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trattare i problemi legali

Conserva con cura i tuoi documenti delle cause.

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diritto

Coronavirus: udienze a trattazione scritta.

Le udienze civili dei procedimenti pendenti che si dovrebbero tenere con la presenza delle parti in questo periodo sono in corso di conversione, da parte dei magistrati titolari, in «udienze a trattazione scritta».

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La legislazione emergenziale sull’epidemia da coronavirus, infatti, ha previsto questo sistema per poter consentire di celebrare ugualmente le udienze nonostante l’obbligo di tenere chiuso il tribunale ed evitare la comparizione delle parti. Ovviamente solo per quelle udienze per cui non è prevista la comparizione delle parti personalmente, cioè i diritti interessati, ma è prevista solo quella degli avvocati.

Scrivo a riguardo qualche nota illustrativa, anche perché sto ripetendo le stesse cose a tutti i clienti dello studio cui stanno capitando queste «conversioni» alla trattazione scritta e può quindi essere utile avere come al solito un testo unico consultabile da tutti, oltre che, come pure avviene ormai da molti anni, utilizzabile anche dai colleghi.

Come funzionano le udienze a trattazione scritta?

È intanto, bisogna dirlo subito, un bisticcio linguistico  forse avrebbero potuto trovare un’altra formula per denominarle, perché udienza, per definizione, è qualcosa che si svolge alla presenza delle parti e del giudice, mentre qui non c’è proprio nessuna udienza, c’è solo una trattazione scritta, anche se è vero, che, legislativamente, è paragonata all’udienza, in virtù dell’emergenza.

Assodato che nessuno compare da nessuna parte, nessuno va nemmeno in giro, perché i depositi che ci sono da fare sono tutti telematici, come funziona dunque questa trattazione?

Il giudice fa un provvedimento che fissa la data della nuova «udienza» o meglio «non udienza». Più che una data di udienza, dunque, sembra essere un termine, anche se non è vincolante per il magistrato che si riserva di decidere anche in seguito, come peraltro avviene nelle udienze tradizionali, come ho spiegato anni fa in questo post.

Oltre a fissare la data della «udienza a trattazione scritta», il giudice fissa anche un termine, di solito di circa una settimana o due prima, entro il quale le parti devono fare quelle richieste che avrebbero fatto all’udienza con un «foglio», che poi in realtà è un file, di solito un documento di Word per capirci, che poi viene depositato telematicamente tramite appunto il processo civile telematico.

In alcuni provvedimenti che mi è capitato di leggere, il giudice invita anche ciascun avvocato, nel momento in cui fa il deposito, a mandarne una copia via pec ai colleghi avversari costituiti. Mi sembra opportuno seguire questo invito, anche per sopperire con un po’ di correttezza tra di noi a eventuali malfunzionamenti o ritardi delle pec – che, peraltro, non sono nemmeno dovute e venivano mandate solo per cortesia – che in questo periodo sono tutt’altro che improbabili.

Anche questi termini per i depositi anteriori all’«udienza» sono di incerta definizione e di discutibile portata, in un altro provvedimento mi è capitato ad esempio di vedere assegnato un termine per «eventuale rinuncia agli atti del giudizio in caso di accordo», ma è assolutamente certo che la rinuncia agli atti del giudizio si possa fare in qualunque stato e grado e di sicuro anche dopo l’eventuale scadenza del termine – diciamo che in questo caso è il giudice che chiede agli avvocati la cortesia di avvertirlo per tempo nel caso di raggiunta transazione, ma non è per certo un termine in senso stretto.

Come ho già scritto qualche post addietro, sempre a proposito della situazione attuale di epidemia da coronavirus e soprattutto lockdown, i signori assistiti degli studi professionali, e anche i professionisti stessi, devono cercare di avere molta pazienza… Purtroppo, si naviga molto a vista. Le stesse udienze a trattazione scritta sono previste da decreti legge che potrebbero cadere o essere modificati, anche significativamente, in sede di conversione. Da un giorno all’altro esce o può uscire un nuovo provvedimento normativo destinato a cambiare il quadro o la cornice normativa del processo, almeno in questo periodo.

Da parte nostra, come avvocati, noto che c’è una estrema attenzione e una grande cura nel seguire la legislazione in materia e nel cercare di capire come è meglio operare, quindi mi sento di dire che questa sia una prova che la classe forense italiana stia superando dando, per una volta, prova di grande serietà, competenza, efficienza e dedizione e questo mi rasserena e mi conforta davvero molto.

