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Tecnoguru.it: nuovo blog di tecnologia.

Nell’ambito del processo di suddivisione dei miei contenuti in diversi blog, ripartiti per tipo di argomento trattato, ho creato un nuovo blog con tutti gli appunti di tecnologia, i tutorial, le mie riflessioni e così via.

Il blog si chiama tecnoguru.it

Ti invito ovviamente ad iscriverti, perché, specialmente se sei una persona interessata alle automazioni su Mac e Android, pubblicherò man mano molti contenuti interessanti e pratici, che ti metteranno in grado di fare molte più cose con le tue periferiche.

Naturalmente, il limite non sarà solo quello software, ma tutto quello che riguarda il mondo della tecnologia, compresa la meccanica, le automobili e qualsiasi altra cosa. Da un certo punto di vista, funzionerà anche un po’ come appunti personali, che condividerò perché come sempre gli appunti che scrivi per te possono essere utili per gli altri.

Inizialmente, avevo messo i contenuti tecnologici nel mio brand per avvocati, ma ho dovuto prendere atto del fatto che solo una parte degli avvocati é interessata ad argomenti di tecnologia, specialmente avanzata, come le automazioni, per cui ho preferito «tornare sulla terra» nel mio blog per avvocati, limitandomi agli argomenti più tradizionalmente forensi, e fare un blog a parte, considerando anche, d’altro canto, che la tecnologia, salvo argomenti specifici e di categoria come ad esempio il processo civile telematico, può servire sempre a tutti.

Ovviamente, anche a questo blog é collegato un lavoro, nel senso che per coloro che lo desiderano sarà possibile prenotare un’ora o più di assistenza da parte mia, in studio a Vignola oppure da remoto, per un aiuto nel realizzare le cose di cui parlo o per risolvere problemi.

Come con tutti i miei blog, sarà possibile mandare una domanda gratuita, cui risponderò sul blog stesso.

Proprio perché utile a tutti, ti consiglio l’iscrizione al blog, che, del resto, avrà un flusso editoriale specifico, come sempre avviene quando posso coi miei blog. Naturalmente, potrai sempre rimuoverti nel momento in cui vedessi che non è interessante per te.

Per sapere quali sono le altre cose di cui mi occupo, puoi collegarti a questa pagina, dove trovi una brevissima guida al mio mondo di contenuti e dove potrai approfondire quello che magari per te é di maggiore interesse.

Grazie per seguirmi sempre con così tanto affetto, buona giornata, un abbraccio.

Vai subito su tecnoguru.it e inserisci la tua email per ricevere automaticamente tutti i nuovi articoli. Se vuoi puoi seguire il blog anche via RSS, se non sai che cosa sono i feed RSS allora hai un motivo in più per seguire il blog 😂

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No pene in chat – nuovo servizio!

Oggi lanciamo, in anteprima mondiale, un nuovo servizio di assistenza legale e counseling per la difesa, a tutto tondo, delle donne che ricevono peni in chat.

Un vero e proprio scudo anti pene.

La tentazione del maschio di imporre il proprio fallo a quante più femmine possibile è sempre stata dilagante, ma oggigiorno, grazie alla diffusione delle reti sociali, è divenuta addirittura incontenibile.

Diventa infatti estremamente agevole per qualsiasi malintenzionato raggiungere la casella di messaggistica di una qualsiasi donna, per spedire la foto del proprio pene – senza nemmeno considerare che, come è stato giustamente sottolineato, non tutti i peni sono fotogenici.

Ma come funziona più in dettaglio?

Come avvocati particolarmente attenti alla condizione femminile, e alla dignità della donna in particolare, ci siamo posti la domanda su come sarebbe stato meglio procedere per configurare un servizio di vera tutela per le frequentatrici dei social.

Ci è apparso subito evidente come per problematiche di questo genere fosse necessario un approccio di tipo interdisciplinare.

