale la pena perdere del tempo per redigerle e farti aspettare, mandandoti il documento con ritardo solo per accompagnarlo con osservazioni scritte che, come tali, servono a poco.
Come funziona più in particolare.
Ho capito così dunque che il metodo più funzionale è:
inviarti immediatamente (appena lo vedo, ovviamente) il documento, in modo che tu possa vederlo prima possibile;
suggerirti una ipotesi di appuntamento per discuterne «in diretta», lasciando comunque a te decidere.
In questo modo, io e te otteniamo diversi vantaggi:
tu ricevi il documento prima possibile;
se non hai bisogno di chiarimenti – ad esempio si tratta di un mero differimento di udienza, cosa rispetto alla quale la maggior parte delle persone non necessita di particolari approfondimenti – non c’è bisogno di sentirsi e di spendere tempo a riguardo;
in ogni caso, la decisione se commentare, «leggere» e interpretare il documento nuovo insieme a me viene lasciata a te, che così valuti se vuoi farlo o meno a seconda di come preferisci;
facendo un appuntamento insieme sul nuovo documento, finalmente puoi capire bene il contenuto, il significato, la portata e le implicazioni dello stesso.
Cosa puoi fare tu.
I miei clienti ai quali condivido un nuovo documento arrivato per una delle loro pratiche ricevono una mail – di solito – con il documento in allegato e un link a questo post, con l’avvertimento che verranno contattati dalla mia assistente per un appuntamento.
In questo modo, possono appunto valutare il da farsi.
Ovviamente, se sei mio cliente, ti consiglio di crearti una cartella nel computer in cui inserire man mano tutti i documenti che ti trasmetto, in modo da avere anche tu un tuo «archivio» che può essere utile, correntemente o anche in futuro per consultazione. Ovviamente, conserva la cartella in un dominio replicato sul cloud, per ragioni di backup e copie di sicurezza, come ad esempio dropbox o google drive o altri.
Domande frequenti.
Perché mi mandi una pec ricevuta in data 12 se oggi ne abbiamo 14?
Perché l’ho visualizzata il 14.
Non vivo attaccato al computer, grazie a Dio, e non vedo i documenti che arrivano immediatamente. Un tipo di vita di questo genere sarebbe improponibile.
Potrei, è vero, attivare ad esempio le notifiche delle nuove mail ricevute sul cellulare, ma le sole notifiche non sarebbero utili a niente: con una notifica, ad esempio, vedrei che mi è arrivata una pec, sempre ad esempio, dal tribunale di Modena. Per sapere di cosa si tratta dovrei aprirla e leggerla immediatamente.
Molto spesso non posso farlo perché sono in appuntamento con una persona e devo ascoltarla senza interrompermi, se anche potessi però non vorrei farlo. Non si può vivere in balia delle notifiche: ne arriva uno, sospendi tutto quello che stai facendo per aprirla.
Il mio metodo è consultare la pec ogni due o tre giorni e vedere e lavorare tutto quello che è arrivato di nuovo.
Quindi io ti mando le cose appena le vedo, ma può essere che le veda un paiuo di giorni dopo quello in cui sono arrivate.
Perché mi consigli un appuntamento per un documento che sembra insignificante?
A volte posso consigliare un appuntamento, magari solo di 15 o 30 minuti, anche in occasione dell’arrivo di un documento che può sembrare, e magari è, poco significativo, ma può rappresentare un’occasione utile per parlarne due minuti e fare poi un punto della situazione sulla pratica più in generale, di cui magari non si ha occasione di parlare da un po’ di tempo. Considerato che per molti appuntamenti si usano il telefono o le app di videocall e che quindi non c’è la perdita di tempo necessaria per spostarsi, può essere utile sentirsi in alcuni momenti per ricapitolare un po’ come stanno andando le cose. Sei sempre tu che comunque decidi quello che vuoi fare.
Per le lettere invece che sono riservate come funziona?
In questo caso, fare un appuntamento è indispensabile, perché non posso dartene una copia. In tali situazioni non ti arriverà la mail con il documento in allegato, ma verrai chiamato direttamente per un appuntamento.
Come fai per i documenti di grandi dimensioni?
Ti mando intanto uno screenshot del frontespizio come allegato alla mail, poi vedremo come mandartelo o prima dell’appuntamento o durante lo stesso.
Conclusioni.
Grazie per la tua attenzione, se hai osservazioni lasciami un commento, lo leggerò e risponderò volentieri.
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Le persone che cercano risposte ai loro problemi legali con google per lo più sbagliano.