Se sei un cliente, dunque, segui le indicazioni del tuo avvocato con fiducia, alla luce delle illustrazioni che ti ho fornito sopra, tenendo presente che la situazione è difficile ma che i rimedi ci sono e le cose in qualche modo le cose dovrebbero andare avanti.

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diritto

Per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?

Nel 2012 durante i lavori di completamento della mia prima casa ho allontanato il costruttore perché non ero soddisfatto della sua prestazione .ho offerto a lui una cifra di 10 mila euro per il lavoro svolto e mi ha citato in giudizio per pagare una cifra di 24mila euro . Dopo 6 anni di perizie e processi il giudice ha stabilito che l’importo residuo era di euro 800mila euroe il mio avvocato ha fatto a modo suo stabilendo un piano di pagamento che non posso onorare. Il tutto mi è costato 17mila euro a fronte di un debito di 800mila euro posso pretendere il risarcimento delle spese legali sostenute che mi hanno dato ragione? Non vorrei fare causa ma usare questa possibilità per chiudere la faccenda io non ti do nulla tu non midai nulla.

Il quesito non è molto chiaro, per usare un eufemismo: come si può passare da una situazione in cui si è in ballo tra una somma di 10.000 euro, da un lato, e 24.000 euro, dall’altro, ad una in cui il valore in questione è 800.000?

Inoltre, la perizia e il processo dovrebbero essere stati, rispettivamente, una e uno soli, per lo meno in sei anni.

Per quanto riguarda il piano di pagamento, immagino, in generale, che il tuo avvocato abbia provato a renderti più agevole un pagamento importante. Forse c’è stato un difetto di comunicazione tra voi, se ti ha elaborato un piano che non è per te sostenibile?

Non capisco, infine, perché tu sostenga che ti abbiano dato ragione e a che cosa, a riguardo, esattamente tu ti riferisca.

Mi sembra che nella vicenda in questione ci sia una grande confusione. Ti suggerirei di prenotare una consulenza per poter parlare con un avvocato o di persona o quantomeno al telefono in modo da chiarire meglio qual è la situazione e che cosa è consigliabile fare.

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diritto

CTU: se una parte non lo paga, paga tutto l’altra?

mio padre ha attualmente in corso una causa con un architetto che a seguito di lavori svolti presso la sua abitazione, ha provato ad estorcergli 6mila€. Nel corso della causa il giudice ha nominato un perito che ha effettuato una perizia presso l’abitazione di mio padre ed al seguito di quest’ultima si è visto richiedere dal tribunale il pagamento di € 900 quale somma dovuta al perito. Mio padre ha regolarmente pagato entro i termini prefissati, ma pochi giorni dopo è stato contattato dalla banca perché il tribunale ha eseguito un pignoramento di €2900 e rotti in quanto la controparte non ha pagato il perito, essendosi dichiarata nullatenente (un architetto che gira con un mercedes da 90 e più mila €). Vorrei sapere se questa cosa fatta dal tribunale è giusta e se ci sono mezzi per opporsi al pignoramento. Di certo sto vivendo in prima persona lo schifo del sistema giudiziario italiano.

La giustizia di questa cosa ognuno deve valutarla da sé, qui non discutiamo, generalmente, di cosa è giusto o meno, ma di quello che è legittimo o illegittimo, cioè previsto e consentito dalla legge, o meno, a prescindere dall’eventuale giustizia o ingiustizia.

A questo riguardo, ti devo dire che la cassazione, ad esempio, ha più volte ribadito la regola secondo cui l’obbligo di pagare la prestazione eseguita dal consulente tecnico d’ufficio, o CTU, ha natura solidale ex art. 1294 c.c., in considerazione del fatto che la sua prestazione viene svolta nell’interesse di tutte le parti del giudizio (Cass, n. 6199/96 ed altre ivi citate; 2262/04; 17953/05; 20314/06; 23586/08).

Quando una obbligazione è solidale, il creditore, nel nostro caso il CTU, può richiedere l’intero pagamento ad uno qualsiasi dei condebitori, mentre saranno poi i condebitori a regolare gli obblighi tra loro mediante l’esercizio dell’azione di regresso.