Abbiamo così costituito una piccola squadra di professionisti di pronto intervento, in grado di scattare immediatamente nel momento in cui una donna riceve una foto di pene in chat.

Ad esempio, c’è naturalmente un avvocato in grado di inviare la richiesta danni all’autore della prodezza e di presentare le denunce presso le autorità, c’è un investigatore nel caso in cui sia necessario risalire all’identità dell’aggressore, c’è un counselor per poter fornire immediatamente un adeguato supporto spirituale alla donna rimasta vittima di gesti del genere.

La donna che avrà sottoscritto il nostro servizio verrà munita di un apposito badge da esporre in tutti i propri profili sociali, e in tutte le proprie fotografie pubblicate sui social, recante la dicitura «no pene in chat» in modo da rendere esplicito il diniego all’invio della foto di un pene in chat e da far conoscere ed eventuali malintenzionati che la sua casella postale è protetta dal nostro servizio multidisciplinare.

Ma non è finita qui.

Noi infatti siamo anche proattivi. I nostri ingegneri sociali infatti hanno predisposto un apposito software per la catalogazione di tutti i peni che verranno ricevuti dalle nostre clienti, in modo da creare man mano e col tempo, grazie alla collaborazione sociale, un vero e proprio database di foto di peni, in grado di consentire più facilmente la individuazione dei responsabili degli illeciti, tramite apposite utilities di riconoscimento automatico e controllo incrociato dei peni.

Per quanto riguarda la tariffazione, abbiamo pensato ad una modica cifra annuale a forfait; in questo modo le nostre clienti, con una spesa contenuta, potranno godere della sicurezza di aprire la propria casella postale senza ricevere brutte sorprese.

Presto creeremo la pagina prodotto nello store del nostro sito.

Se sei interessata a sottoscrivere l’abbonamento al servizio no pene in chat, mandaci nel frattempo una richiesta tramite il modulo di contatto.

accesso abusivo a sistemi informatici

Vi illustro il mio problema : avevo un account FaceBook che diverso tempo fa avevo provveduto a disattivare (non cancellare) al fine di creare un nuovo account (quello che attualmente utilizzo).
Qualche giorno fa mi è giunta comunicazione che il vecchio account era stato riattivato (come se qualcuno avesse provveduto all’accesso con le mie credenziali provocandone così la riattivazione), ovviamente la riattivazione non è stata da me voluta.
Tale riattivazione,  nel caso qualcuno si fosse impossessato delle mie credenziali, è illecita?

Il nostro codice penale all’art. 615 ter prevede una fattispecie di reato: “accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”. Detto reato si ha quando qualcuno si introduce abusivamente in un sistema informativo protetto da misure di sicurezza, o vi si mantiene contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo.

Alla luce di quanto sopra, posso dire che utilizzare le Tue credenziali per riattivare un Tuo vecchio account , senza il Tuo consenso, non è certamente lecito.

Il mio consiglio è quello di sporgere querela presso le autorità competenti.

 

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ancora sulla possibilità di trasferire un software

Sono architetto, ho acquistato una licenza di software cad quando esercitavo la mia attività come STUDIO ASSOCIATO. ora ho trasferito integralmente (chiudendo lo studio associato) la mia attività in una SOCIETA’ DI INGEGNERIA S.R.L. Nel contratto di licenza leggo che non posso trasferire la licenza alla nuova attività senza il consenso esplicito del produttore. Ho mandato una richiesta al produttore ma mi dice che non è possibile a meno che non acquisti un aggiornamento del software: questo costo aggiuntivo non era scritto nelle clausole contrattuali iniziali. Cosa posso fare?

Niente purtroppo, se non acquistare l’aggiornamento software previsto. Della materia ci siamo già occupati in un articolo precedente, al quale rimandiamo, dove si spiega appunto che anche in materia di trasferimento del software fanno fede le condizioni di licenza ed a quelle occorre comunque far capo.