Gli avvocati possono anche irritarsi quando questo succede, tuttavia devono anche chiedersi come mai google abbia acquisito più autorevolezza di loro.
Il «torto» degli utenti dove sta?
In un paio di cose.
Innanzitutto nel credere che sia possibile leggere e comprendere adeguatamente un articolo giuridico su di un determinato argomento senza disporre di una preparazione sistematica sul sistema giuridico, senza conoscere, di tale sistema, i principi fondamentali.
Questo é un errore che non fa solo Giggino con la quinta elementare, ma in esso cadono anche fior di professionisti. Un caso emblematico é quello degli ingegneri che si occupano di privacy e sicurezza informatica, che sugli aspetti giuridici finiscono sempre per mancare punti di vista importanti, proprio perché la loro preparazione non é giuridica.
Il secondo errore tipico é in realtà un corollario del primo e consiste nel trovare una sentenza di Cassazione, o di un altro giudice, e pensare di «avere la vittoria in tasca», sconsiderando che il nostro non é un sistema a precedente vincolante, anzi ne é ben lontano, dal momento che sono sempre di più i giudici che godono nel fare il contrario di quello che dice la Cassazione, per non dire di quello che riesce a fare la Cassazione stessa sulle medesime questioni.
Non c’è niente di male nel consultare google per farsi un’idea, anzi può essere molto utile e, se c’è un avvocato che incoraggia le persone a farlo, quello sono proprio io, anche considerando che da anni ormai oltre il 70% del mio fatturato viene dal blog, cioè da gente che trova i miei articoli con google, li trova interessanti e ben fatti e così decide di prendermi come avvocato.
L’importante è avere la consapevolezza dei propri limiti e cioè di sapere sempre che quello che ti é parso di capire leggendo un articolo giuridico potrebbe non essere da interpretare esattamente come lo hai capito tu.
Quello che puoi fare é farti una prima idea, poi subito dopo confrontarti con un avvocato e allineare quello che hai acquisito con la sua conoscenza completa del sistema giuridico e la sua esperienza di pratica giudiziaria.
Detto questo, ti voglio parlare adesso degli avvocati.
É umano irritarsi col cliente che pretende di saperne più di te, ma é anche doveroso per te, se sei un avvocato, chiederti come mai hai perso così tanto di autorevolezza.
É comodo dare la colpa a google e alla presunta stupidità della gente, ma la realtà é che questi due elementi non esauriscono affatto le cause del fenomeno.
La realtà è che gli avvocati hanno perso autorevolezza in generale, anche a prescindere da google.
Se google ci fosse stato cinquanta anni fa, nessuno si sarebbe sognato di portarne i risultati da un avvocato.
Non è neanche questione di rispetto, il punto é che le persone non hanno più fiducia negli avvocati.
Perché è successo questo?
La spiegazione per me è semplicissima: perché una fetta troppo grossa di avvocati é composta da legalesi che non hanno alcuna idea di come si faccia in modo efficace e tutelante per il cliente questa professione.
Un avvocato esce dall’Università preparato in una sola materia (e quando va bene!), il diritto, che rappresenta circa il 2% di quello che è necessario sapere per svolgere in modo decente questa professione, dopodiché non investe in niente, non per pigrizia, ma perché non ha nemmeno alcuna idea di quello che dovrebbe fare a riguardo.
Continua per anni sempre alla stessa maniera, a fare una formazione continua completamente inutile proposta dalle autorità forensi, completamente imbelle e sostanzialmente incapace anche solo di accogliere e ascoltare in modo adeguato un cliente.
A qualcuno forse questa ricostruzione potrebbe sembrare esagerata, ma ti assicuro che è la pura realtà, per quanto assurda, tragica, paradossale e te lo posso dimostrare e comprovare in dozzine di modi, se già non ne hai fatto esperienza da solo.
Forse è il momento di tornare ad avere, sia come utenti che come avvocati, la consapevolezza dei rispettivi limiti.
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Era da tempo che volevo scriverti un post come questo, per farti vedere di quante e quali cose mi può capitare di occuparmi in un solo giorno preso del tutto casualmente.
Ho preso appunto come esempio una giornata a caso di quelle che, da venticinque anni, affronto dal lunedì al venerdì, senza barare, senza modifiche, limitandomi a riportare solo quanto effettivamente svolto, proprio per dare l’idea di come le cose si presentano nella realtà.
Questo mi servirà anche per fare alcune considerazioni più generali su questa professione e sulla trattazione dei problemi legali.