Quando in una obbligazione ci sono più debitori, peraltro, la solidarietà è la regola e la soluzione diversa, che si chiama parziarietà, rappresenta l’eccezione; un esempio di obbligazioni parziarie sono quelle successorie: qui il creditore può chiedere ai singoli eredi solo la rispettiva parte di ciascuno di essi e non l’intero.

Quindi tutto quello che è accaduto è legittimo ed è previsto così perché il CTU, che viene chiamato a prestare la propria opera lavorativa all’interno di un processo senza avere alcuna colpa di eventuali malefatte compiute dall’uno o dall’altra parte, è bene che abbia le maggiori garanzie possibili di ricevere il proprio compenso, anche perché, come ricorda la cassazione, lui lavora cercando di agevolare l’accertamento della verità, cosa che dovrebbe essere nell’interesse di entrambe o tutte le parti del giudizio.

Sotto un altro profilo, comunque, tuo padre non avrebbe dovuto apprendere del pignoramento dalla telefonata della banca, perché, se è vero che il decreto di liquidazione del CTU è titolo esecutivo, è anche vero che la notifica del precetto resta pur sempre necessaria. Tuo padre, dunque, prima del pignoramento avrebbe dovuto ricevere la notifica del precetto. Se l’ha ignorata, purtroppo, deve imputare a sé l’aver fatto andare avanti il pignoramento, con la successiva crescita esponenziale delle spese legali e correlativa figura non eccezionale con la banca.

Per quanto riguarda la causa attualmente pendente, direi che sarebbe stato meglio procedere, in un caso del genere, con un ricorso ex art. 696 bis cpc per CTU preventiva, ma ormai il discorso, essendo la CTU stata fatta, è superato.

Potete valutare l’azione di regresso nei confronti dell’architetto, e magari un esposto disciplinare, per dire di più bisognerebbe vedere la documentazione del pignoramento e quella anteriore e successiva.

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Diagnosi errata ma causa persa: si può ricorrere in Cassazione?

volevo sapere se era possibile ricorrere in cassazione dopo aver fatto una causa in primo giudizio positiva e in appello negativa per errata diagnosi mi il mio medico curante mi aveva diagnosticato una sciatalgia rivelatasi poi un ernia discale con conseguente sindrome della cauda equina permanente che significa avermi rovinato la vita cioe io faccio 4 autocateterismi al giorno ho l intestino paralizzato e una paralisi parziale dal ginocchio in su ..i miei avvocati non hanno presentato le prove come dovevano e io vorrei sapere se si puo ricorrere in cassazione se poi vuole delle delucidazioni piu precise le spieghero meglio per favore mi aiuti a capire se posso fare ancora qualcosa grazie infinite sono disperata e arrabboata con la giustizia con i miei avvocati e con il mio medico curante e l asl della mia zone io vorrei solo giustizia

Mi dispiace per la tua vicenda e per la tua situazione.

A livello giudiziario, per vedere se possibile fare ricorso in cassazione, che non è un terzo grado di giudizio, ma una fase di legittimità, cioè relativa ad un controllo specifico su alcuni aspetti del processo per lo più riguardanti l’applicazione del diritto, bisogna necessariamente studiare i due fascicoli dei procedimenti di primo grado ed appello e le due sentenze relative.

È fondamentale inoltre, nelle cause di responsabilità medica o malpractice, la relazione del consulente medico legale che, immagino, sia stata formata ed acquisita nel corso del giudizio di primo grado, specialmente in un caso come il tuo in cui il problema è derivato, a quanto pare di capire, da una diagnosi errata.

C’è poi un altro aspetto cui accenni, che va accuratamente verificato, e cioè la mancata presentazione di prove da parte dei tuoi avvocati. Se questo fosse fondato, allora purtroppo il ricorso per cassazione servirebbe a ben poco. Infatti, coi gradi di giudizio successivi al primo non si possono sanare eventuali errori commessi dai difensori in quelli precedenti e, man mano che si procede, il caso viene deciso «a fascicolo chiuso», specialmente in cassazione dove è impensabile che vengano acquisite nuove prove (ed è difficilissimo anche in appello). Se, dunque, questo fosse il caso, l’unica azione che rimarrebbe possibile sarebbe quella per negligenza professionale nei confronti dei tuoi difensori, anche questa, naturalmente, da valutare bene.