Non ha rilevanza che il costo aggiuntivo non fosse scritto nelle clausole contrattuali iniziali, nelle quali era sicuramente scritto, tuttavia, che il software non poteva essere ceduto senza il consenso dell’autore o del detentore dei diritti, con la conseguenza che, partendo da questo dato, il titolare dei diritti può regolarsi come meglio crede quando poi ammette la possibilità di cessione, determinandone come meglio preferisce le condizioni.

L’unico possibile workaround potrebbe essere quello di realizzare una cessione di azienda dal vecchio studio associato alla nuova srl, ipotesi in relazione alla quale molte software house consentono esplicitamente la cessione. Ma bisognerebbe sia vedere cosa dicono in merito le condizioni di licenza del software sia vedere se vale la pena di effettuare tale operazione, con i relativi costi, rispetto all’ipotesi di acquisto dell’aggiornamento software.

Il docente rifiuta di inserire il materiale delle lezioni sull’hard-disk virtuale

Buongiorno Avv Solignani e complimenti per il suo sito davvero di ottima professionalità e qualità! Sono uno studente/lavoratore ho creato un hard-disk virtuale dando password ed user ai docenti in modo che gli iscritti al corso universitario possano effettuare il download di programmi, libri consigliati, slide delle lezioni ecc caricati dai docenti. Ho quindi registrato su live.com un indirizzo del tipo disciplina.comunesededelcorso@live.com ad esempio economia.pincopallo@live.com che è simile ad un loro indirizzo di posta. Il coordinatore del suddetto corso lo definisce un atto gravissimo e mi ordina di cancellarlo altrimenti incaricherà l’ufficio legale dell’università. Secondo lei devo adempiere oppure no? Devo dirle che son portato a farlo esclusivamente per buona pace di studente…che deve ancora dare molti esami e non vuole nemici…ritorsioni ecc. Grazie e saluti

Il problema di fondo della questione è il diritto d’autore. Inserire dati o documenti protetti da diritto d’autore, come un testo universitario, in una banca dati online comporta sicuramente alcuni rischi.

E’ evidente che il titolare del diritto d’autore su un’opera che Lei voglia mettere online (per quanto protetta da password che, tuttavia, non sono mai sicure al 100%) possa chiedere garanzie e, se non le ottiene, vietare la diffusione dell’opera.

Se ci fosse la certezza che il materiale universitario venga utilizzato solo dagli iscritti ai corsi della facoltà, allora non ci sarebbero problemi. Ma, trattandosi di risorse diverse dall’open source, occorre il consenso dell’autore.

Resta il fatto che la Sua idea è assolutamente moderna, condivisibile e in armonia con lo spirito universitario (quello vero).

Al massimo provi a sentire se è possibile inserire questi documenti nel database della rete locale interna all’università.

quando si vogliono vendere dei software, senza aprire la partita IVA

Sono un appassionato di programmazione nella mia vita ho spesso sviluppato programmi anche a volte molto complessi per il solo piacere di farlo o per aiutare alcuni amici ma questo poteva accadere prima che mi formassi una famiglia e data la crisi diciamo che ora vorrei provare a sviluppare programmi per guadagnarci qualcosa. Sono totalmente a digiuno per quel che riguarda le leggi che regolano il tutto. Quello che però nello specifico vorrei sapere è:  Dato che non ho molti fondi a disposizione e non ho la partita iva come potrei fare per cominciare la mia attività di vendita di software creati da me oppure fare software personalizzati per venderli alle aziende? Il mio quesito è maggiormente incentrato su cosa potrei fare per cominciare a provare come va questa attività senza dover spendere soldi che poi andrebbero persi nel caso in cui la cosa non funzioni? Es posso fare dei programmi e venderli tramite ebay? anche in questo caso dovrei avere la partita iva? Posso però in questo caso far si che sia illegale copiare un mio programma senza la mia autorizzazione? Non è che non voglia investire soldi in una nuova attività ma non vorrei sprecarli nel caso la mia attività non portasse frutto. Il punto è che quando è gratis ti arrivano richieste di software senza fine e conti ma quando poi comici a far pagare il tuo lavoro le richieste diminuiscono mostruosamente.