Ho aspettato che trascorresse un po’ di tempo anche per rendere «ancor più impossibile» identificare i protagonisti delle singole situazioni, in ossequio sia al segreto professionale sia ad una esigenza di garbo e delicatezza.
Una mia giornata.
Ecco le cose che mi è capitato di fare nella giornata di cui ho scelto di riportare il lavoro, rigorosamente in ordine di svolgimento.
Nella prima ora, ho fatto una separazione con figli, con il sistema degli accordi in house. Con questo sistema, se i coniugi sono già d’accordo sulle condizioni, in un’ora si scrive direttamente l’accordo, si sottoscrive e lo si può passare per il deposito in Procura, previsto dalla legge.
In seguito, consulenza via zoom per valutare un ricorso cautelare per interruzione di fornitura di energia elettrica in un box auto in un condominio a Celle Ligure, con copertura di tutela legale e necessario coordinamento con la compagnia relativa.
Appuntamento in studio per un procedimento penale per guida in stato di ebrezza e causazione di un incidente stradale con impossibilità, per tale motivo, di accedere ai lavori socialmente utili. Purtroppo, quando si cagiona un incidente non si possono fare i LSU e si deve necessariamente pensare ad altre strategie per la gestione della situazione.
Appuntamento in studio per una situazione in cui valutare la composizione crisi da sovraindebitamento. Per questo tipo di pratiche, negli Stati Uniti ad esempio esiste una categoria di avvocati specializzata, si chiamano bankruptcy lawyers. Questi avvocati fanno solo pratiche di sovraindebitamento. Hai visto il film «The civil action», quello con John Travolta? Lui alla fine finisce davanti a un tribunale del sovraindebitamento.
Consulenza telefonico in merita al pagamento di una quota associativa per i membri di un club che non hanno potuto partecipare e frequentare lo stesso a causa delle restrizioni per i non vaccinati.
Incontro presso i servizi sociali di Vignola per trattare la situazione di una bambina rimasta senza genitori per conto degli altri parenti della stessa, in presenza di un provvedimento del giudice tutelare.
Consulenza in studio relativamente alla successione testamentaria che ha nominato erede un minorenne con nomina di curatore speciale.
Consulenza in studio sul diritto di visita e frequentazione dei nonni di un nipote
Consulenza via zoom per un procedimento penale di diffamazione su instagram, dove la persona offesa è un noto virologo…
Quando si cerca un professionista, si tende a focalizzarsi sulla, vera o presunta, «specializzazione».
Anche le nostre istituzioni forensi sono da anni, con davvero poca fortuna, alla ricerca di percorsi che consentano di definire delle specializzazioni, tendenzialmente un po’ come quelle dei medici, in modo che il «consumatore» o «cliente» possa ad esempio rivolgersi ad un familista, un giuslavorista, un penalista, un amministrativista e così via.
La «mania» della specializzazioni è frutto e corollario della tecnicizzazione della professione forense, cioè del passaggio da una situazione in cui l’avvocato era per lo più un umanista, con doti oratorie, di convincimento, di diplomazia, di trattativa, a quella in cui l’avvocato è o si vorrebbe che fosse più un tecnico: non importa la capacità di negoziare e di trovare soluzioni, magari anche innovative, per una determinata situazione, ma per ogni caso si presuppone che ci sia una norma e tutto quello che deve fare l’avvocato è … saperla o, nei casi meno fortunati, essere in grado di andarla a recuperare, per poi proporla ed applicarla.
Questa concezione della trattazione dei problemi legali, che è quella che oggigiorno va per la maggiore, sia presso i profani del diritto, cosa in fondo comprensibile, sia presso i professionisti del diritto, cosa invece meno comprensibile, ricorda la concezione illuminista secondo cui les Juges son la bouche de la loi.
Insomma, un avvocato sarebbe una specie di juke-box o catalogo in cui tu inserisci un problema legale e che relativamente al quale ti fornisce la «soluzione».
In realtà, le cose non stanno affatto così.
Per fortuna e grazie a Dio, il diritto non è quasi mai il modo in cui vengono definiti i conflitti tra gli individui e non mi riferisco solo ai casi conclusi con un accordo o transazione, ma anche a quelli definiti con sentenza – i provvedimenti dei giudici, infatti, sono sempre più creativi e reggono contro eventuali impugnazioni solo perché le parti, nonostante i buoni motivi per ricorrere, non hanno più voglia – e c’è ben da capirle – di essere ancora utenti del sistema giudiziario, dopo aver visto, a loro detrimento, come funziona.