Anche per approfondire e capire questo ultimo aspetto, comunque, è necessario studiare i due fascicoli, compresa la CTU medica, e le due sentenze.

Se vuoi farci fare questo lavoro, il prodotto da acquistare è questo, la consulenza per eventuale impugnazione. È un po’ più costoso della consulenza di base, perché per studiare tutte queste cose occorrono alcune ore di lavoro. Tieni anche presente che, nel caso, dovrai fornirci la documentazione, se riesci seguendo queste indicazioni, che ci velocizzerebbero il lavoro, altrimenti spedendoci delle copie cartacee.

Il costo, poi, del ricorso in cassazione, che potrai valutare di fare una volta che ti avremo eventualmente detto che ce ne sono i presupposti, è sempre tariffato flat e lo puoi trovare in questa scheda prodotto.

Ti raccomando, anche, di leggere le due schede di approfondimento sulla malpractice e sul ricorso in Cassazione, oltre che di iscriverti alla newsletter del blog o al gruppo Telegram per non perdere interessanti e utili post come questo.

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Responsabilità per lite temeraria: paga l’avvocato?

ho vinto una causa ai sensi dell’art.96 comma 3 c.p.c. in cui il Giudice ha liquidato a mio favore E.7254,00 per compensi oltre il 15,00% per rimb.for.,cap e iva nonché al pagamento della somma di E.3.000 a norma dell’art.96,comma 3, c.p.c. Siccome l’attore è un nullatenente e già ‘ stato più volte condannato in altri procedimenti a pagare le spese di giustizia sempre disattendendo le sentenze, nel caso,come questo, di condanna per lite temeraria si può ipotizzare che l’avvocato è solidale col cliente nel pagamento delle spese liquidate?. Mi pare che nella riforma del c.p.c. questa evenienza era prevista.

A quanto ne so, questa riforma, o quantomeno questa disposizione, non è mai stata approvata.

Se fossimo in un paese normale, mi stupirei molto che una cosa del genere avesse potuto mai essere pensata, mentre nel nostro Paese una assurdità del genere rientra purtroppo nel novero delle brillanti idee che i nostri politici e governanti possono non solo concepire, ma di cui addirittura possono vantarsi, a riguardo del processo civile.

È del tutto evidente – ripeto: in una prospettiva normale, in un sistema dove le persone ancora ragionano con un minimo di logica, cosa che purtroppo non avviene più ormai da decenni in Italia, almeno a livello politico – che se una disposizione del genere fosse mai approvata l’intero diritto di difesa e la pressoché totalità della funzione e del ruolo degli stessi avvocati verrebbero irrimediabilmente compromessi.

Le cose vanno viste nella giusta prospettiva. Un avvocato con uno studio ben avviato ha ad esempio due o trecento cause pendenti. Come potrebbe fare a lavorare se rischiasse di prendere una condanna, che a volte viene inflitta più per antipatia che per altro, come avviene con non così poche sentenze, di cui rispondere con il proprio patrimonio in ognuna di esse? Nessuna compagnia di assicurazione coprirebbe un rischio del genere, con la conseguenza che chi finirebbe per fare più questo mestiere? Meno rischioso fare il domatore di leoni in Africa…

Certo, è sicuramente vero che ci sono cause fatte completamente a cazzo, dove agli avvocati meriterebbero di essere condannati alle spese legali, e qualche giudice in qualche caso lo ha anche fatto, è rimasta celebre ad esempio una sentenza resa a Reggio Emilia dal giudice Fanticini in un procedimento esecutivo.

Ma è evidente che questo non può in alcun modo essere elevato a sistema, perché tanto varrebbe abolire definitivamente l’avvocatura e lasciare che la gente si difendesse da sola, con i disastrosissimi risultati che ognuno di noi, dotato di un minimo di logica, può immaginare.

Purtroppo il tuo problema non ha una soluzione concreta, come spiego nella mia scheda sul recupero crediti la prima cosa da valutare a riguardo è la solvenza del debitore. Se ti trovi di fronte, come hai detto, ad un nullatenente, non hai probabilmente a disposizioni strumenti da attivare per poter recuperare il tuo credito. era una valutazione che sarebbe stata da fare, possibilmente, prima di iniziare l’azione giudiziaria.

Al momento, puoi forse provare ad approfondire con un accertamento tramite un’agenzia, anche se non è affatto detto che ne possa valere la pena.