Le domande che mi poni più che per un legale sarebbero per un fiscalista. In ogni caso cerco di risponderti per quanto posso.  Se intendi svolgere un’attività dalla  quale ti deriva un guadagno,  inevitabilmente nascono degli obblighi di natura fiscale. Infatti, a rigor di logica,  tutto ciò che si guadagna va dichiarato e quindi oggetto di tassazione. La dichiarazione va fatta all’Agenzia delle Entrate, a cui ti consiglio di rivolgerti per avere informazioni più dettagliate. E’ chiaro che un’attività marginale, che quindi non abbia il carattere dell’abitualità e non abbia una periodicità, non può essere considerata un’attività commerciale.

Successivamente, qualora tu lo ritenga opportuno, credo che tu debba poi riflettere sull’opportunità di registrare o meno i tuoi software, al fine di ottenere il riconoscimento del diritto d’autore che ti tutelerebbe da un utilizzo altrui illegittimo della tua creazione.

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la raccolta fondi per la causa di rimborso della licenza Windows

Volete vivere in un mondo dove poter acquistare un computer portatile senza dover pagare la licenza di Windows? Perchè ad esempio volete installarci Linux o un altro sistema operativo… Dovrebbe essere un diritto garantito a tutti e invece a tutt’oggi chi ci prova si trova di fronte rifiuti, muri di gomma e pastoie varie, con il risultato che la “tassa” continua ad essere applicata nella quasi totalità dei casi.

Un giovane ed affezionatissimo lettore del blog, Andrea Lazzarotto, ha lanciato una raccolta fondi per fare una causa a Dell per il mancato rimborso della licenza in questione nel portatile da lui acquistato. In effetti questa causa, se giungerà a risultati positivi, potrebbe costituire un secondo importante precedente, utile per tutti i consumatori, dopo il primo contro HP.

La causa, se si raggiungeranno i fondi necessari, sarà seguita da noi come studio. Naturalmente, abbiamo fatto un preventivo di favore, facendo in questo modo anche noi la nostra piccola donazione.

Il caso di Andrea è descritto in questo nostro precedente post, mentre la raccolta fondi si trova a questa pagina.

Invitiamo tutti a partecipare. Se volete maggiori dettagli sulla raccolta fondi, lasciate un commento direttamente nel blog di Andrea, che pubblica anche e mantiene aggiornata la lista dei sottoscrittori, se invece volete chiedere particolari tecnici su come verrà impostata la iniziativa giudiziaria, siamo naturalmente a disposizione, lasciate un commento qua sotto.

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se la DELL non rimborsa il costo della copia di Windows

Ho acquistato a inizio mese un portatile Dell che mi è arrivato il 9 ottobre. Due giorni dopo ho inviato una raccomandata AR con la richiesta di rimborso Windows presente sul sito dell’Aduc, adattando i campi al mio caso specifico (è più una diffida ad adempiere che una richiesta). Ora mi ha risposto un responsabile di Dell (mi ha inviato via mail una copia della risposta che deve ancora arrivare in forma cartacea) indicandomi quanto segue (è un riassunto):

Come da condizioni generali di vendita non facciamo il rimborso delle singole licenze, ma il ritiro dell’intero prodotto ed il relativo rimborso.

Questo è specificato al punto 7.3 delle condizioni generali di vendita:

Nel caso in cui il Cliente decida di non accettare la licenza del sistema operativo all’eventuale avviamento, Dell accetterà la restituzione dell’intero Prodotto per il rimborso solo nei tempi indicati, rispettivamente, nel presente articolo per i Consumatori e i non Consumatori.