Tagliare la quota di umanità.
Soprattutto, la tecnicizzazione, la pretesa che i problemi e le situazioni della vita siano risolvibili con un «prontuario» dove sarebbero elencate tutte le rispettive soluzioni, in realtà è un movimento, una pulsione o tendenza per rinunciare, scartare e tagliare definitivamente fuori la nostra quota di umanità.
Perché disturbarsi ad ascoltare gli altri, magari proprio quegli «altri» con cui siamo meno in sintonia o addirittura in aspro conflitto, quando ci sono dei codici e delle leggi che dicono a tutti cosa bisogna fare e ci sono degli avvocati che si possono pagare per ottenerne l’applicazione?
La tecnicizzazione, e quel suo corollario che è la specializzazione, trascura che in ogni problema legale, prima di venire all’applicazione del diritto, che deve sempre essere lasciata come ultima risorsa utile, si può parlare, ci si può confrontare, si può negoziare, in modo garbato e diplomatico.
L’avvocato con le palle è solo un coglione.
Anzi, la capacità di trattare in modo educato, delicato ed estremamente diplomatico è la prima qualità che deve avere un avvocato, tutto al contrario di quello che sembra credere la generalità delle persone che quando ha bisogno di un legale, cerca il famoso «avvocato con le palle», che poi è un presuntuoso, arrogante, indisponente che si è reso antipatico a tutti da decenni e che non può ottenere nulla di buono perché la buona cooperazione altrui è sempre necessaria per risolvere i problemi, anche e forse soprattutto quando ti rivolgi a un giudice.
Il grande, e a mio giudizio irrinunciabile, valore della mediazione è proprio questo, che prima di andare a combattere utilizzando strumenti comunque estremamente spuntati come il diritto e il processo civile italiani, si deve passare da una terra di ascolto reciproco, creatività nella definizione di soluzioni di compromesso, dove le tensioni finalmente hanno un’occasione per stemperarsi, dove si scopre che dietro alle posizioni del nostro antagonista ci sono motivazioni specifiche che meritano, se non condivisione, almeno comprensione, considerazione e appunto ascolto e dove, nei casi più fortunati, la questione viene definita con un buon accordo.
La tensione sia della società civile che degli avvocati stessi però non va in questo senso, non c’è una corsa ad aprire le finestre del dialogo, ma una specie di «corsa agli armamenti»: gli utenti vogliono l’avvocato «più bravo», il miglior fico del bigoncio, mentre gli avvocati studiano, studiano, studiano, prendono master, corsi di specializzazione, arrivano a spaccare il capello in quattro però alla fine il risultato è che diventano sempre più ignoranti.
«Più studiano e più diventano ignoranti».
È una cosa che si dice dalle mia parti, a Vignola.
Ignoranti in questo azzeccatissimo motto è usato non nel senso tecnico, relativo all’intelligenza logico razionale, ma fa riferimento a quella emotiva.
Una «ignorantata» a Modena non è una cosa che non si è saputa per mancanza di conoscenza, ma uno sgarbo, un comportamento inopportuno, che è considerato molto peggio, perché l’ignoranza nel senso proprio del termine, come mancanza di conoscenza, è scusabilissima, mentre il comportarsi da presuntuosi, l’essere maleducati, gratuitamente sgarbati, inopportuni è meno scusabile perché a capire come ci si deve comportare – «come si sta al mondo», sempre a Vignola – ci possono e ci debbono arrivare tutti in teoria, compresi quelli che non hanno potuto o voluto studiare.
Questa tradizionale considerazione è molto vera, perché a forza di studiare l’essere umano sale letteralmente dal cuore alla testa, si mentalizza e perde sempre più di vista la sua quota di umanità, con detrimento suo – la mentalizzazione è alla base della maggior parte dei problemi spirituali delle persone oggigiorno – e di tutti coloro che gli stanno intorno.
La Matrix è tutta intorno a te.
Insomma, è sempre la solita tendenza a far assomigliare sempre più l’uomo ad un robot, che poi è la profezia di molti romanzi di fantascienza da decenni a questa parte che, in qualche modo, si realizza.
Molte opere distopiche prevedevano un futuro a tinte fosche in cui gli uomini sarebbero stati dominati dalle macchine. È il classico tema, ad esempio, di Matrix, film meraviglioso che tutti conosciamo.