Per “Intero prodotto” si intende la configurazione completa da voi acquistata; la definizione di PRODOTTO è indicata nel punto 1 delle Definizioni dove si indica chiaramente singoli prodotti compresi i software. Non consideriamo queste clausole vessatorie dal momento che le definizioni/condizioni si legano tra di loro spiegando chiaramente le condizioni di contratto (…)

Vorrei inoltre fare alcune precisazioni:

  • Il modulo ADUC e tutto cio’ che viene riportato nel sito è a nostra conoscenza. (modello  pre-impostato e udienza del 2006).
  • Le cifre da voi riportate nella lettera (180€) non corrispondono a quanto da voi realmente pagato.
  • Il rimborso concesso al Sig. Mario Santagiuliana, come correttamente indicato da lui stesso sul sito ADUC e sul suo Blog personale, si tratta di un’eccezione e di una decisione non legata alla licenze in se.

Secondo te ha senso questa risposta? A me dà tutta l’aria di un modo per scoraggiare un utente poco determinato. Nel caso che (come penso io) la clausola sia effettivamente vessatoria e usata come spauracchio, cosa posso fare per tutelarmi? Mi toccherà per forza adire le vie legali?

Sicuramente se non ti accontenti della supercazzora che ti hanno mandato quelli della DELL, devi procedere per le vie legali o quantomeno mandare una richiesta di rimborso tramite un legale. Te lo dice la stessa risposta di DELL: la loro policy generale è quella di non rimborsare mai le singole licenze, ma semmai di fare singole eccezioni. Queste eccezioni, come potrai immaginare, non sono certo dettate dalla maggiore o minore simpatia del cliente, ma dal fatto che questi sia stato determinato, o meno, a proseguire giudizialmente in mancanza di restituzione del costo della licenza.

Noi viviamo nella terra dei cachi, dove il consumatore è trattato come uno zerbino finchè non alza la testa e, visto che di consumatori che lo fanno ce ne sono 1 su 1000, le aziende continuano a fare come gli pare perchè comunque gli conviene, soddisfarne cioè uno a fronte di 999 che continuano allegramente ad inchiappettare, con buona pace dei governi, delle leggi europee e delle associazioni dei consumatori. E’ per questo che io insisto sempre con le forme di tutela giudiziaria. Se tu ne avessi una, adesso, non avresti problemi a far valere i tuoi diritti, perchè potresti incaricare qualsiasi avvocato senza spendere un centesimo, sorretto dalla compagnia. Ma purtroppo non molti lo capiscono, del resto se viviamo in un contesto di questo genere qualche colpa deve avercela anche la famosa “gente”, che ancora fatica a darsi una mossa nella direzione giusta.

Per il resto, e venendo al merito della questione, la vessatorietà della clausola contenuta nelle condizioni generali DELL è opinabile, perchè la giurisprudenza in effetti è costante nell’affermare che tutte le condizioni e clausole che servono meramente a determinare l’oggetto del contratto non sono vessatorie, così come quelle che riguardano l’equilibrio economico delle prestazioni. Naturalmente in giurisprudenza e nella prassi ci sono precedenti favorevoli al consumatore, che ha ottenuto lo “scorporo” della licenza windows dalla macchina acquistata, ma bisognerà vedere come ragionerà il giudice che ci occuperà eventualmente del tuo caso.

La legge, come in molti casi, comunque molti di più di quello che si tende solitamente a pensare, non fornisce una risposta certa ed univoca e questa è proprio una delle ulteriori ragioni per cui bisogna munirsi di una forma di … lascio a te indovinare … che in caso di perdita di una causa, che può sempre accadere, si faccia carico delle spese.

A parte questo, se vuoi un preventivo per fare la causa, o esaminare meglio la questione, contattami pure per mail. In bocca al lupo.

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la “donazione” del proprio lavoro ad un progetto open source

Discutendo con alcuni colleghi di altre aziende open source, e’ circolata l’idea che avere un dipendente che lavora a tempo pieno per migliorare/documentare/contribuire pubblicamente a un progetto open source possa essere considerato, in modo molto lato, una donazione a un progetto esterno. Ritieni che possa esserci un fondamento? potrebbe essere un potenziale vantaggio delle aziende open source? Se fosse vero, e potesse portare a un vantaggio fiscale, sarebbe una vera rivoluzione che potrebbe sensibilmente agevolare anche quelle aziende  “non open” che scelgono di adottare l’open source invece del software tradizionale (Martino, via mail)

Non credo che una soluzione di questo genere sia configurabile in un ordinamento giuridico come il nostro. Ciò pur essendo non privo di fondamento il tuo discorso, dal momento che mettendo a disposizione un proprio dipendente verso un progetto open source si compie, di fatto, sicuramente un atto di liberalità. Il discorso  tuttavia va valutato quasi esclusivamente ai fini fiscali e, pur non conoscendo la normativa in materia, posso dirti che solitamente le leggi tributarie nel prevedere eccezioni all’imposizione o regimi agevolati sono molto precise e difficilmente vi si possono trovare clausole generali applicabili anche nel nostro caso.

Inoltre bisognerebbe vedere caso per caso. Ci sono anche aziende che fanno quel che dici tu, ma in realtà verso un progetto open source che poi “rivendono” in forma di consulenza ad altre aziende, quindi alla fine lo scopo di liberalità almeno in questi casi si affievolisce molto.

Puoi sentire da un fiscalista, ma secondo me le speranze non sono tante.

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gmail mette la posta elettronica certificata nello spam

Oggi è il 14 agosto e sono al lavoro. Ma non è di questo che voglio parlare… C’è poco traffico in giornate come queste e c’è tempo di guardare anche la cartella spam di gmail, dal nostro studio utilizzata all’interno del sistema di google apps, messo a disposizione da google per le organizzazioni. e, quindi, per un uso professionale. Dentro ci trovo, purtroppo, una comunicazione di posta certificata dal Corecom dell’Emilia Romagna per la fissazione di un tentativo di conciliazione per una controversia telefonica.

La legge italiana stabilisce che quando un mittente, titolare di una casella di posta elettronica certificata, spedisce un messaggio certificato all’indirizzo di mail semplice, cioè non certificato, di un altro utente, se questo indirizzo è “pubblico” – ed il mio lo è, essendo pubblicato non solo su internet, ma anche nell’albo ufficiale degli avvocati – ebbene questo messaggio si considera ricevuto, così come una raccomandata cartacea tradizionale.

In sostanza, se non avessi guardato nello spam, avrei “bucato” l’udienza fissata per il tentativo di conciliazione e la colpa sarebbe stata solo mia, perchè il Corecom era a posto a tutti i sensi di legge.

E’ vero che, accanto al mio indirizzo non certificato, ho anche una casella di posta certificata, ma il Corecom non è tenuto a saperlo e può spedirmi posta certificata anche al mio indirizzo non certificato.

La posta certificata, così come è stata configurata nel nostro Paese, esiste appunto solo in Italia. Però sarebbe bene che Google nel distribuire i suoi peraltro fantastici servizi in tutto il globo tenesse conto anche delle realtà locali e, nel nostro caso, eliminasse subito la possibilità che qualsiasi messaggio proveniente da un indirizzo di posta certificata possa finire nello spam. Anche perchè gli spammers non usano, e non useranno mai, per ovvi motivi la posta certificata.

Tutto questo vale non solo, naturalmente, per noi avvocati: qualsiasi persona può ricevere una mail di posta certificata, ad esempio da un creditore che esige un pagamento o da una ex moglie… In tutti i casi, insomma, in cui si può ricevere una raccomandata cartacea tradizionale. Date pertanto sempre un’occhiata alla vostra cartella spam, perchè un “falso positivo” di posta certificata potrebbe costare molto, ma molto caro!