Questo si sta realizzando, con la sola differenza che non ci sono macchine fuori dall’uomo che stanno prendendo il dominio sullo stesso, ma che è l’uomo medesimo a trasformarsi sempre più in macchina, da un lato, o che si tende a dare il potere agli uomini più mentalizzati e più simili a robot o macchine, dall’altro, come ad esempio quando anziché cercare un avvocato che non abbia testa e cuore pieni di segatura, come si dovrebbe fare, se ne cerca uno che sia «specializzato» cosa che non vuol dire nulla.
Meglio un coglione specializzato di uno che non lo è?
Quando uno è un coglione, che sia specializzato non fa altro che ridurre l’ambito dei problemi in cui può dire o fare una cazzata. Può frequentare mille corsi di aggiornamento, prendere cento master, dozzine di laurea, leggere mille libri, tutti intorno al suo argomento di elezione (e che due maroni, peraltro!), ma non uscirà mai da questo, perché un coglione specializzato resta sempre un coglione.
Per non dire poi del fatto che gli utenti della giustizia non sanno capire qual è la specializzazione che in teoria a loro servirebbe – ad esempio cercano un amministrativista per il processo penale scaturito a seguito di un abuso edilizio – e che un problema legale:
a) spesso è multifattoriale (esempio tipico gli abusi edilizi appena citati, che spesso vanno affrontati dal punto di vista civilistico dei rapporti coi vicini, penalistico dei reati commessi e amministrativo urbanistico per eventuale sanatoria o comunque ricostruzione del relativo regime giuridico);
b) può nascere come pertinente ad un determinato ramo del diritto e finire per sconfinare in un altro (esempio separazione tra coniugi – richiederebbe un familiarista – che come asset hanno una società che detiene beni immateriali – richiederebbe un consulente in proprietà intellettuale).
Ripartire da San Paolo.
«Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza» (Paolo di Tarso, 2 Cor 11,16-33)
San Paolo ci ha lasciato una tradizione di concetti, considerazioni, costruzioni che sono fondamentali anche per l’uomo di oggi e tali resteranno per qualsiasi uomo, persino del futuro, perché cambiano le epoche, e l’uomo può venire sempre più alienato, ma le esigenze del suo cuore restano sempre le stesse.
Questa sua frase, contenuta nella seconda lettera ai Corinzi, è ciò da cui dovremmo ripartire tutti, come individui e come professionisti, in una società dove ci si vanta di continuo, dove sistematicamente si cerca, tramite i social ma non solo, di costruire un’immagine di sé diversa dalla realtà, con risultati rovinosi, dove la cifra del relazionarsi con gli altri è quella della presunzione e del giudizio, che è un vero e proprio veleno per chi lo pratica.
Si può ripartire dalla debolezza se non altro perché la debolezza è la realtà vera della condizione umana: siamo così deboli nel corpo e nello spirito che basta un niente – spesso un pensiero, un ricordo, un momento di stanchezza – per gettarci nello sconforto e nel malessere sia dell’anima che del corpo.
La medicina, e soprattutto la scienza, cui oggi molti guardano con ebete fiducia, se non addirittura con fede (del tutto malriposta: la fede può essere solo in Dio, non certo un metodo dell’uomo), non è riuscita a cambiare questo, non è riuscita a cambiare la nostra debolezza: a parte i milioni di persone che tutti i giorni muoiono, è sufficiente pensare alla qualità della vita di chi appunto resta in vita, soggetta a stress, difficoltà, angustie, problemi che lo abbattono.
Se partiamo dalla nostra debolezza, e riconosciamo che è una realtà, diventa tutto più facile: sia le relazioni fisiologiche, sia i problemi legali, che nella pressoché totalità dei casi sono solamente relazioni andate a male, per motivi che ormai dovrebbero esserti chiari.
Ecco come faccio a trattare con soddisfazione e successo problemi di natura così eterogenea come hai visto che mi capitano anche solo in una singola giornata, senza considerare tutte le altre.
Innanzitutto, rinuncio a sapere tutto, poi – prima di andare ad utilizzare la tecnica, e cioè, per un avvocato, il diritto – apro tutte le volte in cui è possibile una fase di dialogo, di ascolto, di confronto, che è tanto più feconda quanto più sono in grado di curarla e attenzionarla e che spesso mi conduce alla soluzione del problema senza bisogno di andare oltre.
San Paolo aveva molte più palle dell’avvocato con le palle.
La prossima volta che cerchi un avvocato cercane uno che sappia e condivida queste cose, non un luminare con quattro lauree con cui poi non riesci a parlare e che non ti ascolta.
Conclusioni.
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